Economia, finanza, pace, francescani e Islam. Sono queste alcune delle parole chiavi di questa edizione di LameziaNuova dedicata al dibattitto portato avanti dalla UCID (Unione cristiana degli imprenditori e dirigenti). Che cosa lega queste parole? Islam e Cristianesimo non si sono scontrati, prima che per motivi religiosi soprattutto per questioni economiche? E quanto del dio quattrino abbia la meglio sul Dio di Gesù Cristo e sullo quello di Maometto?
Nell’immaginario collettivo, l’economia appare un logico motivo di belligeranza. Del resto fare guerra per motivi economici, è la più veritiera motivazione che soggiace a tanti altre ragioni che vengono pubblicamente addotte, quasi a voler nascondere la realtà dell’homo homini lupus, specie se di homo economicus si tratta. Proporre una riflessione invece sull’economia come strumento di pace, appare come una novità che merita uno spazio per la condivisione e la riflessione. Per questo motivo ne ringraziamo la promotrice, la dott.ssa Nelida Ancora e i vari esperti che hanno contribuito in questo lavoro. Per mezzo di questi articoli, è possibile scendere in un’agorà con riflessioni attuali e di grande spessore. E in questa agorà ci si può rendere conto che l’unica voce che lega economia, finanza, Islam e Cristianesimo è il francescanesimo, quel movimento spirituale cattolico, fortemente cristico, che da ottocento anni quasi, diffonde il Vangelo del Regno e costruisce con la sua fraternità e povertà, la via della pace. Papa Francesco per la Giornata Mondiale della Pace ha parlato della fraternità come fondamento e via della pace e con la schiettezza di sempre ha scritto che essere fratelli è qualcosa di essenziale per l’uomo. La fraternità non è una virtù è una necessità, ed è proprio così. Fratello e sorella per noi sono parole di prima categoria, nemico e nemica invece sono parole di seconda generazione, sono dei puri derivati. Domenica celebriamo la Giornata Mondiale dei Migranti e dei Rifugiati, “che – secondo il Papa – non sono delle pedine nello scacchiere dell’umanità” ma fratelli, spesso vittime della grande piaga del lavoro- schiavo e della paura dell’accoglienza. Eppure senza questi fratelli, un mondo migliore è pura idealità. Per questa strada si incammina anche l’economia. Da ragione di guerra, è necessario farla diventare ragione di pace. E questo non sarà possibile se la solidarietà non viene riscoperta proprio come un valore di ricchezza. In questo i francescani, da san Bernardino in poi, hanno molto da insegnare a una società che vede diminuire la sua ricchezza, ma non forse la sua disperazione e solitudine. Ai più, Giovanni della Marca non dice nulla di che, eppure questo frate, nel lontano XV secolo, predicava di città in città che il denaro immobilizzato è una piaga sociale che fa implodere la società, lodando invece l’attività mercantile perché moltiplicava e diffondeva i beni. Ebbene ancora oggi e specie a Lamezia, il problema del credito alle imprese e alle famiglie, con il rischio dell’usura, ha bisogno di trovare una soluzione. è necessario che qualcuno “curi la povertà” non assistendola, ma sollevandola. Purtroppo non basta la carità, è necessaria la creatività, che metta insieme l’economico e il civile, come la migliore premessa per un mondo migliore, per la pace, sapendo che il migliore investimento è quello che crea lavoro e rigenera speranza, facendo spazio al capitale umano, alla solidarietà e alla gratuità, nella cui trama è intrecciato ogni attimo della nostra vita. Del resto anche lei - la nostra vita -, ammoniva Simone Weil, “è un blocchetto di assegni in bianco”.
Don Roberto Tomaino