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Vita diocesana

Giovedì santo, Messa in Coena Domini del vescovo tra gli ospiti della casa famiglia Dopo di noi

Redazione · 5 anni fa

La celebrazione di apertura del triduo pasquale nell'immobile confiscato alla mafia

La “Casa Famiglia Dopo di Noi” è stata scelta dal Vescovo Cantafora per la celebrazione del giovedì Santo. Infatti il vescovo celebrerà la Messa In Coena Domini alle ore 16.

Il palazzo di via dei Bizantini, bene confiscato alla mafia, e divenuto casa di accoglienza e di vita per alcune persone vulnerabili e più sole, per i minori stranieri non accompagnati della Comunità Luna Rossa e Sportello informativo per i diritti delle persone con disabilità, sarà il luogo che apre alle solennità del Triduo Pasquale.

Un segnale forte, voluto da S.E. Mons. Luigi Cantafora, il quale ha scelto di pregare per e con questa comunità fragile, che però ha anche saputo trovare nella fede, nella speranza e nella carità la forza del riscatto non solo per se stessa.

Un gesto assoluto di consegna, di umiltà e di servizio, quello di Gesù che nel lavare i piedi agli apostoli si fa servo amando “sino alla fine”, che si tramuta in azione sociale forte per chi, vivendo la fraternità, sceglie di ravvivarla quotidianamente nel proprio essere un dono, un luogo di persone e di servizio per gli altri.

«Il rito dell’ultima cena di Gesù coi discepoli è un gesto religioso. Si compie un rito, ma i cristiani sappiamo i suoi significati sublimi. – dice Don Giacomo Panizza, presidente della Comunità Progetto Sud – Celebriamo il dono a caro prezzo della vita di Gesù data per noi. Veneriamo un Dio che sottomette nessuno ma anzi ama e serve le sue creature. La lavanda dei piedi è un gesto che disegna la presenza attiva dei cristiani nel mondo, li colloca dove ci sono disuguaglianze, ingiustizie, primi e ultimi e indica da quale parte stare. Celebrare la cena del Signore in un bene confiscato alle mafie e insieme alle persone fragili è un gesto religioso, tiene la Chiesa ai piedi dell’umanità crocifissa e interpella i popoli, le culture e i poteri: valutate voi se questo sia anche politica»!

«A chi svolge una lavoro sociale professionale o di volontariato – afferma don Giacomo – “lavare i piedi” a chi è vulnerabile rammenta che è per gli ammalati che esiste l’ospedale, per i bambini che esiste la scuola, per gli ultimi che esistono i primi… e non per mantenerli ammalati, ignoranti, ultimi. Gesù, dopo aver lavato i piedi agli apostoli disse intenzionalmente: “Vi ho dato un esempio, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. Il messaggio a chi lavora nel sociale non è solo di aiutare i più deboli, ma è la loro emancipazione; è quello di far strada agli ammalati, ai bambini e agli ultimi affinché essi posseggano a loro volta la dignità di “potere” aiutare e amare gli altri».