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Liturgia

PRIMA DOMENICA DI AVVENTO- Invito alla conversione

Giovanni Maria Cataldi · 12 anni fa

La prima domenica di Avvento è giusto e significativo definirla come il “capodanno cristiano o della Chiesa cattolica”. Infatti siamo passati dal Tempo Ordinario al nuovo anno liturgico che ci farà compagnia fino alla prima domenica di Avvento del prossimo anno. Ma cosa significa Avvento? Il vangelo ci invita ad annunciare un’altra venuta di Cristo, quella che teologicamente viene definita la “Parusia”, ovvero la sua venuta futura, alla “fine dei tempi”: venuta gloriosa e trionfante che porterà a definitivo compimento il mistero pasquale.

Il Signore viene, dunque, e questa è una certezza ed una esplosione di gioia nell’attesa di tale evento, tanto che san Paolo, nella sua lettera ai Romani, così esorta: “Fratelli, è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti”. Da sottolineare quel richiamo: “è più vicina ora”, in questo momento quando dobbiamo impegnarci per entrare nel tempo del compimento che è stato inaugurato con la prima venuta del Signore Gesù e che attende di giungere a pienezza con la sua seconda venuta, nella gloria ed anche nel giudizio finale. Per rimanere con l’esortazione e la spiegazione teologica che ci fa san Paolo su questa indicazione offerta da Gesù, diciamo allora che siamo tutti invitati ad entrare in questo “tempo di grazia”, vivere questa apertura al futuro, perché la notte sta per terminare e Cristo sta per arrivare con tutta la sua gloria. L’Avvento, ha scritto un noto teologo, “è il tempo del passaggio di Dio”; Egli è vicino a noi, è in noi stessi, se lo lasciamo entrare nel nostro cuore. Venite, andiamo fin d’ora nella Casa del Signore, esclama un salmo. E, a proposito, si racconta che “un giorno un vecchio e saggio rabbino domandò ai suoi giovani allievi: . , risposero i discepoli, citando la Bibbia: . , sorrise l’anziano maestro: ”.

Il tempo dell’Avvento che stiamo inaugurando oggi nella festa della celebrazione liturgica sarà dunque un tempo di vigilanza per accogliere il Cristo ogni giorno, un tempo per essere desti e pronti per cogliere la sua presenza negli avvenimenti quotidiani, un tempo per accogliere Cristo nei cuori ed annunciarlo come speranza del mondo, perché l’Avvento è speranza per tutti.

Il Salmo 121 così fa cantare: “Alzati, Figlia di Sion, corri, Vergine di Israele e cammina con gioia al Signore che viene”.

Il Signore che viene, dunque. Ma quando verrà? Più volte Gesù ce lo ha ricordato e ci ha insegnato che nessuno è a conoscenza di questo tempo, se non solamente il Padre. Ma Gesù, nel Vangelo, ci insegna anche due risvolti importanti: da un lato, ci dice, questa sua venuta sarà addirittura sgradevole ed improvvisa com’è quella di un ladro; dall’altro lato ci ricorda anche, però, che vi saranno dei “segni” della sua venuta, segni che però non sono di facile interpretazione in quanto – appunto- essi non servono tanto a prevedere quando il Signore verrà, ma semmai a riconoscerlo già presente. Cosa significa questo, da un punto di vista teologico ma principalmente escatologico? Da una parte che Gesù apparirà improvvisamente, inaspettatamente e sgradevolmente come un ladro solo per coloro che non lo amano, non gli obbediscono e non lo attendono; dall’altra parte darà invece segni della sua venuta a color che contribuiscono alla costruzione del Regno, operano sempre ai suoi ordini nell’ascolto della sua Parola e quindi ne desiderano ardentemente la venuta sapendo che essa, seppure tra gravi prove e sofferenze, significherà per loro l’ingresso nell’eterna beatitudine.

Vegliate e siate pronti, esorta Gesù, “perché nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà” (Mt 24,44).

In conclusione, l’Avvento- specialmente nelle prime due domeniche- ci invita ad impegnarci a convertirci dalle vie del male e a mutare il nostro modo di vita finché abbiamo tempo di farlo, perché non ci sorprenda impreparati quel giorno.

Il brano tratto dal profeta Isaia ci riporta quanto avvenne ai tempi di Noé: “Mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui Noé entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece perire tutti”. Quei poveracci se l’aspettavano quella loro fine improvvisa? Essi ponevano la loro speranza in questo mondo e cercavano una sicurezza di vita, ma al di fuori della regione della sicurezza: e si salvarono solo quelli che erano entrati nell’arca, sotto la protezione del Signore, ubbidendo solo a Lui, a Lui rendendo ragione della loro vita.

Noi vogliamo vivere questo tempo di attesa con la nostra Madre celeste, la Madre dell’Attesa. Con Lei vogliamo così pregare: “Signore, siamo tutti poveri davanti a Te. Aiutaci ad esprimere il nostro bisogno di Te ed a testimoniare al cospetto di quanti ci chiedono solidarietà, disponibilità, ascolto, affetto.

Giovanni Maria Cataldi