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Vita diocesana

Nocera Terinese: presentato il nuovo progetto pastorale

Armido Cario · 12 anni fa

Lo scorso 27 febbraio, è stato presentato ed affidato ai fedeli della Vicaria di Nocera Terinese il nuovo progetto pastorale, Indossiamo e custodiamo l'abito nuziale della carità. Il documento, elaborato per il quinquennio 2013-2017, rappresenta la naturale prosecuzione di Speranza in Dio e bellezza del Cristianesimo, il precedente progetto portato a compimento nel 2012. Mons. Luigi Cantafora era affiancato da Don Maurizio Mete, vicario foraneo e da Don Pino Angotti, direttore dell’Ufficio per la Pastorale della Famiglia. Nell’occasione, il Vescovo ha idealmente e materialmente consegnato ai parroci ed ai consigli pastorali una copia del progetto affinché possano conoscerlo, diffonderlo, applicarlo con coerenza. Notevole la partecipazione delle comunità parrocchiali di Gizzeria, Falerna, Castiglione Marittimo, Nocera, San Mango, Martirano, Motta Santa Lucia e Martirano Lombardo.

Quella programmata per la Diocesi di Lamezia Terme è una pastorale moderna, che deve realizzarsi in «un’esperienza di sinodalità vissuta, ossia di un cammino comune». La visita del Papa, giunta sul finire del cammino 2008-2012, ha tracciato i principi della nuova pastorale. Non a caso, il progetto s’ispira e prende il titolo dalla parabola del banchetto nuziale, al centro della liturgia e dell’omelia lametina di Benedetto XVI. Per tali ragioni, il nuovo progetto è stato presentato in Vaticano in occasione della visita ad limina del 21 gennaio: il Santo Padre lo ha accolto con benevolenza, benedicendolo quale motore e slancio di evangelizzazione.

Nel giorno del commiato e dell’ultima udienza generale di papa Benedetto, Monsignor Cantafora ha espresso filiale devozione e gratitudine nei confronti del Pontefice: «è stato un papa che ha saputo scrutare i tempi ed indicare gli orizzonti, ben sapendo che il nocchiero della Chiesa è Cristo, l’unico a poter condurre il suo popolo nella terra promessa».

Il progetto si articola in due parti. La prima è introdotta dalla parabola del banchetto nuziale, icona biblica del progetto: in essa, oltre ad un’analisi del cammino svolto, è fornita una lettura della realtà diocesana, sia sotto il profilo sociale che ecclesiale. Nella seconda parte, sono tracciate le linee progettuali diocesane per una più illuminata formazione cristiana, in particolare delle famiglie.

Per il Vescovo lametino, «la Chiesa di Gesù Cristo deve essere estroversa, proiettarsi nel territorio, rivestirsi dello stile missionario, dare una spinta alla Calabria ed all’Italia». La Chiesa, quindi, non deve arroccarsi ma deve assumere, in tutti i ruoli ed a tutti i livelli, l’afflato missionario: abbracciando una visione olistica, le singole membra del corpo ecclesiale non devono essere delle monadi ma parti di un tutto. Ciò al fine di perseguire «l’annuncio integrale di Cristo, un annuncio rivolto all’Uomo tutto intero» poiché il vangelo di Cristo deve cambiare la vita, non è mera dottrina. L’obiettivo è, quindi, «di raggiungere l’afflato dei cuori, di anelare alla comunione attraverso la coerenza del cristianesimo».

In questo risiede il senso del progetto pastorale: progettare, infatti, significa «sperare senza lasciarsi scoraggiare dal presente». Nell’omelia del 9 ottobre 2011, il Santo Padre esortava tutta la Chiesa a non ripiegarsi su se stessa. In questo aspetto, si coglie l’importanza del progetto che serve «per aprirsi alla storia, come nella parabola del banchetto di nozze». Un progetto che richiama alla missione, che invita i membri della comunità ecclesiale ad assumere questa coscienza. Alla base di ogni ministero – sottolinea Cantafora – deve esservi «la conversione del cuore. Occorre una chiesa missionaria che si faccia carico di tutte le anime che ha in cura, sull’esempio del curato di Ars, Giovanni Maria Vianney. Anche ai laici è richiesto tale aiuto: essi non devono dissociare la dimensione di uomo da quella di credente, vivendo coerentemente l’Evangelo, evitando il “divorzio tra fede e vita” paventato da Paolo VI».

Il progetto disegna una rotta: per questo è consegnato, primariamente ma non esclusivamente, ai presbiteri ed ai consigli pastorali affinché lo mettano in pratica attivamente. L’Evangelo, infatti, non impone di fornire ricette preconfezionate: «i presbiteri sono chiamati a catechizzare, a trasmettere ed attualizzare una lettura cristiana della vita, annunciando il messaggio di Cristo con la parresia paolina, proclamando la Parola secondo l’etica della verità. Bisogna seguire – secondo il Vescovo – la metafora sottostante al Vangelo di Marco, in cui Cristo è rappresentato come un mandato, come un soldato che più avanza e più fa arretrare il maligno: seguire e perseguire gli obiettivi del progetto significa portare avanti l’annuncio, sottraendo terreno, inducendo alla ritrazione il maligno radicato nei nostri territori e nella nostra società, in gran parte rappresentato dalla mafia». Infatti, la realtà sociale diocesana contiene e riproduce, in scala, tutto il bene e tutto il male delle metropoli: per questo, il progetto propone un rinnovamento culturale. La cultura si cambia con l’esempio dei cristiani e questa è una grande responsabilità in capo a ciascun fedele. «Per questo – dichiara con evangelico vigore il Vescovo – occorre una chiesa coraggiosa, non appollaiata, non di sacrestia! Serve una chiesa che interagisca efficacemente con la società: per questo occorrono laici maturi, preparati, catechizzati, corresponsabili in forza del loro battesimo. Quella corresponsabilità di cui scrive l’evangelista Luca: “Ma il Figlio dell’Uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc, 18, 1). Quella corresponsabilità di cui parla san Giovanni Crisostomo, per cui chi salva un’anima salva anche la propria».

In una società complessa come la nostra, infatti, la Chiesa deve essere preparata, deve articolarsi: i presbiteri non possono giungere a tutti e dappertutto. Per questo è indispensabile ed inevitabile il coinvolgimento, l’impegno attivo dei laici. La Chiesa deve agire come sale e lievito del mondo; «la Chiesa deve catechizzare, deve diffondere la Parola di salvezza, deve insegnare agli uomini che la vita è oltre. è questo il senso del cammino sinodale: una nuova evangelizzazione, un Vangelo inteso come vita vissuta, come sfida dell'educazione e della testimonianza».