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La parola del Vescovo

"Epifania, che cosa ci salva? La Chiesa non è l'agenzia della moralità pubblica"

redazione · 11 anni fa

S. E. Mons. Cantafora ha celebrato il pontificale dell’Epifania, con il quale si concluse le solennità natalizie. La S. Messa concelebrata dall’Arciprete del Duomo don Isidoro Di Cello e dal Vicario Parrocchiale Don Antonio Muraca ha visto una significativa presenza di immigrati cattolici provenienti da diverse parti del mondo. La festa dell’Epifania ha un particolare significato missionario, in quanto rivela Cristo come Luce delle genti.

Il Presule nell’omelia ha messo l’accento sul centro della nostra fede, il dono di Cristo. Lagnando una certa formazione cristiana, concentrata troppo sulle “buone maniere” in cui Cristo resta anonimo a favore di un diffuso umanesimo di basso tono, il Vescovo ha sottolineato come: “I Magi non hanno ricevuto buoni esempi per diventare Santi; no! hanno ricevuto Dio, il suo dono. Allora ci chiediamo che cosa ci fa santi? Spesso nelle nostre catechesi e nei nostri discorsi ecclesiali, prevale un diffuso moralismo che pone l’accento sui comportamenti e non invece sul dono di Dio. In quest’ottica si considera la Chiesa, non la madre di peccatori, ma l’agenzia della moralità pubblica”.Anche un certo tipo di formazione cristiana rischia di presentare il cristianesimo, un compendio di “buone maniere”.

Di seguito il testo dell’omelia

Noi abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti con doni per adorare il Signore” (cf. Mt 2,2). La solennità odierna dell’Epifania è una festa che orienta il nostro sguardo. Infatti è come se uno dei nostri occhi dovesse essere rivolto al passato, a considerare un fatto, un evento. Ma l’altro occhio invece viene sollecitato a guardare avanti, verso il futuro di Dio, verso il compimento della sua promessa. Così vediamo che i primi beneficiari della salvezza offerta a tutte le genti, siamo proprio noi. Però la narrazione evangelica non solo narra l’inizio della salvezza, ma ci fa capire quale è il cammino che ogni persona compie per incontrare Gesù, il Verbo incarnato. “Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo”. Carissimi, l’inizio della fede consiste nel bisogno che l’uomo ha di verità, di luce, di risposte vere e fondate alle domande della vita. Per questo sant’Agostino scrive: “I vostri ardenti desideri sono delle mani invisibili, con le quali bussate ad una porta invisibile, perché invisibilmente vi si apra e invisibilmente possiate entrare”[1]. La tradizione ci dice che i Magi erano astronomi, vedono un fenomeno celeste, ma non lo danno per scontato. Non mettono a tacere le loro domande, non censurano la sete che hanno nel cuore. E la loro curiosità gli permette di capire che quel fatto era un segno: qualcosa che rimanda a un significato.

Il cammino che porta a Gesù è un cammino che inizia a comprendere che i fatti della nostra vita, non solo fatti, ma sono segni che ci avvicinano a Dio. Infine, i Magi portano dei doni, per questo motivo l’Epifania è diventata anche una festa in cui scambiarsi doni e regali. Mi piace pensare che anche questo è un segno. I Magi ritornarono alle loro case, avendo ricevuto la grazia del Signore, che li ha benedetti e da ammiratori di stelle, sono diventati loro stessi delle stelle per tutti noi. I Magi non hanno ricevuto buoni esempi per diventare Santi; no! hanno ricevuto Dio, il suo dono. Allora ci chiediamo che cosa ci fa santi? Spesso nelle nostre catechesi e nei nostri discorsi ecclesiali, prevale un diffuso moralismo che pone l’accento sui comportamenti e non invece sul dono di Dio. In quest’ottica si considera la Chiesa, non la madre di peccatori, ma l’agenzia della moralità pubblica.

Anche un certo tipo di formazione cristiana rischia di presentare il cristianesimo, un compendio di “buone maniere”. Eppure che cosa ci salva?Rispondeva Sant’Agostino: “Questo è l’orrendo e occulto veleno del vostro errore: che pretendiate di far consistere la grazia di Cristo nel suo esempio e non nel dono della Sua persona”[2].

Allora in ogni gruppo, in ogni tipo di formazione è il dono della Persona di Cristo che deve avere il centro e non invece quel diffuso buonismo o quel distorto umanesimo serpeggiante in numerosi gruppi, anche ecclesiali, in cui Cristo e la sua persona resta il grande anonimo o, purtroppo, il grande assente. Alla luce del cammino dei Magi possiamo renderci conto di quale sia l’insidia più subdola per la fede di ciascuno e per la vita della Chiesa: fermarsi e chiudersi. Sei i Magi si fossero fermati al solo studio della stella, non avrebbero mai trovato il Signore del Cielo! Se i Magi fossero rimasti chiusi comodamente nelle loro case, non avrebbero mai trovato il Signore della Storia e della Terra!Due semplici constatazioni, ma che dicono molto. Facendo eco a quanto Papa Francesco esorta ad oltranza nell’Evangelii Gaudium: la Chiesa è in uscita! Ed è proprio questo urgente monito che voglio far risuonare anche per la mia Chiesa. All’Epifania sono collegate due aspetti fondamentali della nostra fede: la gioia e la missionarietà; la gioia di aver incontrato Cristo e il desiderio di annunciarlo a tutti gli uomini e le donne del nostro tempo. Ebbene la nostra vera gioia – dice Papa Francesco - “si esprime tanto nella preoccupazione di annunciare Gesù Cristo in altri luoghi più bisognosi, quanto in una costante uscita verso le periferie del proprio territorio o verso i nuovi ambiti socio-culturali. Ecco una Chiesa in uscita si impegna a stare sempre lì dove maggiormente mancano la luce e la vita del Risorto” (E.G. n. 24).

Ma la Chiesa in uscita è una Chiesa come la grotta di Betlemme, aperta, senza barriere. Ricorda Papa Francesco:“La Chiesa in uscita è una Chiesa con le porte aperte. A volte è come il padre del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà possa entrare senza difficoltà” (E.G. 26). Concludo con l’invito che Agostino rivolge all’uomo e che diventa una preghiera per noi:“Signore Gesù, gli uominisi convertano, dunque, e ti cerchino, poiché tu non hai abbandonato la tua creatura … si convertano, ed ecco, sei lì, nel loro cuore: nel cuore di coloro che ti riconoscono e si gettano in te”[3] . I Magi si incammino, entrano e adorano eppure ritornano al loro paese per un’altra strada. Fratelli e sorelle, allora, la festa odierna ci faccia cambiare strada. Ci faccia percorrere la strada che porta a Dio, all’umile e grande Dio che è inquieto fin quando non ci ha con sé. Ci faccia percorrere la strada che porta al fratello più solo e bisognoso. Ci faccia percorrere la strada del perdono e della conversione. Maria nostra Madre, Stella del nostro cammino, preghi per noi. Amen

[1]Esposizione sul Salmo 103, 1; XXVII, 633.

[2]Agostino, cfr. Contra Iulianum, Opus imperfectum.

[3] Agostino, Confessioni V, 2. 2.