Messa del Papa al Foro Italico in onore di padre Pino Puglisi
“Non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore”. Nel capoluogo della Sicilia, davanti a decine di migliaia di persone radunatesi qui da tutta l’Isola nonostante il caldo ancora estivo, il Papa ha dedicato la parte centrale dell’omelia della messa dedicata a padre Pino Puglisi alla lotta alla mafia. “Oggi abbiamo bisogno di uomini di amore, non di uomini di onore; di servizio, non di sopraffazione; di camminare insieme, non di rincorrere il potere”, ha ammonto Francesco: “Se la litania mafiosa è: ‘Tu non sai chi sono io’, quella cristiana è: ‘Io ho bisogno di te’. Se la minaccia mafiosa è: ‘Tu me la pagherai’, la preghiera cristiana è: ‘Signore, aiutami ad amare'”. “Perciò ai mafiosi dico: cambiate! Fratelli e sorelle”, l’appello del Papa, 25 anni dopo il grido di Giovanni Paolo II dalla valle dei templi di Agrigento e quattro anni dopo le parole pronunciate a Sibari: “Smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi, convertitevi al vero Dio di Gesù Cristo! Altrimenti, la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte”. “Non si può seguire Gesù con le idee, bisogna darsi da fare”, l’altro appello rivolto ai siciliani, sulla scorta di don Pino, che amava ripetere: “Se ognuno fa qualcosa, si può fare molto”. “Quanti di noi mettono in pratica queste sue parole?”, ha chiesto il Papa alla folla del Foro Italico: “Oggi, davanti a lui domandiamoci: ‘Che cosa posso fare io? Che cosa posso fare per gli altri, per la Chiesa?. Non aspettare che la Chiesa faccia qualcosa per te, comincia tu. Non aspettare la società, inizia tu! Non pensare a te stesso, non fuggire dalla tua responsabilità, scegli l’amore!”.
“Oggi siamo chiamati a scegliere da che parte stare: vivere per sé o donare la vita”. È netta e senza mezzi termini l’alternativa posta dal Papa alle decine di migliaia di palermitani e siciliani . “Solo dando la vita si sconfigge il male”, ha affermato Francesco nell’omelia: “Don Pino lo insegna: non viveva per farsi vedere, non viveva di appelli anti-mafia, e nemmeno si accontentava di non far nulla di male, ma seminava il bene, tanto bene. La sua sembrava una logica perdente, mentre pareva vincente la logica del portafoglio. Ma padre Pino aveva ragione: la logica del dio-denaro è perdente”. “Guardiamoci dentro”, l’invito del Papa: “Avere spinge sempre a volere: ho una cosa e subito ne voglio un’altra, e poi un’altra ancora, sempre di più, senza fine. Più hai, più vuoi: è una brutta dipendenza. Chi si gonfia di cose scoppia. Chi ama, invece, ritrova se stesso e scopre quanto è bello aiutare, servire; trova la gioia dentro e il sorriso fuori, come è stato per don Pino”. “Venticinque anni fa come oggi – ha proseguito Francesco ricordando il giorno dell’uccisione del primo martire caduto per mano della mafia – quando morì nel giorno del suo compleanno, coronò la sua vittoria col sorriso, con quel sorriso che non fece dormire di notte il suo uccisore, il quale disse: ‘c’era una specie di luce in quel sorriso’. Padre Pino era inerme, ma il suo sorriso trasmetteva la forza di Dio: non un bagliore accecante, ma una luce gentile che scava dentro e rischiara il cuore. È la luce dell’amore, del dono, del servizio”. “Abbiamo bisogno di tanti preti del sorriso, di cristiani del sorriso, non perché prendono le cose alla leggera, ma perché sono ricchi soltanto della gioia di Dio, perché credono nell’amore e vivono per servire”, l’appello del Papa: “È dando la vita che si trova la gioia, perché c’è più gioia nel dare che nel ricevere” (Agensir)