Dal caso del pestaggio di Crotone segnali preoccupanti di una comunicazione senza regole né etica
É necessario soffermarsi ancora una volta sui problemi etici che immagini, video, vignette e commenti che appaiono sul web suscitano e fanno discutere animosamente, specie quando esso ripropone violenze “senza commenti”. O meglio, il commento è dato dalla paralisi che certe visioni provocano anche a persone adulte che “dovrebbero” essere pronte a reggere emozioni forti...ma, di fronte alla violenza, non si è pronti mai.
Crotone: un'emittente televisiva manda in onda il video di un pestaggio, ripreso dagli amici, di un adolescente che sta violentemente massacrando un coetaneo: il malcapitato tenta di difendersi senza successo cercando di proteggere con le braccia il viso e il capo mentre si accartoccia in posizione fetale a difesa delle altre parti del corpo. Ma l'aggressore non si arrende e continua a sferrare calci, pugni e a pestarlo come una cicca di sigaretta che deve spegnersi. Il filmato dura un tempo interminabile per essere tollerato.
Sono immagini e sequenze raccapriccianti che intanto hanno fatto il giro sui vari profili, la bravata che Facebook consente al violento di turno per far vedere a tutti quanto “io sono potente”, “come lo so fare”, “come vi pesto nel caso mi faceste un torto”, “come divento spettacolo per gli altri del branco che mi filmano mentre mi incitano e si divertono”…”quanto sono, in nuce, un boss” .
Un agito violento di cui il web ha consentito la disturbante visione, un insulto alle sensibilità, un insopportabile ed inaccettabile invito alla emulazione. Unico vantaggio è che le forze di polizia siano riuscite ad individuare il responsabile, altrimenti impunito, e assunto i dovuti provvedimenti giudiziari.
Ma non deve essere questo il fine della comunicazione libera e facilitata del web. Se esso continua a seminare violenza e perversioni non potranno di certo nascere circuiti virtuosi che sostengano la cultura in genere e quella della pace in particolare.
La pace, la cooperazione, la legalità, il confronto sano sembrano essersi allontanati ed ignorati nel web se non per le “piacerie” tra singoli individui, pur esse, spesso, fastidiose ipocrisie mal celate.
La cultura della pace e lo sprone alla legalità dovrebbero invece dilagare nel web ed orientare il pensiero e l'azione creativa dell'uomo verso la “costruzione” in senso lato, nel rispetto della interculturalità, delle diversità personali, politiche e religiose.
Tutto sembrano aver stimolato i social media tranne che queste dimensioni, colpevoli di essere “volutamente inconsapevoli” del clima rissoso che sostengono e delle eversive conseguenze.
Dispiace constatarlo ma, oggi, questo è lo stato dell'arte.