Durante il lockdown aumentano le distribuzioni alimentari e le richieste d'ascolto mentre si allargano le fasce sociali in difficoltà
«Caritas aperta e diffusa in risposta all'emergenza». Queste le parole di monsignor Giuseppe Schillaci, delegato Cec per il servizio della Carità e vescovo della diocesi di Lamezia Terme, che, in un momento così difficile non solo per la Calabria ma per l'intero Paese, richiama l'attenzione sulla presenza e sulla responsabilità dell'operato di Caritas sui nostri territori; dove fin dall'inizio del l'emergenza c'è stata la necessità immediata di dare risposte concrete all'aumento delle persone in difficoltà. «Nella nostra regione - sostiene monsignor Schillaci - , l'emergenza sanitaria si sta traducendo velocemente in una vera e propria emergenza sociale, alla quale ci stiamo impegnando a rispondere con grande senso di responsabilità».
Nelle Caritas diocesane, dunque, i centri d'ascolto sono rimasti attivi e lavorano per via telematica. Le mense continuano a preparare dei pasti caldi, ma d'asporto per evitare il rischio di contagio, con un incremento di richieste di almeno il 50%, lo stesso aumento che si riscontra nella distribuzione dei pacchi alimentari. Le altre attività di supporto e accoglienza, allo stesso modo, stanno registrando un accrescersi delle domande e proseguono a porte chiuse. A fare richiesta per la prima volta alle Caritas sono i lavoratori ad ore e stagionali, del settore agricolo, turistico e dell'edilizia, insieme a badanti e colf, che non essendo tutelati da formule contrattuali, e venendo meno le possibilità lavorative, si ritrovano senza risorse.
Tra le iniziative di solidarietà portate avanti in questo periodo dalle Caritas c'è il contributo che ogni diocesi si è impegnata a devolvere in favore del sistema sanitario calabrese, talvolta con delle donazioni in denaro e in altri casi con l'acquisto di strumentazione medica.
Ad essere coinvolti in prima linea nei servizi di Caritas non sono soltanto gli operatori, ma anche gli stessi parroci, che si sono attivati per rispondere alle richieste delle loro comunità, portando dei beni di prima necessità alle famiglie e offrendo loro assistenza e sostegno, adempiendo la missione evangelica di riconoscere e far valere i diritti di ogni cittadino, come afferma monsignor Schillaci: «La Chiesa ha cercato di rispondere a chi in questo momento ha bisogno di aiuto e solidarietà, la chiesa c'è, è presente per tutti i cittadini nella sua opera di evangelizzazione: un vangelo che si incarna nella concretezza dei gesti, nella preoccupazione e nella cura che oggi più che mai sono indirizzate agli ultimi».
«Dobbiamo accogliere quest'emergenza come una sfida, che ci sollecita a trasformare il nostro modo di operare, per continuare ad ascoltare e servire la gente, e contribuire, così, alla crescita della nostra Calabria», è il punto di vista di don Nino Pangallo delegato regionale di Caritas che, di fronte all'attuale condizione socio-economica delinea le criticità e i punti di forza che caratterizzano gli interventi delle Caritas. Secondo don Pangallo in questa fase è fondamentale recuperare la dimensione dell'ascolto, per non ricadere in un riduttivo assistenzialismo. La maggior parte delle richieste d'aiuto ricevute dalle Caritas, infatti, sono dovute a problematiche sociali, oltre che economiche, perciò Caritas deve prendersi carico anche delle nuove esigenze che stanno nascendo tra le persone in difficoltà, e sta cercando di strutturare una risposta adeguata ed efficace per tutti.
Un ruolo importante hanno anche le relazioni con le istituzioni, non bisogna dimenticare, infatti, che la crisi è arrivata mentre la Regione Calabria stenta ancora ad attuare una Riforma del sociale; in un territorio dove, anche prima del lockdown, i Comuni dovevano far fronte a carenze di personale e di risorse.
Davanti a questa situazione Caritas ha provato a supportare i cittadini in difficoltà anche attraverso l'advocacy, ovvero con il supporto attivo offerto a coloro che da soli non hanno le possibilità di richiedere gli aiuti economici messi a disposizione dalle politiche governative. Per far valere i propri diritti e usufruire delle misure d'intervento disponibili, oggi, c'è bisogno di un computer, di una mail, risorse che non tutti i cittadini possiedono, e che dunque si sono rivolti a Caritas. «I poveri hanno diritti come gli altri, perché sono cittadini - ricorda don Pangallo - e vanno sostenuti maggiormente».
La missione di Caritas e della comunità cristiana secondo monsignor Schillaci, prima di tutto deve dare voce a chi non ha voce: «Il gesto ecclesiale di Caritas Italiana in questo momento è rivolto prima di tutto agli invisibili, a coloro che non contano perché non hanno un peso politico. Una comunità cristiana deve essere capace di prendersi cura di coloro a cui vengono negati i diritti, deve coinvolgere e far coinvolgere i cittadini in una comunità solidale, dove il baricentro sarà costituito dalla reciprocità tra le persone. Non è possibile seguire la logica individualistica del “prima vengo io” o del “prima veniamo noi”, dobbiamo dilatare il nostro cuore e la nostra bontà, perché ognuno di noi esiste come persona ed ha dei diritti solo all'interno di una comunità».