·

Il Vangelo della domenica

L'Avvento ci chiama a rivestirci di Cristo

Paolo Emanuele · 11 anni fa

La fondamentale verità sull’Avvento è, nello stesso tempo, seria e gioiosa. è seria: risuona in essa lo stesso “vegliate” che abbiamo sentito nella liturgia delle ultime domeniche dell’anno liturgico. Ed è, nello stesso tempo, gioiosa: l’uomo infatti non vive “nel vuoto” (lo scopo della vita dell’uomo non è “il vuoto”). La vita dell’uomo non è soltanto un avvicinarsi al termine, che insieme alla morte del corpo significherebbe l’annientamento di tutto l’essere umano.

L’Avvento porta in sé la certezza della indistruttibilità di questo essere. Lo attesta anche il Vangelo che ci ripete le parole di Gesù Signore: “Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà” (Mt 24, 42). Ce lo ripete perché possiamo essere preparati a “comparire davanti al Figlio dell’uomo” (Lc 21,36).

La storia degli uomini e delle nazioni, la storia dell’umanità intera fornisce sufficienti prove per affermare che in tutti i tempi si sono moltiplicate disgrazie e catastrofi, calamità naturali, come terremoti, o quelle causate dall’uomo, come guerre, rivoluzioni, massacri, omicidi, genocidi, insieme a irresponsabilità e negligenza. Inoltre ciascuno di noi sa che la nostra esistenza terrena conduce alla morte, giungendo un giorno così al suo termine. Il mondo visibile, con tutti i beni e le ricchezze che nasconde in se stesso, alla fine non è capace di darci altro che la morte: il termine della vita.

Però, se il tempo volge verso la fine, la vita procede verso la morte, la storia va incontro all’eternità, pochi in verità sembrano camminare verso di essa, attendendo alla loro salvezza con timore e tremore. Gesù, perciò, ci avverte, ci invita a stare attenti: nell’ora in cui noi non immaginiamo siamo chiamati a lasciare questa terra e a presentarci dinanzi a Lui per il giudizio. La fine è così repentina che non possiamo neanche immaginare come e dove sarà, quando essa avverrà. Ognuno è invitato a stare sempre pronto, all’erta, in condizione spirituale santa.

è urgente che il cristiano si convinca nel suo spirito che la vita eterna si prepara su questa terra e che in ordine ad essa non può concedersi dilazioni, ritardi, distrazioni.

La fine del tempo della vita presente potrebbe non solo trovarci in una non compiuta santità, potrebbe sorprenderci nel peccato mortale e sarebbe veramente la fine di tutto, si andrebbe nella morte eterna.

Tale verità, pur essendo ricordata anche nella liturgia di oggi, prima domenica di Avvento, non è tuttavia la verità specifica annunciata in questo giorno festivo, ed in tutto il periodo di Avvento. Ce ne un’altra e l’abbiamo detta poco fa: la venuta del Figlio dell’uomo. La parola principale del Vangelo, difatti, non è “la dipartita”, “l’assenza”, ma “la venuta” e “la presenza”. Non è neppure “la morte”, ma “la vita”. Il Vangelo è la buona novella, perché pronuncia la verità sulla vita nel contesto della morte. La venuta del Figlio dell’uomo è l’inizio di questa vita. E di tale inizio ci parla appunto l’Avvento, che risponde alla domanda: come deve vivere l’uomo nel mondo con la prospettiva della morte? L’uomo al quale, in un batter d’occhio, può essere tolta la vita, come deve vivere in questo mondo, per incontrarsi col Figlio dell’uomo la cui venuta è l’inizio della nuova vita, della vita più potente della morte?

Risponde anche San Paolo nella seconda lettura di oggi, con un motivato e ardente richiamo: “Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo” (Rm 13, 13-14).

Ecco come vivere il tempo dell’attimo presente: “Rivestitevi del Signore Gesù Cristo” (Rm 13,14); questo invito pressante dell’apostolo è tra l’altro la definizione dell’identità del cristiano, di ogni battezzato che vive quella nuova vita che lo Spirito di Santità ha generato in lui. Proprio grazie al battesimo, il cristiano è chiamato a diventare in tutto simile al suo Maestro, nelle parole, nelle opere, nelle intenzioni, nei desideri, nei comportamenti, nelle relazioni: Cristo è la Verità del Padre, è la Parola, la Giustizia, la Misericordia, il Perdono, la Santità. Ma ogni uomo è chiamato a “rivestirsi di Cristo”, se vuole iniziare in Lui una nuova vita, liberandosi da ogni concupiscenza, invidia, superbia che provocano nell’uomo l’accecamento della sua razionalità, l’imbarbarimento dei costumi e la depravazione morale, lo svilimento e lo smarrimento dei suoi sensi e della sua volontà, la perdita di ogni dignità morale, spirituale, corporale.

L’Avvento, dunque, oltre a essere nuova chiamata a rivestirsi di Gesù Cristo, nel contempo, è anche scoperta di una grande aspirazione degli uomini e dei popoli verso la casa del Signore. Non verso la morte e la distruzione, ma verso l’incontro con Lui.

E perciò nella liturgia - come anche nello stesso salmo responsoriale - sentiamo questo invito: “Andiamo con gioia incontro al Signore”.

è iniziato di nuovo l’Avvento: tempo di grazia, tempo di attesa, tempo di venuta del Signore, che perdura sempre. Vegliate... e siate pronti perché non sapete in quale giorno il Figlio dell’uomo verrà. Noi ascoltiamo queste parole con la speranza, non con la paura, benché siano piene di una profonda serietà.

“Vieni, Signore Gesù! (Ap 22, 20). Marana tha!