Un caro saluto a tutti voi che siete qui convenuti per la presentazione del XXV Rapporto Immigrazione. Mi associo a monsignor Bertolone e a monsignor Graziani nell’esprimere il mio apprezzamento per la presenza di monsignor Perego e per il lavoro portato avanti da padre Bruno Mioli e da padre Valerio, perché ci aiutano a essere vigili e sensibili nei confronti di questo dramma epocale, quale può essere appunto l’immigrazione. Secondo il sociologo Bauman, la paura è il demone della nostra epoca. Abbiamo paura a causa della nostra ignoranza e ci sentiamo immersi in un’insicurezza generale. Ciò che trasforma gli stranieri in pericoli è l’assenza di una conoscenza reale delle loro intenzioni e del loro comportamento. Ci mancano le competenze che servono per affrontarli in modo adeguato e per rispondere alle loro mosse. In più, gli stranieri — soprattutto i migranti, i nuovi venuti — tendono a mettere in questione quello che “noi”, i nativi, siamo. Ci spingono, anzi, quasi ci obbligano a spiegare in che modo raggiungiamo gli obiettivi della nostra vita. A rendere ragione di convinzioni e comportamenti che per noi sono ovvi, evidenti. Facendo così, quindi, disturbano. Sconvolgono la nostra tranquillità spirituale e intaccano la nostra sicurezza.
Cosa può vincere questo generale clima di insicurezza?
Come ha affermato Papa Francesco, ricevendo il Premio Carlo Magno, è necessario incrementare e assimilare la pratica quotidiana della “cultura del dialogo” come strada maestra per la coesistenza pacifica degli uomini e, al tempo stesso, per una graduale, ma decisa dispersione delle reciproche paure. La cultura dell’incontro allora può nascere solo come un modo di vivere e di concepire la propria esistenza in un dialogo con gli altri. Carissimi amici impegniamoci tutti come Chiesa a vivere l’opera di misericordia dell’accoglienza, aprendo cammini di integrazione e di rispetto della dignità umana di ciascuna persona. Grazie a monsignor Perego e alla Migrantes, capillarmente diffusa in Italia, perché con il suo impegno, testimonia la realtà della Chiesa come essere strumento di comunione e di dialogo. Per questo motivo, il Santo Padre ha ben ricordato che “Chi costruisce muri non è cristiano. è cristiano chi costruisce ponti”. Che ognuno di noi sia un ponte verso l’altro, un aiuto per l’altro, un cristiano capace di vincere la paura e l’ignoranza e generare una cultura di dialogo e di incontro.Grazie!
La parola del Vescovo
Ognuno di noi sia un ponte verso l'altro
Salvatore D'Elia · 8 anni fa