Nel libro della Genesi al capitolo 3 risuona la voce di Dio con una domanda indirizzata all'uomo peccatore: «Dove sei?» (v.9). La parola Adamo in ebraico significa “uomo”: ogni uomo è richiamato da Dio alla responsabilità, è un appello alla sua coscienza in cui la voce di Dio si fa sentire. Scrive il cardinale Gianfranco Ravasi nel suo libro “L'albero di Maria” edito dalla San Paolo: «Nell'armonia della creazione, che si sta infrangendo, l'uomo sta per diventare un estraneo. Dio ora entra in scena non più come l'amico che scendeva, alla brezza serale, a dialogare con la sua creatura più alta ma come il giudice che sta per istruire un processo» (p. 18). Sappiamo che il Signore non è indifferente al bene e al male e chiama in causa l'uomo peccatore. Dal peccato originale, come è descritto dal libro della Genesi, scaturiscono effetti devastanti: al dialogo e all'intimità con Dio subentra l'espulsione dal giardino simbolico dell'Eden (v. 3,23); tra l'uomo e la donna subentra la violenza dell'istinto (v. 3,16); tra l'uomo e la natura subentra un rapporto alienante (vv. 3,17.19). Tutto ciò ci fa capire che «le tensioni, le fatiche, le ostilità che pervadono la storia non erano iscritte nel progetto di Dio e quindi non risalgono alla creazione stessa. Sono invece il risultato dalla scelta perversa dell'uomo che ha voluto sostituire alla morale divina una sua morale, decidendo cosa sia bene e male» (Ravasi, p. 19). Il “serpente”, simbolo del tentatore per eccellenza, il diavolo, con la sua malizia, ha cosi introdotto nella vita dell'uomo il peccato e la morte: «è per invidia del diavolo che la morte è entrata nel mondo» (Sap 2,24). Il peccato è vergogna, è umiliazione della dignità dell'uomo, è un'illusione di elevarsi sopra i cieli, ma poi in realtà è come se ci si ritrovasse sprofondati nella melma di una palude. «Chiamato a orizzonti altissimi, l'uomo si ritrova imprigionato in un nodo di vipere» (Ravasi, 20). Per questo, l'evento del peccato originale poi apre le porte a una lotta implacabile tra il “serpente” e il suo seme, cioè i suoi seguaci, e la “donna” e il suo seme, cioè coloro che si oppongono all'azione malefica del tentatore contrastandolo e riportando nella propria vita il primato di Dio. Tale tensione «pervade tutta la storia: è come se si stabilisse un duello continuo tra bene e male, tra la giustizia e la perversione, tra la verità e la menzogna» (Ravasi, 20). Il testo della Genesi infatti descrive questa lotta in cui l'uomo sarà coinvolto fino al termine della storia terrena: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gn 3,15). Questo testo, definito come “protovangelo”, applicato dal Magistero della Chiesa alla Vergine Maria (“la donna”) e a Gesù Cristo (“il suo seme”), è una profezia riguardante il mistero dell'incarnazione del Verbo, la redenzione e la salvezza dell'umanità, il trionfo della grazia di Cristo sul peccato e sulla morte. La drammatica realtà della storia umana, nella quale sistematicamente si affrontano bene e male, seme della “donna” e seme del “serpente”. evolve verso la sconfitta definitiva del male e la vittoria del bene. «Se il serpente insidia, è perché il bene è più forte e schiaccia il male» (Ravasi, 22): tutto ciò ribalta l'impressione di un male sempre trionfante. Giovanni Paolo II, nell'enciclica “Redemptoris Mater”, commentando il versetto di Genesi 3,14, afferma: «Nel disegno salvifico della Santissima Trinità il mistero dell'incarnazione costituisce il compimento sovrabbondante della promessa fatta da Dio agli uomini, dopo il peccato originale, dopo quel primo peccato i cui effetti gravano su tutta la storia dell'uomo sulla terra (Gn 3,15). Ecco, viene al mondo un Figlio, la “stirpe della donna”, che sconfiggerà il male del peccato alle sue stesse radici: “Schiaccerà la testa del serpente”. Come risulta dalle parole del protoevangelo, la vittoria del Figlio della donna non avverrà senza una dura lotta, che deve attraversare tutta la storia umana. “L'inimicizia”, annunciata all'inizio, viene confermata nell'Apocalisse, il libro delle realtà ultime della Chiesa e del mondo, dove torna di nuovo il segno della “donna”, questa volta “vestita di sole” (Ap 12,1). Maria, Madre del Verbo incarnato, viene collocata al centro stesso di quella inimicizia, di quella lotta che accompagna la storia dell'umanità sulla terra e la storia stessa della salvezza. In questo posto ella, che appartiene agli “umili e poveri del Signore”, porta in sé, come nessun altro tra gli esseri umani, quella “gloria della grazia” che il Padre “ci ha dato nel suo Figlio diletto”, e questa grazia determina la straordinaria grandezza e bellezza di tutto il suo essere. Maria rimane così davanti a Dio, ed anche davanti a tutta l'umanità, come il segno immutabile ed inviolabile dell'elezione da parte di Dio, di cui parla la Lettera paolina: “In Cristo ci ha scelti prima della creazione del mondo, ... predestinandoci a essere suoi figli adottivi” (Ef 1,4). Questa elezione è più potente di ogni esperienza del male e del peccato, di tutta quella “inimicizia”, da cui è segnata la storia dell'uomo. In questa storia Maria rimane un segno di sicura speranza» (n. 11). Con Maria, la tutta pura e la tutta santa, prima alleata di Dio contro Satana e il male, anche noi, pieni della grazia di Cristo, resistiamo alle insidie del “serpente”, rimanendo saldi nella fede (cf. 1 Pt 5,8-9), e collaboriamo all'opera della redenzione che avrà il suo epilogo nell'avvento definitivo del Regno di Dio.
Mater Ecclesiae
"Io porrò inimicizia tra te e la donna…"
Don Giuseppe Fazio · 4 anni fa