«La Chiesa non smette mai di costruire ed è per questo che il suo capo è il Pontefice – cioè colui che costruisce ponti – i templi sono ponti per raggiungere la gloria». Il sogno di una nuova concattedrale per la città e la Diocesi di Lamezia ha avuto la possibilità di concretizzarsi in occasione della visita di Papa Benedetto XVI, il 9 ottobre 2011. Pertanto la sua progettazione e la sua edificazione appaiono come un sigillo a memoria di quel giorno. Ed è per questo che la bella frase di Gaudì ben si sposa per la nuova chiesa concattedrale, in quanto proprio da quella visita, colta come un radicamento sorgivo, è nata la volontà di costruire la nuova Domus Ecclesiae, dedicata a San Benedetto, legando l’opera alla visita del Papa nel frattempo divenuto emerito. D’altro canto è indubbia la rilevante esigenza di nuovo spazio che potesse favorire l’incontro liturgico con Cristo, per una comunità numericamente cresciuta. L’antico e pregevole Duomo, nel quartiere storico di Nicastro, già da anni risultava angusto e infelice per l’assemblea liturgica diocesana. La nuova Domus Ecclesiae si presenta gravida di motivazioni non solo celebrative a memoria di un evento unico, ma anche logistiche e funzionali per una comunità cristiana di quasi centocinquantamila battezzati. A tal proposito, il nuovo complesso arriva a contenere ottocento posti per i fedeli, cento invece per i ministri nel del presbiterio. Il riferimento a un tempo preciso – un kairos coinciso con la visita di Papa Benedetto XVI - e uno spazio adeguato, per una comunità cristiana sembrano all’origine della Concattedrale. Eppure tutto ciò seppur importante, è poca cosa rispetto alla questione fondamentale che l’edificazione di una Chiesa pone a tutta una comunità. Affermava Mayer—Pfannholz: «C’è sempre una comunanza di destino tra la chiesa e la liturgia: nei due processi storici c’è un solo problema: come gli uomini di un determinato tempo comprendono e vivo il mistero di Cristo e della sua Chiesa». Se questo problema si imposta come la questione fondante, il progetto per una nuova Concattedrale assume una connotazione cristologica ed ecclesiologica pregnanti. Una costruzione del genere, non può essere lasciata alla perizia di un tecnico o alla pura creatività dell’artista, seppur geniale, in quanto si tratta di cogliere la veste più adatta per un corpo che già esiste, la Chiesa locale di Lamezia Terme. L’opera architettonica da principio si rivela come un’opera teologica in cui tempo, spazio, intuizione e creazione artistica possono consegnare la suggestione di una Chiesa che si offre ai credenti e anche a chi non vi entrerà mai. In tale prospettiva, anche l’interazione creativa e dinamica con il territorio risulta vitale a motivo della comunicazione e dell’annuncio della fede, essenziali per l’esistenza stessa della Chiesa in un luogo. Forse anche per questo, la Concattedrale è grande. è grande perché aperta a tutti. Ognuno può entrarci, avere un posto. Il tempio greco e il suo recinto sacro concepivano lo spazio per la divinità, ma non per il popolo e potevano entrarvi solo i sacerdoti. Anche nei templi di Roma, l’unico ad avere accesso era l’augure. Nella chiesa cristiana invece, lo spazio è grande, capiente, arioso perché la Chiesa è aperta a tutti, persino ai malvagi, ai peccatori. Tutto ciò aiuta a comprendere, come da sempre, alla costruzione della Chiesa sia legata l’autocoscienza ecclesiale da affidare a una opera complessa, in quanto chiamata a dare voce e spazio a tutte le membra del corpo celebrante ecclesiale.
Vita diocesana
Antoni Gaudì: “La Chiesa non smette mai di costruire ed i suoi templi sono ponti per raggiungere la gloria”
Gigliotti Saveria Maria · 9 anni fa