“Una stagione di follia collettiva e di eclissi della ragione”: si può tranquillamente racchiudere in questa frase, tratta dal libro “Cuori Neri” di Luca Telese, ospite dell’ultimo appuntamento della rassegna “Il Sabato del Villaggio”, il periodo buio degli “Anni di Piombo”. Proprio l’intervallo storico compreso tra gli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta è stato il tema principale di discussione nell’incontro organizzato sabato 7 giugno nel Cortile dell’Edificio Scolastico di Lamezia Terme, in cui il noto giornalista e scrittore, di fronte ad un pubblico accorso numeroso a questo appuntamento, ha ripercorso, attraverso analisi, ma anche ricordi, racconti, aneddoti, una delle fasi più tristi che l’Italia possa ricordare.
Un pezzo di storia su cui, paradossalmente, molto si è detto, scritto, visto anche attraverso i numerosi film sull’argomento (non a caso la definizione “Anni di Piombo” nasce dal titolo omonimo di un famoso lungometraggio), ma che è ancora circondato da una sorta di “cortina fumogena” che cela tutt’oggi molte verità. Non a caso Telese parla di un “tentativo volontario di rimozione” di quel periodo, un silenzio che nascondesse così ai posteri quella che era una grande evidenza sotto gli occhi di tutti, ovvero l’assenza e l’impotenza di uno Stato che non è stato in grado di evitare lo smembramento totale della società in microgruppi profondamente influenzati da ideologie contrapposte, le quali sovente degeneravano in veri e propri atti estremi di terrorismo. La Strage di Piazza Fontana, la bomba alla Stazione di Bologna, il rapimento di Aldo Moro, sono solo alcuni degli eventi più altisonanti di un decennio abbondante caratterizzato da una perenne “strategia della tensione”: l’estremismo all’epoca, sia di destra che di sinistra, si mescolava con il terrorismo; nella società iniziava a generarsi un clima di pericolo e insicurezza, e questo perché non venivano compiuti solo attentati a largo spettro, ma si susseguivano attacchi anche contro obiettivi minimi, singoli cittadini e forze dell’ordine, molto spesso compiuti da ragazzi giovanissimi che non avevano mai impugnato le armi. A questo proposito Telese riprende prontamente una delle definizioni date da molti commentatori al periodo degli Anni di Piombo, ovvero quello di “Guerra civile a bassa intensità”, proprio per sottolineare quello scenario grottesco in cui i teorici della “lotta armata” pontificavano dall’alto delle loro cattedre per poi lasciare il lavoro sporco a ragazzini con l’istinto da cowboy.
Un quadro storico, politico e culturale sicuramente influenzato dalla posizione dell’Italia nel dopoguerra, paragonabile, sempre parafrasando l’ospite d’onore della rassegna, ad una “portaerei nel Mediterraneo”, ovvero un territorio conteso e influenzato da ideologie manichee facenti capo da una parte all’America, dopo il Patto Atlantico, e alla Russia, e al PCI, dall’altra. L’Italia si trovava per così dire “in mezzo” a due correnti diverse che si contrapponevano portando, in alcuni casi, a forme estreme da entrambi i fronti, come semplicisticamente si possono ad esempio considerare i NAR o le Brigate Rosse nel decennio di Piombo, la cui drammatica incidenza in Italia è stata possibile grazie a quella parte del Paese, non schierato né da una parte né dall’altra, che rimaneva a guardare apaticamente lo sviluppo degli eventi in una sorta di “zona grigia”, con un misto di paura e indifferenza.
Anni bui della storia italiana e non solo, da non dimenticare proprio per non dover rivivere un giorno periodi analoghi. Proprio a questo fa riferimento Telese quando risponde a chi gli domanda se non sono riscontrabili oggi dei prodromi simili a quelli che hanno portato agli Anni di Piombo, come sono l’attuale crisi economica e politica italiana, e se non può esserci un rischio di uno scenario simile a quello degli anni settanta. Secondo il conduttore di “In Onda”, nonostante siano innegabili delle analogie di contesto con quegli anni, non esiste il rischio di una nuova fase di terrore in Italia perché oggi, proprio grazie al ricordo di quel periodo, è nata una rinnovata coscienza civile che riesce a dominare anche sulla contrapposizione tra idee antitetiche. Grazie alle testimonianze, finalmente tornate alla luce dopo anni di silenzio, di quelle persone che hanno vissuto la tragedia degli Anni di Piombo, si è riusciti a rivivere quel periodo in maniera non retorica proprio per trarne una profonda lezione per il futuro. La memoria, quando non si riduce a semplice rituale, può essere considerata il miglior antidoto alla violenza.