“Sai chi stai difendendo? Uno che va contro la società, la religione.. Un comunista, un senza Dio, un tuo nemico”. Con queste provocazioni il comandante Bergmann cercava inutilmente di convincere don Pietro a confessare dove si trovavano i partigiani compagni di Manfredi in una delle scene più significative del film “Roma città aperta” di Rossellini. E qualche scena dopo lo stesso ufficiale nazista, che in nome di Dio voleva convincere don Pietro a tradire l’amico, va da Manfredi sottoposto a terribili torture e tenta di convincerlo usando la stessa strategia: voi vi siete alleati con le forze della reazione, la Chiesa, ma una volta che Roma sarà liberata, loro saranno contro di voi, saranno i vostri nemici. Riguardando le scene di uno dei film più rappresentativi del neorealismo cinematografico, vediamo come in ogni situazione storica, nella lotta tra il bene e il male, tra i prepotenti che si impongono con la violenza e i miti che non hanno altra difesa se non la testimonianza della verità, ci sono dei punti di contatto che vorrebbero far avvicinare i due mondi, una sorta di “zona grigia” dove ci si può rifugiare per non sopportare le conseguenze delle proprie scelte. E di esempi di questo tipo in quelle scene in bianco e nero del capolavoro di Fellini ne troviamo tante: si usa il nome di Dio per arrivare ai propri obiettivi e per dividere due fraterni amici; si mette zizzania per far dubitare un uomo della sincera amicizia di un altro uomo; si arriva a domandare di fronte a delle sofferenze inumane “Dov’è il tuo Dio…?”, mentre ad essere sporche di sangue innocente sono le mani degli uomini e non quelle di Dio. Rileggendo la Passione del Signore, nella domenica della Palme, rileggiamo tutta la storia dell’umanità di ieri e di oggi che si rende visibile nelle ultime ore della vita terrena di Gesù Cristo. Sarebbe semplice poter dividere nella Passione di Gesù i personaggi tra buoni e cattivi, tra negativi e positivi, secondo lo schema classico narrativo di una favola o di una fiaba. Ma proprio perché non si tratta di una fiaba, ma di una storia autenticamente umana, di un uomo che carica su di sé tutta la sofferenza dell’uomo di ieri e di oggi, la linea di demarcazione non è così semplice. Anche all’uomo più cattivo, come il comandante Bergmann del film di Rossellini o gli stessi protagonisti della condanna a morte e della crocifissione di Gesù, non sfuggono quelle strategie sottili per far passare il male di cui si è artefici come bene, la menzogna come verità, appellandosi a qualcosa di superiore, sia essa la legge morale o divina. “Sapeva che glielo avevano consegnato per invidia..” dice il Vangelo riguardo a Ponzio Pilato che tentava di liberare Gesù. Ma dietro quante menzogne è stata nascosta quell’invidia? E’stata nascosta appellandosi alla Legge di Israele; è stata nascosta paventando il rischio di sommosse nel popolo organizzate da Gesù di Nazareth e dalla sua “pericolosa setta”; è stata nascosta dietro una pubblica dichiarazione di fedeltà a Cesare “unico Re”, a quello stesso Imperatore romano per il quale gli Ebrei non erano che un popolo da cui esigere tributi e da schiacciare al primo tentativo di sommossa. E in quelle stesse ore in cui un intero popolo chiedeva la Crocifissione di un innocente, quante scappatoie per non testimoniare fino in fondo la verità, per non compromettersi, anche se in gioco c’era la vita di un uomo innocente? Fino al gesto passato alla storia del “lavarsi le mani”, icona di un potere tanto meschino quanto debole e indifferente di fronte alle più vigliacche ingiustizie contro gli innocenti. Dalla Passione di Cristo ai giorni nostri, non c’è manifestazione del male, anche la più atroce, che non tenti di camuffarsi ricorrendo alle strategie più astute e meschine. Le zone grigie del compromesso in cui non è più chiaro ciò che è bene e ciò che male, ma la verità viene rinegoziata a seconda degli interessi personali. Quanti ultimi nelle nostre città lasciati ai margini in nome di un’indifferenza che il volto “legalitario” del cavillo burocratico, che esclude e include dalla comunità guardando non ai volti delle persone ma a date e numeri. Quanti disperati respinti nel nostro Occidente cristiano e civile in nome della sostenibilità economica, in nome dello slogan “aiutiamoli a casa loro”, e di tutte le più fantasiose soluzioni comunicative per lavarsi la coscienza e mostrare che in fondo non si è proprio spietati ma addirittura si è persone di “buon senso”. E quante ferite vengono inflitte ogni giorno ai più fragili in nome di un vigliacco “buon senso”! La Passione di Cristo ci ricorda che come non c’è dolore innocente che non strazi il cuore di Dio, così non c’è chiusura di cuore o indifferenza umana che non debba rispondere di fronte al giudizio di Dio. Non c’è accanimento dell’uomo sull’uomo di cui non rispondiamo di fronte a quel Dio che ha scritto nella coscienza di ogni uomo la legge dell’amore. Di fronte a luì cadono le meschinità, i maquillage estetici per autoassolverci o per nascondere il male di cui siamo artefici, e resta solo quello che abbiamo o non abbiamo donato al fratello, il bene che abbiamo o non abbiamo ricercato, la pace che abbiamo o non abbiamo costruito. Per il cristiano non c’è soluzione di comodo, non c’è compromesso, non c’è un “noi” e un loro di fronte alle ragioni superiori della verità e all’amore. La sola consapevolezza del cristianoè quella espressa con serenità al comandante Bergman proprio da Don Pietro, a cui non interessa cosa abbia fatto e che tessera di partito abbia Manfredi, ma sa solo che “chi combatte per la giustizia e la libertà cammina nelle vie del Signore, e le vie del Signore sono infinite”. E che una volta morto l’amico straziato dalle torture, testimonierà fino in fondo la verità del Vangelo: “Volevate uccidere la sua anima: avete ucciso soltanto il suo corpo”!
Cultura e Società
“Sai chi stai difendendo? Un senza Dio.” Il dolore innocente, le autoassoluzioni umane
Antonio Cataudo · 9 anni fa