Da Panama, città-istmo tra due Oceani, “hub” della speranza, Papa Francesco sprona i giovani a essere protagonisti di “una nuova Pentecoste” per la Chiesa e il mondo, facendo sedimentare l’esperienza vivificante del Sinodo e mettendosi in cammino per Lisbona, sede nel 2022 della 37ª Gmg
Quattro abbracci con i giovani, tre parole d’ordine ricorrenti: amore, passione, concretezza, per realizzare insieme un sogno comune chiamato Gesù. Questa, in sintesi, la Gmg di Panama, in cui Francesco ha esortato i giovani a prendere coscienza di un’urgenza: “Voi non siete il futuro, siete l’adesso di Dio”. L’esempio da seguire è quello di Maria, la più grande “influencer” della storia all’insegna del primato della concretezza del reale sul mondo spesso illusorio e fuorviante del digitale. Ma anche quello di Oscar Arnulfo Romero, il suo “sentire con la Chiesa” come bussola per testimoniare da cristiani nelle sfide poste dal mondo. Dalla città-istmo tra due oceani, definita “hub” della speranza, Francesco sprona i giovani ad essere protagonisti di “una nuova Pentecoste” per la Chiesa e il mondo, facendo sedimentare l’esperienza vivificante del Sinodo sui giovani e mettendosi in cammino per Lisbona, sede nel 2022 della 37ª Giornata mondiale della gioventù.
“Uno dei frutti del recente Sinodo è stata la ricchezza di poterci incontrare e, soprattutto, ascoltare”.
Nella Messa al Metro Park, occasione per il quarto e ultimo abbraccio con i giovani per la Gmg di Panama (erano circa 700mila) – come aveva già fatto nel suo primo abbraccio con loro, per la cerimonia di apertura ufficiale – il Papa ha tracciato un “filo rosso” tra il Sinodo sui giovani e la Gmg da lui fortemente voluta in questa piccola, ma strategica periferia che fa da cerniera alle due Americhe. “La ricchezza dell’ascolto tra generazioni, la ricchezza dello scambio e il valore di riconoscere che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che dobbiamo sforzarci di favorire canali e spazi in cui coinvolgerci nel sognare e costruire il domani già da oggi”, l’elenco di Francesco di cui i giovani e la Chiesa, in relazione reciproca, sono chiamati a far tesoro: “Ma non isolatamente, uniti, creando uno spazio in comune. Uno spazio che non si regala né lo vinciamo alla lotteria, ma uno spazio per cui anche voi dovete combattere”.
“Perché voi, cari giovani, non siete il futuro, ma l’adesso di Dio”,
l’appello del Papa: “Lui vi convoca e vi chiama nelle vostre comunità e città ad andare in cerca dei nonni, degli adulti; ad alzarvi in piedi e insieme a loro prendere la parola e realizzare il sogno con cui il Signore vi ha sognato. Non domani ma adesso”. “Sentite di avere una missione e innamoratevene, e da questo dipenderà tutto”, la consegna al popolo giovane: “Potremo avere tutto, ma se manca la passione dell’amore, mancherà tutto. Lasciamo che il Signore ci faccia innamorare!”.
“Dio è reale perché l’amore è reale, Dio è concreto perché l’amore è concreto”, la tesi di Francesco, che chiede ai giovani un “sì” per “una nuova Pentecoste al mondo e alla Chiesa”. Non domani, ma adesso, perché per Dio non c’è un “frattanto”: nel “frattanto” i sogni perdono quota e diventano “illusioni rasoterra”, piccole e tristi.
“Senza lavoro, senza istruzione, senza comunità, senza famiglia”: sono i quattro “senza” che “uccidono”.
Li elenca il Papa rispondendo alle domande dei giovani, durante la Veglia al Metro Park: “Senza istruzione è difficile sognare il futuro; senza lavoro è molto difficile sognare il futuro; senza famiglia e comunità è quasi impossibile sognare il futuro. Perché sognare il futuro significa imparare a rispondere non solo perché vivo, ma per chi vivo, per chi vale la pena di spendere la vita”. Come aveva già fatto nel suo primo giorno a Panama, Francesco torna sul primato del reale sul virtuale, di cui la “testimonial” più celebre è Maria:
“Non basta stare tutto il giorno connessi per sentirsi riconosciuti e amati. Sentirsi considerato e invitato a qualcosa è più grande che stare nella rete”.
“Abbracciare la vita come viene”, l’altro invito: anche quella di chi è disabile o in prigione. Ed è stato proprio il Papa a dare l’esempio, nelle due “prime volte” di una Gmg: la visita al carcere minorile di Pacora, dove ha celebrato con i giovani detenuti la liturgia penitenziale e nella visita alla Casa Hogar del Buen Samaritano, dopo la Messa dell’ultimo giorno, per stare vicino a 60 ragazzi in difficoltà, tra cui alcuni malati di Aids, vera piaga di questo angolo del Centroamerica. Nella Via Crucis nel Campo San Juan Pablo II, il parco urbano di Panama che porta il nome dell’ideatore della Gmg, Francesco ha recitato una grande e intensa preghiera dove ha ricordato che il Calvario di Gesù si prolunga in tutti i dolori del mondo: dall’aborto al femminicidio, dalla violenza agli abusi, dal bullismo alle “reti di gente senza scrupoli – tra di loro si trovano anche persone che dicono di servirti, Signore –, reti di sfruttamento, di criminalità e di abuso, che mangiano sulla vita dei giovani”.
“Ognuno di noi è molto di più delle sue etichette”, il monito dal carcere minorile di Pacora, esempio di eccellenza nell’inclusione, nel reinserimento e nell’integrazione: “Una società si ammala quando non è capace di far festa per la trasformazione dei suoi figli: una comunità si ammala quando vive la mormorazione che schiaccia e condanna, senza sensibilità”. Ritornano alla mente le parole pronunciate nel primo abbraccio di Pietro al popolo giovane di Panama: “Siete veri maestri e artigiani della cultura dell’incontro”. Ancora una volta, come al Sinodo, i giovani salgono in cattedra. È da loro che gli adulti devono imparare: per una “politica autenticamente umana” che dica “no” alla corruzione, per accogliere, promuovere, proteggere e integrare i migranti, molti dei quali hanno un volto giovane.
(fonte AGENSIR)