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Liturgia

TERZA DOMENICA DI AVVENTO: "CHE DOBBIAMO FARE?"

Giovanni Maria Cataldi · 12 anni fa

Siamo ormai liturgicamente al culmine di quel traghettamento che il Signore Dio, tracciando la storia della salvezza, ha collocato come quasi punto di arrivo al Suo avvento nelle vicende di un popolo, il Suo popolo, sprofondato in un periodo di degrado morale e religioso sul quale sarà bene riflettere, anche se “en passant”, e per la cui riflessione siamo invitati a leggere le pagine del profeta Sofonia inserite nelle letture indicate per questa domenica liturgica. Sofonia è un profeta del secolo VII che legge attentamente la storia del suo tempo e lancia di conseguenza un messaggio che è anzitutto un invito alla conversione rivolto agli umili del paese. Ed è la storia di questi nostri stessi tempi, in cui degrado morale e relativismo imperante sono componente dilagante di una società che crede di poter vivere come se Dio non esistesse. Nel mare tempestoso della navigazione verso l’approdo indicato dalla risurrezione di Gesù, la nave della Chiesa non ha timore di smarrirsi, conoscendo bene Chi è il condottiero che la guida; anzi, proprio da tale situazione di estremo pericolo, lancia un invito pressante alla gioia che basa le sue motivazioni sulla certezza che qualcosa di sconvolgente avverrà, per come ne era certo il profeta Sofonia nella nota sequenza dei verbi della speranza certa e gioiosa: “gioisci . . . Rallegrati . . .Non temere … non lasciarti cadere le braccia …”- Ed allora, il profeta Sofonia trasforma gli inviti in indicazioni per eventi in arrivo, prossimi: “Il Signore tuo Dio in mezzo a te, è un salvatore potente. Esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore, si rallegrerà per te con grida di gioia, come nei giorni di festa”. Il popolo di Dio, nella gioia annunciata, deve allora impegnarsi a lodare e ringraziare il Signore, sottolineando come la necessità del ringraziare significa soprattutto riconoscere che il Signore agisce in noi e per noi, significa partecipare alla stessa gioia di Dio. Un ringraziamento che ad un certo punto diventa preghiera, come estrapoliamo dal Libro dei Salmi: “Mia forza e mio canto è il Signore; Egli è stato la mia salvezza”. San Paolo poi aggiunge: “…in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti”. Perché, allora, GIOIRE: innanzitutto, come sottolinea il profeta Sofonia, perché “il Signore ha revocato la tua condanna”, ovvero è disposto al perdono in quanto Egli è un Dio misericordioso, lento all’ira e grande nell’amore! Altro motivo dei GIOIRE è perché il Signore è vicino a noi, è con noi. San Paolo sottolinea: “Il Signore è vicino”; “Ti rinnoverà con il suo amore”. Qualcuno ha scritto che c’è anche una “ricetta della gioia”, che evidenzia così: per essere lieti ci vogliono tre cose: qualcuno da AMARE; qualcosa da FARE; qualcosa in cui SPERARE. Tradotto significa: AMARE Dio e il prossimo; DARSI DA FARE per portare un po’di gioia attorno a sé, nella ATTESA dell’incontro definitivo con il Signore. Chi non è mai contento non è un buon cristiano. Perché la gioia fa parte della fede, nasce dalla speranza e costituisce di per sé una squisita forma di carità. Si, è bello aver conosciuto ed amare il Signore; ed in tutto questo il Vangelo di Luca fa scorrere in sequenza tre domande che vennero rivolte al Signore e tutte dello stesso tenore: “Che dobbiamo fare?” –La prima risposta è quella di Giovanni: un invito alla fedeltà momento per momento nella vita di ogni giorno. Fedeltà in tutte la situazioni pratiche della vita, così come le pone Gesù: dare da mangiare agli affamati e da bere agli assetati. “non esigere nulla di più di quanto vi è stato fissato”. Non maltrattare e non estorcere niente a nessuno. Contentatevi delle vostre paghe. Ogni riferimento è puramente sottointeso ! Il tempo del giudizio definitivo si avvicina. Saremo come la pula che è buona sola da bruciare, o come il grano che viene raccolto? Giovanni Maria Cataldi