Incontro sul messaggio di Papa Francesco per la 56/ma giornata mondiale delle comunicazioni sociali
“Essere uomini di comunicazione significa – ancora di più oggi, in questo tempo di pandemia – esercitare il ministero dell'ascolto facendo emergere sulla carta e sul web le tante storie di quotidiana speranza che hanno come protagonisti gli uomini e le donne che vivono nel nostro territorio perché la loro testimonianza divenga davvero esperienza condivisa e narrazione sinodale. Se facciamo nostre le parole del Papa – particolarmente “in questo tempo ferito dalla lunga pandemia” - allora davvero potremo donare proficuamente il nostro tempo a chi chiede di essere ascoltato per donarci la storia della sua vita. Sapendo che davvero l'interlocutore che abbiamo dinanzi potrà sorprenderci ogni volta facendo proprie le parole del poeta turco Nazim Hikmet: “Quello che vorrei dirti di più bello non te l'ho ancora detto”. Così Mauro Ungaro, presidente nazionale FISC (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), intervenuto a Lamezia Terme all'incontro sul messaggio di Papa Francesco per la 56/ma giornata delle comunicazioni sociali, promosso dall'ufficio per le comunicazioni sociali della diocesi lametina in collaborazione con la Fisc e la testata diocesana “Lamezia Nuova”.
“Per le nostre testate online – ha proseguito Ungaro - il tempo della pandemia è stato segnato da un dato abbastanza coincidente da nord a sud: sono aumentati esponenzialmente gli accessi ai social ed ai siti web Scusate la deviazione, riprendo subito la rotta principale. Il tema che il Papa ci propone assume un rilievo ulteriore tenuto conto di quanto siamo chiamati a vivere come comunità e come singoli nella fase narrativa di questo primo tempo del percorso sinodale in cui sono impegnate le Chiese del nostro Paese e che ci vede in ascolto di quanto lo Spirito ci dice ma anche dei nostri fratelli. Ormai basta anche il più semplice smartphone per proporre in ogni istante “una vita in diretta”, con una copertura a 360 gradi, 24 ore su 24, 365 giorni all'anno. Da comunicatori che nella propria professione hanno come riferimento la Parola, quella con la P maiuscola, l'ascolto a cui siamo chiamati è, però, un qualcosa di profondamente diverso: un atteggiamento che ha come presupposto una relazione personale caratterizzata da un silenzio rispettoso (ma carico di attesa) verso quanto l'altro ha da dire e come conseguenza l'accettare di lasciarsi penetrare e cambiare dalle sue parole, dalla sua storia. “L'ascoltare – ci dice papa Francesco – è dunque il primo indispensabile ingrediente del dialogo e della buona comunicazione. Non si comunica se non si è prima ascoltato e non si fa buon giornalismo senza la capacità di ascoltare. Per offrire un'informazione solida, equilibrata e completa è necessario avere ascoltato a lungo. Per raccontare un evento o descrivere una realtà in un reportage è essenziale avere saputo ascoltare, disposti anche a cambiare idea, a modificare le proprie ipotesi di partenza”.
Fondamentale, per il presidente nazionale FISC, il legame tra comunicazione, ascolto e il territorio, tema su cui ha ripreso le parole del vescovo Schillaci in occasione dell'apertura del Sinodo nella diocesi lametina. “Il territorio – ha concluso Ungaro - non rappresenta solo ciò di cui ci occupiamo ma coloro a cui ci rivolgiamo, che ascoltiamo e di cui parliamo: le persone che lo abitano e lo costituiscono, la generazione presente, quelle passate e quelle future. È stato scritto che la Chiesa sta in terra come una pianta con radici ben solide, legate al paese ed alle città ma è sempre in mare aperto per evangelizzare nuovi territori e terre sconosciute. Il legame con il territorio, quindi, non è un ostacolo né un invito al campanilismo ma il trampolino di slancio per aprirsi ulteriormente all'altro”. L'incontro, introdotto dalla direttrice di “Lamezia Nuova” e dell'ufficio per le comunicazioni sociali diocesano Saveria Maria Gigliotti, si è aperto con il saluto del vescovo Giuseppe Schillaci che ha ringraziato Mario Ungaro per la sua presenza a Lamezia “in una giornata che si inserisce nel cammino sinodale che la nostra Chiesa ha intrapreso ad ottobre. La parola consegnataci da Papa Francesco è una chiave di volta per il mondo della comunicazione: ascoltare. Nessuno di noi può dare una buona notizia se non si apre alla Buona Notizia: nella misura in cui siamo capaci di ascoltare, siamo capaci di consegnare la Buona Notizia agli altri. L'ascolto è l'atteggiamento proprio del credente, l'atteggiamento proprio di ogni uomo”.
Per il presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Calabria Giuseppe Soluri, “c'è una stretta connessione tra il messaggio di Papa Francesco di quest'anno e quello dello scorso anno, nel quale, come giornalisti, siamo stati invitati ad “andare e vedere”. Il Papa ci ricorda che il buon giornalismo è il giornalismo che va a vedere, che ascolta tutti, racconta i fatti con dovizia di particolari raccolti sulla strada, separando il racconto dei fatti dalle proprie opinioni. L'approccio del giornalista non è la supponenza di chi vuole farsi protagonista, ma è quello di chi vuole ascoltare gli altri”.