Giovani e lavoro: il Mezzogiorno e la Calabria hanno bisogno di loro C’è un dato che, più passano i mesi, e più diventa allarmante: si tratta del tasso di disoccupazione giovanile in Italia che è talmente cresciuto attestandosi su valori record di oltre il 40%.
Lo attesta l’Istat per il mese di novembre appena trascorso, ma lo confermano gran parte degli studi sull’andamento dell’economia italiana e del mezzogiorno soprattutto, dove si concentra la fetta maggiore di questa percentuale.
“Per le nuove generazioni del Mezzogiorno – si legge nel Rapporto 2013 dell’Associazione per lo sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno (SVIMEZ) sull’economia del Mezzogiorno - continuano a essere sbarrate le porte d’accesso al lavoro, la durata della disoccupazione si è allungata, così come la transizione scuola-lavoro. Il tasso di disoccupazione degli under 35 è salito nel Mezzogiorno al 28,5%, dieci punti in più rispetto al 2008”.
Caso unico in Europa, l’Italia continua purtroppo a presentarsi come un Paese spaccato in due sul fronte migratorio: a un Centro-Nord che attira e smista flussi al suo interno corrisponde un Sud che espelle giovani e manodopera senza rimpiazzarla. Le migrazioni dal Sud al Centro-Nord hanno perso la connotazione di massa come negli anni ’50 e ’60 e hanno assunto caratteri più selettivi. Oltre a questa mobilità unidirezionale, altrettanto tipicamente italiano è la presenza, accanto a trasferimenti permanenti di residenza anagrafica, di trasferimenti “temporanei”, i cosiddetti pendolari di lungo raggio, che fisicamente lavorano e vivono per buona parte della settimana al Centro-Nord, ma che mantengono casa e famiglia al Sud.
La Calabria fa emigrare quasi il 30% dei propri “cervelli” non solo al Centro Nord, ma anche e soprattutto all’estero. Non riuscire a trattenere i giovani migliori significa perdere quel capitale umano fondamentale per far partire un reale processo di cambiamento e di svolta per una terra che si caratterizza per ritardi e croniche criticità strutturali e di sistema.
Una disoccupazione giovanile entro 24 anni pari al 53%, inoltre, in un contesto di crisi che fa segnare sempre indicatori negativi con caduta del 3% del PIL regionale, agisce da amplificatore di un disagio sociale ormai evidente e dalle inevitabili ripercussioni sulla tenuta del tessuto socio-economico calabrese.
Sono i primi segnali di una situazione che, mese dopo mese, si sta ulteriormente aggravando. Ecco perché occorre la messa in cantiere di politiche che sappiano ridare coraggio e speranza, valorizzando le tante competenze presenti, trattenendo in loco i giovani e mettendoli al servizio di progetti concreti di crescita, investendo realmente sulle innumerevoli specificità territoriali che possono trarre linfa vitale dalla loro energia creativa e dal loro dinamismo: la politica di coesione 2014-2020 potrebbe rappresentare l’avvio finalmente di un corto circuito virtuoso tra gli attori istituzionali, sociali, economici, culturali che guardino alla Calabria e al Sud, nell’ultima occasione rimasta ormai, come risorsa per far ripartire l’economia di tutto il Paese e non come fardello mal sopportato e supportato. Giovani e lavoro: il Mezzogiorno e la Calabria hanno bisogno di loro