Siamo giunti al termine di questa giornata di festa per la nostra città e per la nostra diocesi. Abbiamo attraversato simbolicamente le vie del centro con una processione festosa per ricordare a tutti che Dio ama fare festa con noi.
Celebrare i santi patroni di una città e di una diocesi ha un preciso significato pastorale e pedagogico: non si tratta di porre in alternativa un santo o l’altro a cui siamo devoti, ma significa riconoscere che la nostra fede ha un’origine precisa: noi abbiamo dei padri nella fede!
Questi padri sono addirittura le colonne della Chiesa: i santi Pietro e Paolo, il primo successore di Cristo e l’apostolo delle genti.
Quando oltre mille anni or sono la nostra diocesi è stata dedicata a questi santi, chi ci ha preceduto nel ministero episcopale ha voluto significare esattamente la nostra appartenenza alla Chiesa, riconosciuta Una, Santa, Cattolica e Apostolica – come recitiamo nel Credo.
Riproporre la processione dei santi patroni non è dunque un ritorno nostalgico verso cose passate, d’altri tempi, ma ricordare a tutti da dove veniamo.
è come una festa di famiglia, di questa grande famiglia che è la Chiesa, che almeno una volta all’anno si ritrova per celebrare la sua esistenza come Chiesa diocesana.
Questi pensieri mi offrono lo spunto per dare un messaggio anche alle nostre famiglie.
Sia Pietro che Paolo sono stati accolti e ospitati nel corso del loro ministero da alcune famiglie. La famiglia è la cellula accogliente della società in cui cresce la fede e si trasmette.
Allontanate da voi quel pessimismo che serpeggia in tanti genitori circa le difficoltà con i figli, tra cui anche l’abbandono della fede.
Sia questo un motivo in più a non delegare il forte compito dell’educazione ad altre agenzie educative. Ognuno faccia la sua parte ma è vero che ciò che si apprende in famiglia, dall’esempio più che dalle parole, dalla testimonianza di vita più che dalle esortazioni, non si dimentica mai.
Esorto particolarmente le coppie giovani. Siate seri nell’educazione cristiana, quando i figli sono ancora bambini, gettate in loro semi di speranza, di fede e di carità.
Rispondete alle loro domande di senso. è certo che quando giungeranno all’età adulta, saranno significative, le risposte che voi avrete saputo donargli.
Vorrei invitare le famiglie di Lamezia a riappropriarsi di ciò che è loro: il dono della vita, l’accompagnamento dei figli nella loro crescita umana e di fede, il senso della festa.
Penso alla famiglia come un “cantiere” dove si apprende e si trasmette l’arte del vivere e dello stare insieme, della responsabilità e della gioia, dove si formano le personalità, dove si impara - con sacrificio - a far si che i sogni diventino realtà e le speranze prendano un volto.
La famiglia, tanto bersagliata dal nostro mondo, non è un legame chiuso, familistico e opprimente dove i vincoli parentali spesso coprono aspetti malavitosi – questo è vero per alcuni, ma la maggior parte delle famiglie non è così come vogliono farci credere!
La famiglia non è neanche il luogo dove il “per sempre” fa paura, al contrario essa corrisponde al desiderio più profondo dell’uomo e della donna di unirsi in un amore non effimero ma duraturo, non fugace ma tenace, per una fecondità che è in vista di un futuro e quindi è una risorsa per l’intera società.
Chiediamo al Signore, per l’intercessione dei nostri santi patroni, che le nostre famiglie si aprano a percorsi di fede e di vita esemplari, siano rivoluzionarie in senso positivo, cioè aperte non solo ai parenti e amici ma capaci di vivere l’evangelo in tutti i suoi aspetti.
Siano le famiglie di Lamezia cantieri di solidarietà, di educazione alla vita e alla fede, al bene comune per i figli e per gli amici dei figli. La fede è un dono, ma occorre qualcuno che lo trasmetta, lo comunichi, lo offra. Possiamo noi, essere indifferenti di fronte a questa città che ci chiede, inconsapevolmente, senza saperlo, una speranza in più? Questa domanda risuona come un grido di aiuto.
Famiglie di Lamezia siate esemplari, controcorrente, semplicemente ma veramente evangeliche!
Un cristiano non rivoluzionario, non è cristiano, diceva Papa Francesco. Dio è un padre che ha a cuore il nostro destino, il destino della famiglia. Egli ha consegnato nella carne il suo Figlio per noi morto e risorto, innescando così la più grande “mutazione della storia dell’umanità” (Papa Benedetto XVI).
Famiglia cristiana diventa te stessa e sarai il futuro sicuro dei tuoi figli e della nostra città!