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Cultura e Società

La famiglia, futuro per la società italiana

Paolo Emanuele · 12 anni fa

Con Francesco Belletti del Forum parliamo di contenuti e messaggio delle settimane sociali di Torino in programma dal 12 al 15 settembre. Le settimane sociali dei cattolici italiani sono ormai vicine. Si svolgeranno a Torino dal 12 al 15 settembre con a tema “la famiglia, speranza e futuro per la società italiana”. Una sfida difficile per valorizzare una risorsa che non è considerata tale e viene tartassata dal fisco, una sorta di nemico del pilastro fondante della società. Con Francesco Belletti presidente del Forum delle associazioni familiari ripercorriamo l’importanza dell’edizione di quest’anno, facciamo il punto sulla preparazione in corso in tutte le diocesi e spieghiamo il fattore famiglia in cosa consiste.

Professore Francesco Belletti le settimane sociali cosa rappresentano per la Chiesa e per l’Italia?

Belletti: Sono state una grande intuizione del mondo cattolico, una grande chiamata al laicato cattolico e alla responsabilità. Sono nate all’inizio del novecento, e fino al 1934 hanno avuto una importanza decisiva nel riportare i cattolici nella politica italiana. All’epoca i cattolici non votavano, quindi è stato un percorso molto importante, per la consapevolezza del mondo cattolico e per il bene del paese. Questo senza una presenza responsabile dei cattolici perde un pezzo della sua anima e una parte delle sue forze vive. Infatti è significativo l’anno ’34 perché con il fascismo che è diventato sempre più dittatoriale, perseguitando anche azione cattolica e mondo cattolico, le settimane sociali si sono dovute interrompere. Sono rinate nel 1949 e arrivate fino al ’68-’70. Anche quello è un periodo simbolico, uno spartiacque. Anche nel settanta si sono interrotte, questo di fronte alla grande sfida del sessantotto e del post concilio, di un cambiamento della società che voleva fare a meno della religione. Poi dal ’93 la Chiesa italiana ha faticosamente ma coraggiosamente rimesso a tema questo nodo, questo strumento che ogni tre anni ci chiama a trovarci, a ragionare insieme sul bene comune del paese. E’una chiamata al progetto sociale e politico per i laici cattolici a servizio del bene di tutti. Niente di confessionale, tre anni fa siamo stati a Reggio Calabria ed era stato messo a tema l’agenda per il futuro e le speranze del paese. Quest’anno si torna a parlare di famiglia, tema abbandonato da molti anni e sempre collegato alle parole speranza e futuro. Questo mi sembra la novità più importante. Parlare di famiglia significa progettare il futuro del paese e non difendere qualcuno che è in difficoltà.

A che punto è la preparazione? Ci può anticipare qualche dettaglio sul programma e sulle tematiche?

C’è un documento preparatorio che da poco è stato distribuito. Diviso in tre parti: una parte che fonda la famiglia come custode della dignità della persona, quindi sui valori antropologici. Una seconda parte più innovativa che riguarda sul come la famiglia genera bene comune, una società più giusta, più umana e di che cosa ha bisogno. Una terza parte organizzata su otto temi che riguardano gli spazi di vita quotidiana, di vita del paese. Si va dall’abitare, al fisco, alla scuola, alla sfida educativa, al lavoro, tutte le questioni di vita quotidiana della famiglia e di attualità dell’agenda del governo e della politica del paese. Tutte le diocesi, tutta la società italiana è interpellata. Abbiamo fatto incontri a Milano, all’Università Cattolica, a Roma, a Lamezia c’è un percorso di preparazione e a Torino verrà valorizzato molto il lavoro dei partecipanti. Dovrebbero essere più di mille persone che animano la pastorale sociale e familiare del nostro paese e quindi oltre ai relatori ci sarà un’intera giornata dedicata a luoghi di discussione e di libero pensiero, per poter generare insieme nuovi progetti. Noi ci aspettiamo molto, anche perché mettere insieme pastorale sociale e questione famiglia vuol dire seguire la grande intuizione di Benedetto XVI nella Caritas in Veritate, quando diceva che la questione sociale ormai è fondamentalmente una questione antropologica. Quindi parlare di giustizia, di equità, di poveri, di ultimi significa domandarsi dove sta la custodia dell’uomo e quindi anche politiche familiari e sociali sono tutte riconciliate. A Torino sarà una grande sfida a settembre, per riuscire a generare un progetto concreto e credo che sia la sfida più grande, la concretezza delle idee che dovremmo mettere in campo per questo periodo difficile per il paese.

La famiglia viene quasi sistematicamente dimenticata, tutti i governi sembrano composti da singoli, ignari delle difficoltà dei nuclei familiari?

Sì i governi, ma anche le imprese, le scuole, sembra che la famiglia sia il grande assente. Sembra che questa società stia in piedi senza famiglia e invece poi anche per questa crisi economica, ma non solo, ha confermato che questo paese sta in piedi perché resiste la famiglia. Quando la famiglia va in difficoltà, va in corto circuito un po’tutto. Questa dimenticanza è stato come un vivere di rendita sulla resistenza delle reti familiari. Adesso le reti familiari sono sfibrate hanno subito grandi colpi culturali, economici e quindi è tempo di restituire alla famiglia quello che ha dato al paese. Si tratta di investire su uno dei luoghi di resistenza dell’umano. Sono le famiglie che consentono di non avere la rivoluzione dei giovani che non trovano lavoro , perché le famiglie fanno da cassa integrazione, da cassa di disoccupazione. Questo però non è il loro mestiere. Sono costrette a farlo per questo io reagisco male quando sento dire la famiglia è il primo ammortizzatore sociale del paese. Invece la famiglia è la prima risorsa del paese, se si trova a dover fare l’ammortizzatore sociale, vuol dire che la società ha fallito.

L’Italia purtroppo è a due velocità, Nord e Sud, arriverà al fattore famiglia come in Europa?

Il fattore famiglia è una delle partite più importanti che il Forum delle associazioni familiari ha messo nel dibattito pubblico. E’l’idea che il nostro sistema fiscale consenta di riequilibrare la giustizia tra famiglie, con carichi familiari e senza. Oggi il nostro sistema non è indifferente alla famiglia, il nostro fisco è nemico della famiglia, perché tassa più pesantemente chi ha carichi familiari. Perché un semplice aumento dell’iva si traduce in un aumento per una famiglia che abitualmente spende di più. La famiglia è un moltiplicatore di costi e si trova in grandi difficoltà perché il fisco non fa niente. Anzi tratta allo stesso modo il reddito di una famiglia di due piuttosto che di quattro o cinque persone. Questo è scandaloso se ci confrontiamo con altri paesi europei che invece hanno investito sulla famiglia. Per esempio in Germania i soldi spesi per educare i figli, per farli diventare adulti non possono essere tassati e da noi invece sono tassati. La nostra proposta prevede una no tax area che cambia in funzione del numero dei figli e delle persone a carico. Oppure la Francia che ha applicato il quoziente familiare con un meccanismo che divide il reddito per le persone e consente di avere scaglioni di tasse più bassi. Parlare di famiglia non vuol dire parlare solo di soldi, ma di valori, di tenuta delle relazioni. La famiglia ha bisogno di prossimità di servizi che l’aiutano a non sentirsi isolata, ma certamente la questione fiscale nel nostro paese è uno scandalo da sanare. Purtroppo negli ultimi dieci quindici anni in modo bipartisan in termini negativi è stata sempre in fondo alla lista. Noi stiamo chiedendo che vada all’inizio della lista delle priorità del paese, perché sarebbe una scelta di prevenzione, di promozione e d’investimento e non un costo.

La famiglia per far rinascere l’Italia, per il rilancio dell’educazione e del lavoro?

Si. E’come dire quali sono i pilastri che tengono insieme la famiglia? La messa in ordine dei conti, la moralità nella politica e nella pubblica amministrazione, il sistema bancario, il lavoro. E la famiglia? E’uno dei pilastri a pari titolo, se questo pilastro non viene sostenuto, il castello crolla. Oggi è tempo di reinvestire sulla famiglia perché si rilancia il paese. Il tema del crollo dei consumi dipende da questo carico fiscale eccessivo e da questa assenza complessiva di speranza per cui tutto ciò che è comportamento familiare viene tassato. Anche l’IMU sulla prima casa per tutti dimostra che non c’è questa consapevolezza. Se sosteniamo le famiglie rimettiamo in movimento l’intero paese.