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Cultura e Società

Esiste ancora il voto cattolico? Riflessioni a margine del voto

Paolo Emanuele · 12 anni fa

L’Italia, fotografata dalle urne, è un paese «senza maggioranza, senza programmi, senza stabilità e senza cattolici». O quantomeno «con i cattolici relegati ancora in un ruolo marginale». Questa la sintesi, tracciata da Famiglia Cristiana, nell’editoriale del 25 febbraio. I risultati elettorali ci restituiscono una nazione frammentata che proietta nel voto l’incertezza del momento storico e della contingenza. A primeggiare è «il brevissimo respiro, l'incapacità totale di creare prospettive e di dare un ampio respiro all’idealità degli elettori»,

come sottolinea Fulvio Scaglione sul settimanale dei Padri Paolini. Tuttavia, ad emergere e tuonare è un «serio messaggio per i politici e una grande voglia di partecipazione da parte dei cittadini» sottolinea l’arcivescovo di Genova e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco. Un risultato elettorale che induce alla riflessione e che consegna «un serio messaggio al mondo della politica su cui bisognerà che i responsabili, quindi gli interessati più diretti, meditino seriamente».

Di fronte a tale scenario, è inevitabile porsi un interrogativo: esiste ancora il voto cattolico? Appare evidente che ci troviamo di fronte al parlamento più laico dagli anni Settanta ai giorni nostri, privo di un’incisiva testimonianza cattolica, trasversalmente presente ma non rilevante. Conseguenza del sistema elettorale, che propone una logica antagonista, titanica e non dialogante, che penalizza le forze di ispirazione cattolica, più votate all’interazione ed all’accordo. Il braccio di ferro muscolare, come nella proverbiale profezia, ha scaturito l’effetto di premiare il “non politico”, più presente nelle piazze e di comprimere la coalizione centrista.

L’invito al voto ed all’impegno dei cattolici, avanzato dal massimo rappresentante della Conferenza episcopale, a margine dell’assemblea del Movimento cristiano lavoratori del 7 febbraio era parso netto. Un appello pregno di prospettive ma anche di letture della realtà: «gli italiani - affermò il porporato - hanno bisogno della verità delle cose, senza sconti, senza tragedie ma anche senza illusioni», rilanciando la necessità di una «spinta a superare il rischio e la tentazione di una politica vecchia ed a guardare avanti partendo dal realismo, anche perché la gente non si fa più abbindolare da niente e da nessuno». Il superamento della vecchia politica, tuttavia, si è palesato attraverso il prepotente successo di quei movimenti che, oltre a cavalcare l’onda dell’antipolitica e l’idea di un generale repulisti, hanno puntato il dito contro le forze parlamentari, attaccandole sotto il profilo della corruzione diffusa e della morale politica. Quell’etica pubblica che appartiene, nei principi, all’idealità cattolica: in questo senso potrebbe essersi manifestata, in forme individuali, sporadiche e non organizzate, l’attenzione dei credenti verso tali manifestazioni politiche. Tuttavia, l’azione dei citati movimenti pare priva di respiro e di prospettive, monca della dialettica costruttiva che deve necessariamente seguire alla pars destruens.

Lo scenario politico che si sta determinando in queste ore «indica incertezza e profonda ingovernabilità che non aiutano la situazione economica e politica del nostro Paese», osserva Pietro Barbieri, portavoce del Forum del terzo Settore. L’oggettiva criticità del contesto impone, quindi, di mobilitare i cattolici all’impegno, alla presenza ed alla testimonianza sociale, diffondendo e facendo prevalere il senso di responsabilità. Una responsabilità che s’impone anche alle forze laiche presenti in parlamento, affinché procedano alla rapida ed efficace approvazione di misure urgenti ed improcrastinabili: tra queste, l’irrinunciabile riforma della legge elettorale, «una delle peggiori leggi elettorali della storia di tutti i tempi, una legge che sembra essere stata concepita da Arlecchino, più che da dei legislatori», esplicita Anfossi su Famiglia Cristiana. Indispensabile, infine, prestare attenzione alle evidenze della Cei, portando avanti «innanzitutto il lavoro, senza il quale non vi è futuro né per le famiglie, né per le persone, né per il Paese e per la società intera»; tutelando e promuovendo la famiglia, «fondamento della società» poiché le famiglie «mettono in campo e rafforzano quel patrimonio di fiducia e di autostima, senza del quale nessuno riesce ad affrontare il futuro». Un futuro che non può prescindere dalla fede, tradotta in concretezza ed impegno.