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Cultura e Società

Quale povertà? Orizzonti di nuova solidarietà

Antonio Cataudo · 11 anni fa

di Chiara Macrì A prescindere dall'interessantissimo dibattito in corso tra economisti sulla definizione di povertà e sulla “soglia di accesso” ad essa, constatiamo ogni giorno la sofferenza, gli stenti e i sacrifici delle persone che vivono attorno a noi. La nuova povertà, ma anche la vecchia povertà.

Si, perché oltre al divieto d’accesso ad alcuni servizi, opportunità e forse al futuro, siamo precipitati nella povertà che impedisce anche ai bambini di mangiare. Famiglie che non riescono a sostenere il ticket della mensa scolastica, perché con quella cifra “mangia tutta la famiglia”.

Genitori che vivono tra mille lavori, saltuari, precari, al limite della legalità. Madri e padri frustrati, arrabbiati, depressi. Anziani che dopo una vita di lavoro percepiscono pensioni insufficienti agli standard minimi di vita. Anziani che hanno aiutato figli, nipoti, ma che oggi non possono più farlo. Perché non possono aiutare neanche loro stessi. Disperazione. Suicidi. Vite spezzate e vite mai vissute. Come si può tollerare tutto questo? Eppure viviamo in una società grassa, dove una parte sfoggia ricchezza e opulenza. E aumentano sempre più le distanze tra i ricchi e i poveri. E oggi sono poveri anche quelli che ieri erano il famoso ‘ceto medio’. Non c’è più. Non ce la fa più neanche il ceto medio. Non ce la fanno le imprese di cui ne chiudono ogni giorno 40. Urgono delle misure che non siano solo di contrasto alla povertà, ma che siano rivolte a ridare dignità agli uomini e alle donne del nostro Paese e ancora di più della nostra Calabria, una delle regioni più povere d’Italia. I Comuni, la Regione, lo Stato di questo si dovrebbero occupare. La povertà è l’emergenza sociale. Servono sussidi, il tanto decantato reddito minimo di cittadinanza. Servono nuove politiche per il lavoro e per l’occupazione. Ma serve soprattutto una nuova visione sociale, una visione comunitaria rinnovata e centrata sull’uomo. Serve tra di noi l’attivazione di una rete di solidarietà. Serve che chi ha, cominci a dare a chi non ha. Serve un momento di riflessione sul tema con le associazioni di volontariato, le parrocchie, la Caritas e le parti sociali. Per dare corpo a questa rete di solidarietà. Per creare un circuito stabile di monitoraggio e di impegno che sia di riferimento e di aiuto per chi non ce la fa. Una riflessione che sarebbe importante e significativa sviluppare in un periodo così carico di drammaticità sociale per provare insieme a ridare dignità e futuro al termine ‘lavoro’. D’altra parte Papa Francesco con le sue parole attaccate ad uno stile di vita sobrio e carico di umanità, ci rivolge un invito a migliorarci nella condivisione della povertà. Vuole«una Chiesa povera per i poveri», si rivolge agli ultimi e lancia all’uomo moderno la sfida della solidarietà verso chi non riesce e non può stare fuori da questa crisi così duratura e opprimente. Per la nostra gente di Calabria e del Sud è questa una condizione di disagio che si aggrava, perché da molti e lunghi anni non si riesce a creare una svolta e a costruire una visione di futuro. La povertà è nelle famiglie e in esse i più deboli sono i giovani, che ormai sono nella loro perenne condizione di disoccupazione, costituiscono il vero dramma sociale. Giovani a cui è stato rubato un futuro. E durante il 2013, secondo le statistiche e le previsioni, si allungherà il periodo di esclusione dal mondo del lavoro, quindi dal reddito, dai consumi, dalla cultura, dalla formazione di nuove famiglie, con evidenti problematiche sotto il profilo demografico. E allora da una parte non ci resta che rimboccarci le maniche e come ha detto il Vescovo di Roma nell’udienza del 4 Maggio «Non esiste una vita senza sfide. I giovani si devono mettere in gioco, affrontandole una ad una, se non lo fanno sono "senza spina dorsale"», ma dall’altra a nessuno è concesso di rubare il futuro e di distruggere il presente. Credo che questo sia uno dei più gravi peccati che l’uomo moderno, l’economia, il mercato, stiano compiendo.