Il giorno della partenza da Betlemme le nostre guide ci invitano a visitare un Orfanatrofio. Abbiamo accettato con piacere l’invito e siamo stati accolti in quest’oasi di fede e di amore da Suor Maria la direttrice dell’Orfanatrofio.
Il nome La Crèche dato a questo orfanatrofio situato nel centro di Betlemme in francese significa culla,capanna,rifugio per bambini soli.
L’orfanotrofio è all’interno dell’ospedale che dal 1884 si trova a Betlemme e che da 25 anni funziona solo nel reparto di maternità e ginecologia a causa delle ristrettezze economiche dei luoghi. Suor Maria ci espone con una dolcezza infinita la storia di questo Orfanatrofio; vi sono ospitati attualmente una cinquantina di bambini in parte abbandonati e in parte casi sociali. I bambini accolti nella struttura rimangono fino ai 6 anni poi vengono inseriti nelle istituzioni che gestiscono le autorità palestinesi come case famiglia e orfanotrofi. I bambini vengono preparati all’inserimento in queste istituzioni almeno 3 mesi prima con l’aiuto di assistenti sociali che li accompagnano nella nuova ambientazione stando loro vicino nei primi periodi. Quando andranno via i bambini soffriranno molto l’allontanamento da quella che pensano sia diventata ormai la loro casa . Il disagio sociale derivante dalla situazione politico-economica della Palestina e la tradizione e il concetto di onore presenti nella loro cultura, rendono la condizione della donna molto grave,soprattutto quando si trova incinta al di fuori del matrimonio,una situazione che potrebbe degenerare nell’uccisione della donna stessa. A decidere le sorti della malcapitata sarà uno dei genitori o, dove non fosse possibile i fratelli. La donna comunque dovrà subire le decisioni prese nei confronti suoi e del bambino che porta in grembo. Suor Maria, tra la commozione che serpeggia in tutto il gruppo, ci racconta delle storie, una più straziante dell’altra. Quella che mi colpisce maggiormente è la storia di una ragazza incinta che viene portata dalla madre, apparentemente benevola, presso l’orfanatrofio. Durante i mesi di gestazione la donna viene assistita in cambio di piccoli lavori. Alla fine dei nove mesi partorisce una bella bambina che rimane in orfanatrofio. La mamma, trovato un lavoro, viene a far visita alla sua bambina ogni mattina. Tutto sembra sereno quando la madre la informa sulle decisioni prese per il suo destino: la ragazza deve scegliere se sposare un uomo sconosciuto più grande di lei senza vedere mai più la bambina oppure essere uccisa. La scelta dolorosa presa dalla malcapitata è stata quella del matrimonio senza poter mai più rivedere la tanto amata figlia. Non c’è punizione più grande per una mamma non poter rivedere il proprio figlio e sapere che il figlio non solo non conoscerà più la propria madre, ma penserà che sia stato volutamente abbandonato e non voluto. I bambini accolti nell’orfanatrofio sono tutti bambini ripudiati per volere delle leggi musulmane, per la sottomissione delle donne alla volontà di quelli che decidono per lei, a volte persino la morte. La maggior parte dei bambini che vengono accompagnati nell’orfanotrofio La Crèche sono infatti frutto di relazioni che mettono le donne in pericolo di vita e sicuro allontanamento dalla famiglia. Le suore offrono a queste donne tutta l’ospitalità possibile nell’ultimo periodo di gravidanza che viene tenuta nascosta ai familiari.
Dopo il parto le donne sono ancora ospitate per un breve periodo di convalescenza; a loro viene offerto uno stipendio minimo perché quando rientreranno in famiglia,potranno dimostrare che il periodo di assenza era dovuto a motivi di lavoro.
Ultimamente la situazione israelo-palestinese si è molto aggravata ed ora per queste donne è molto difficile arrivare a Betlemme da altri territori palestinesi; questo peggioramento della situazione ha fatto aumentare i casi di bambini abbandonati per strada dopo il parto.
I bambini trovati per strada e accolti a “La Creche”, non avendo nessun documento che attesti la loro nascita, hanno grosse difficoltà ad avere una adozione internazionale. La Creche pur essendo l’unica istituzione presente nei territori sotto autorità palestinese che accoglie bambini sotto i 6 anni non ha nessuna sovvenzione statale, ma si mantiene attraverso le donazioni delle persone che spesso vogliono restare anonime. Una specie del nostro Cottolengo.Quando entri a “la Creche” sei in un altro mondo. Il muro di odio e cemento che attornia la città si trasforma in un’atmosfera serena, sincera, dove regna la bontà. Qui ti dimentichi della dimensione vera della Palestina. Sei accolto a braccia aperte da una cinquantina di neonati e bimbi da 0 a 6 anni.Suor Maria appartiene alla congregazione delle Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli che con l’aiuto di alcune ragazze laiche, sono le uniche in tutta la Palestina ad occuparsi di loro. Li crescono fino al reinserimento nella famiglia d’origine o fino all’adozione da parte di famiglie rigorosamente palestinesi, perché le adozioni internazionali sono vietate. Alternativa estrema potrà essere il trasferimento in una casa famiglia.
Suor Maria racconta con tanta dolcezza che i bambini della Creche non sono solo orfani ma anche piccoli provenienti da situazioni familiari difficili: abbandonati, non riconosciuti, e affidati all’orfanotrofio dagli assistenti sociali o dalla polizia. Sono storie drammatiche, soprattutto quando sono le stesse mamme a chiedere aiuto alla Crèche. Nella maggior parte dei casi si tratta di donne musulmane diventate ragazze madri che hanno creato una situazione di disonore per la famiglia, anche se il bimbo che hanno in grembo molte volte viene da una violenza subita in casa.
Una ragazza di sedici anni, violentata dallo zio e rimasta incinta è stata uccisa dalla madre che l’ha avvelenata.
In un’altra famiglia una giovane, violentata dai suoi fratelli si era rivolta alla Crèche, ma non ha fatto in tempo a recarsi perché nel frattempo è stata strangolata dagli stessi fratelli.
Alla Crèche la speranza rinasce ogni giorno, soprattutto quando un bambino trova una famiglia. Il piccolo Ayman, adottato da un ricco musulmano che con la moglie non riusciva ad avere figli, ha trovato un padre affettuoso e comprensivo che la notte dorme accanto a lui come Ayman aveva sempre desiderato nei suoi sogni di bimbo orfano. E nella sua nuova casa, il papà gli permette di pregare Gesù, come ha imparato alla Crèche. La visita alla Crèche dura circa un’ora, attraversiamo le stanzette,la cucina,il refettorio,la palestra. Incontriamo tanti bambini con le loro educatrici e Suor Maria che continua a parlare di questo orfanatrofio al nostro Vescovo. Siamo molto emozionati,giochiamo con i bambini e pensiamo a quanto sia disumano il mondo dove però trovi anche tante anime buone che si occupano del prossimo. Questa è carità, quella carità gratuita che nostro Signore Gesù Cristo ci ha ricordato di avere assieme alle altre virtù e che San Paolo ci indica come la prima. Ritorniamo a casa con la grande ed emozionante esperienza della Terra Santa ma anche con una lacrima che scende dal nostro volto nel vedere gli occhi dei bambini di Crèche ai quali penseremo tanto tornati in Calabria.