L'ex Sant'Uffizio sospende a divinis i presbiteri accusati di pedofilia. Ma l'Onu continua ad inventarsi accuse strumentali ed ideologiche Le polemiche critiche arrivate dall'Onu fuori tempo massimo qualche giorno fa si dimostrano datate ed inconsistenti, per non dire strumentali, pregiudiziali e denigratorie. Un'ulteriore conferma arriva da quanto successo ad un sacerdote lombardo. La giustizia vaticana, su un caso di pedofilia nella Chiesa, arriva prima di quella italiana e con una "sentenza" definitiva, oltre che ferma ed inflessibile. Era già successo, sia pure nel quasi assoluto silenzio dei media, già con Giovanni Paolo II e con Benedetto XVI. Ora è la prima volta che accade nell'era di Papa Francesco.
La Congregazione per la Dottrina della Fede (l'ex Santo Uffizio) ha infatti ridotto allo stato laicale don Marco Mangiacasale, il sacerdote della diocesi di Como già condannato nei primi due gradi del processo penale a 3 anni, 5 mesi e 20 giorni di carcere per abusi sessuali su 4 ragazze minorenni. La sentenza che ha colpito l'ormai ex presbitero della parrocchia di San Giuliano, è stata firmata lo scorso 13 dicembre dal Papa argentino e dal Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede, monsignor Gerhard Ludwig Mueller.
Il provvedimento, giunto dopo l'indagine (Investigatio praevia) del delegato all'inchiesta, il reverendo Andrea Stabellini come vicario giudiziale, equivale per un sacerdote al massimo della pena applicabile secondo il diritto canonico. "è come una condanna a morte o un ergastolo", ha detto a Repubblica un attento osservatore di cose vaticane. Ed è una misura che in questo caso la Santa Sede ha preso non attraverso un processo tradizionale, con i testimoni e la difesa ma, addirittura, scegliendo la via amministrativa, quella più rapida, visto il grado di certezza del Vaticano.
Riguardo alle conclusioni del Comitato Onu per i diritti del fanciullo, presentate la scorsa settimana e che hanno facilmente guadagnato i titoli dei giornali, conclusioni secondo cui la Chiesa avrebbe permesso abusi sui minori e non starebbe facendo abbastanza per perseguire e denunciare i colpevoli, è evidente la strumentalità delle stesse.
Due sono i motivi che da parte vaticana si contestano all’Onu. Da un lato di interferisce decisamente all’interno del diritto di uno Stato: il Comitato ha voluto interpretare il diritto canonico, ma il diritto interno lo interpreta uno Stato, non lo interpreta un soggetto esterno.
L’altro motivo è più radicale: il paragrafo 8 della Convenzione dell’Onu dice che la Santa Sede è obbligata a garantire il pieno rispetto della convenzione sul suo territorio. Ma la Chiesa, giustamente, fa presente di incoraggiare, a livello mondiale, attraverso istituzioni che sono della Chiesa, ma di non essere responsabile lei, come Chiesa, di ciò che avviene nei diversi Paesi. I delitti eventualmente commessi da singoli soggetti, sono sottoposti alla legislazione penale dei singoli Paesi in cui avvengono.
Nel documento Onu, le cui risposte arriveranno – dal punto di vista formale – solo nel 2017 con il prossimo rapporto, sono toccati in modo evidentemente strumentale anche altri temi, come aborto, omosessualità e contraccezione. Si tratta di un’evidente interferenza nell’insegnamento della Chiesa, facendovi entrare argomenti del tutto fuori contesto. Un documento che complessivamente spara a zero su argomenti cui la Santa Sede ha già risposto da anni.