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La parola del Vescovo

Digiuniamo dalle parole che umiliano, disprezzano

Saveria Maria Gigliotti · 4 anni fa

Durante la messa delle Ceneri, il vescovo, Giuseppe Schillaci, ha spronato i fedeli affinche' "la Quaresima sia il tempo favorevole per pregare di piu' e pregare meglio"

“Durante questa Quaresima, in questo tempo cosi' difficile, stiamo piu' attenti a dire parole di incoraggiamento, che confortano, invece di parole che umiliano, che irritano, che disprezzano”. Facendo propria l'esortazione di papa Francesco, il vescovo, Giuseppe Schillaci, nel corso dell'omelia durante la concelebrazione eucaristica delle Ceneri, ha sollecitato tutti a dare “slancio al nostro desiderio di amore. Cominciamo dal parlare – ha affermato - : invece di pronunciare parole pessimistiche, pronunciamo parole di amore”.
La Quaresima, per la Chiesa e' anche il periodo del digiuno. Ma, “qual e' il digiuno che il Signore vuole? Che desidera da ciascuno di noi – ha chiesto il Vescovo, invitando a riflettere su cio' - ? Il digiuno che desidera il Signore qual e'?”
Per il Pastore della Chiesa lametina, “non possiamo pensare al digiuno staccato dall'amore. Digiunare significa essenzialmente rinunciare a noi stessi – ha detto - . Sostanzialmente amare, ma amare coloro che sono rifiutati. Ancoriamo questo desiderio di rinuncia a noi stessi in modo particolare alla preghiera: il nostro rapporto con Dio. La nostra preghiera – ha chiesto - che valore ha se questa e' fondamentalmente legata ad apparenza e spettacolo?”
Da qui l'invito affinche' “la Quaresima sia il tempo favorevole per pregare di piu' e pregare meglio, partendo da una richiesta che noi rivolgiamo al Signore da veri discepoli: insegnaci, Signore, a pregare, ad affidarci sempre di piu' al Padre; insegnaci, Signore, in questo tempo, ad entrare sempre piu' nella tua preghiera; insegnaci a pregare con te, Signore Gesu', poiche' veramente desideriamo essere tuoi discepoli anche nel modo di pregare. Non dimentichiamo che Gesu' ha pregato per i suoi nemici, per i suoi persecutori. Allora, diciamo al Signore: insegnaci a pregare come hai saputo pregare tu; insegnaci a pregare come figli”.
Quindi, partendo dall'affermazione del profeta Gioele nella prima lettura “laceratevi il cuore e non le vesti”, Schillaci, ha rimarcato che “essere veri significa questo: lasciare che il Signore raggiunga il nostro cuore”, invitando a “ritornare al Signore” in quanto questo e' il “tempo opportuno perche' ognuno di noi possa rifare l'esperienza della Misericordia. Questo significa tornare a lui; riscoprire, cioe', la sua natura, la bonta' di Dio. Se diventiamo come figli – ha aggiunto - , siamo chiamati ad essere fratelli e fratelli di tutti. Lasciamoci raggiungere da questo amore che e' un amore sconfinato per lasciarci raggiungere da Dio” per diventare “strumenti di riconciliazione, strumenti di pace, ponti di fraternita' da gettare ovunque, con chiunque, in qualsiasi situazione”.
“Chiediamo l'intercessione di Maria – ha concluso il Vescovo - per farci strumento di fraternita' nella Chiesa, nelle nostre famiglie; per farci portatori di fraternita' e di speranza”.