Sicurezza di un lavoro, ma anche sicurezza sul lavoro. In un periodo storico così drammaticamente segnato dalla difficoltà oggettiva nel trovare un’occupazione, è altrettanto urgente e giusto puntare la lente d’ingrandimento anche su un tema delicato, e spesso sottovalutato, come la sicurezza nel mondo del lavoro. Di questo si è parlato in occasione del convegno dal titolo “D. Lgs. 81/08 Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro: la parola al legislatore”, che si è tenuto lunedì 10 giugno presso il Grand Hotel Lamezia e che ha avuto come ospite, e relatore, uno dei più illustri e massimi esperti in materia, il Procuratore Generale Raffaele Guariniello.
Il titolo del convegno, organizzato da EFEI (Ente Paritetico Bilaterale Nazionale per la Formazione) in collaborazione con CEPA-A (Confederazione Europea Professionisti e Aziende), ANEAS (Associazione Nazionale Esperti ed Addetti della Salute e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro), ONAPS (Ordine Nazionale dei Professionisti per la Sicurezza) e OPENJOBMETIS (Agenzia per il lavoro e Ordini Professionali) richiama quello che è al momento il dispositivo legislativo più importante riguardante la sicurezza sul lavoro, ovvero il Decreto Legislativo 81 del 9 aprile 2008, altrimenti detto “Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”, emanato a seguito del dramma consumatosi l’anno prima alla ThyssenKrupp di Torino, in cui sette operai persero la vita dopo essere stati investiti da una fuoriuscita di olio bollente, che prese poi fuoco. Proprio a questa inchiesta, ma anche a tante altre analoghe divenute purtroppo famose come quella sull’Eternit, è collegata da sempre la figura del Procuratore Generale Guariniello, il quale, in quella che si può considerare una vera e propria “lezione frontale” destinata trasversalmente a tutti gli attori coinvolti nella sicurezza sul lavoro, ha avuto modo di proporre ai presenti una disamina oggettiva riguardante gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, relazionandoli a quella che è al momento la normativa vigente in Italia. Quello che emerge in prima istanza è il paradosso di un Paese che possiede le leggi migliori al mondo, anche in tema di sicurezza sul lavoro, ma che deve comunque fare i conti ancora oggi con eventi tragici come quelli recentissimi del Porto di Genova o dell’Ilva di Taranto, per non parlare dei numerosi casi di malattie collegabili all’ambito professionale. Le leggi quindi ci sono, manca però una loro effettiva applicazione, vuoi per mancanza di controlli da parte degli organi preposti alla vigilanza, o per una ancor più grave lentezza della macchina legislativa che molto spesso fa cadere in prescrizione reati penali con il rischio di trasformarsi in pericolosi precedenti. Se in pochi, o nessuno, pagano, è facile che si diffonda, e già sta succedendo, quella pericolosa sensazione per cui si può tranquillamente pensare di violare le regole senza incorrere in alcuna responsabilità.
Il dato confortante, nonostante le carenze inerenti soprattutto all’ambito di applicazione della normativa vigente, è che in Italia il numero degli infortuni sul lavoro sembra essere in diminuzione e in linea con gli standard europei, soprattutto se si prende in considerazione il periodo che va dal 2010 fino ad oggi. Naturalmente si tratta di numeri che vanno interpretati e relativizzati, perché se è vero che a livello assoluto può esserci un decremento degli infortuni, è altrettanto inoppugnabile che il numero di nuovi occupati in questo periodo è talmente basso che il numero di incidenti non può che essere proporzionale. Discorso diverso invece per le malattie professionali, che risultano in aumento ma sulle quali esiste sempre un margine di incertezza dovuto all’oggettiva difficoltà, in taluni casi, nello stabilire il nesso causa-effetto in relazione alla professione, in quali circostanze cioè la scaturigine di una malattia è direttamente collegabile alla professione che si sta svolgendo.
Al di là comunque dell’attuale trend a livello nazionale e dei dati statistici, è auspicabile che nei luoghi di lavoro si affermi prima di tutto una “cultura” della sicurezza e della prevenzione, attraverso una buona gestione di politica aziendale a livello apicale e una parallela ed equilibrata ripartizione delle responsabilità tra i vari attori coinvolti (datori di lavoro, dirigenti, medici competenti ecc.). Il tutto per avere ben presente e perseguire un solo obiettivo, quello più importante: il lavoratore, in quanto persona, deve essere sempre messo al centro. L’incolumità dell’uomo non può essere messa in discussione in nome di strategie aziendali o di qualsivoglia ciclo produttivo. Lo stesso dipendente, per quello che gli è possibile nell’ambito del proprio ruolo, deve contribuire in prima persona alla propria sicurezza e a quella degli altri, denunciando eventuali condizioni disagevoli o richiedendo maggiore tutela nello svolgimento di determinate mansioni. Le leggi ci sono e sono buone, basta applicarle. Il lavoro è vita, non è concesso che possa diventare altrimenti.