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Curinga - “…Nei primi anni Sessanta io avevo nove anni. Lasciai l’Italia dal porto di Napoli su una grande nave che attraversava un oceano senza fine…” Storie di emigrazione senza tempo di chi cerca una nuova patria

Cesare Natale Cesareo · 9 anni fa

Di tanto in tanto ci capita di aprire qualche cassetto o qualche scatola dove non guardavamo da tempo . Così è successo a me , costretto a rivedere e a controllare quali e quante cartelle e file il virus malvagio, che si era insinuato nel computer avesse criptano ; purtroppo tanti i documenti tante le foto che si sono dissolti nel nulla. La ricerca forzata mi ha portato a guardare anche tra i documenti e le tante mail che in questi anni sono giunte alla redazione del nostro sito e mi sono imbattuto in questa lettera-preghiera che voglio riproporre perché ci fa rivivere situazioni di emigrazione forzata che purtroppo continuano a ripetersi senza fine . Purtroppo non riesco a risalire all’autrice di questa lettera, se l’autrice dovesse leggerla, ci faccia sapere la sua identità per poter dare un volto ed un nome a questa bella lettera. Cesare Natale Cesareo LETTERA DAL CANADA (riceviamo e pubblichiamo) “ Negli anni Cinquanta e agli inizi degli Sessanta, l’Italia aveva appena iniziato a sentirsi sollevata dopo i devastanti effetti della guerra. Lei deve aver respirato con gran sollievo dato che testimoniò l’esodo agrodolce di molti dei suoi bambini, bambini dei quali non poteva occuparsi nello stato in cui era. Molti partirono per scelta in cerca di un nuovo paese che essi credevano fosse costruito sui sogni. Molti partirono a causa della situazione economica e politica ed altri per ragioni più personali e forse più tragiche. L’Italia deve essersi sentita un po’come si sentono molte persone dopo aver perduto molti chili, più leggere, più energiche, pronte per una nuova sfida, cogliendo un tipo di rinascita raggiunta a caro prezzo. Cosa fu di tutte quelle migliaia di bambini che lasciarono la loro casa? Quali le loro storie? E i loro risultati? Nei primi anni Sessanta io avevo nove anni. Lasciai l’Italia dal porto di Napoli su una grande nave che attraversava un oceano senza fine. Arrivai in Canada con mia sorella e mia madre per raggiungere mio padre che era partito cinque anni prima. Il sogno di mio padre era trovare un lavoro e creare una nuova casa per la mia famiglia. Non era un grande sogno. Nella mia memoria mio padre era quasi un’ombra, che avevo lasciato quando ero molto piccola. Per mia madre, dopo cinque anni di separazione, era diventato uno sconosciuto. La distanza non sempre avvicina i cuori. La mia storia non è diversa da molte storie di immigranti del tempo. Anche se ogni storia è unica e con circostanze uniche, ci sono similitudini che ci uniscono. Da bambini, a noi non era data la scelta di lasciare l’Italia per un nuovo Paese. Le scelte erano fatte per noi. Da donne e mogli, la scelta era di seguire il marito o il padre per riunire o tenere unita la famiglia. Per le donne ed i bambini, le scelta non esistevano. La parola vittima è una parola sgradevole, ma in molti casi noi eravamo proprio vittime del tempo e delle condizioni sociali ed economiche. Sebbene molti immigranti dall’Italia si sono sparpagliati in tutto il mondo, fino in Sud America ed all’Australia, alla fine degli anni Cinquanta ci fu un grosso afflusso di immigrati in Canada. Io sbarcai nel quartiere della Little Italy, la piccola Italia nel quartiere di College Street nella città di Toronto. Fu proprio in questo quartiere che iniziai a capire realmente chi ero in questo nuovo Paese. Fu però anche in questo quartiere che iniziai a capire il paese che avevo lasciato alle spalle. Il Paese che aveva permesso a molti di noi di partire senza domande o complimenti. Questo quartiere ospitava gli immigranti da ogni regione d’Italia. Il quartiere era una sinfonia di dialetti, abitudini, tradizioni e profumi ai quali non ero mai stata esposta in Italia. C’era qualcosa nei nostri volti che io riconoscevo, una similitudine nelle forme, nelle sfumature, nei colori, ma allo stesso tempo molto di noi era diverso. Ma noi eravamo qui, tutti noi eravamo considerati immigranti nel ghetto italiano di una città canadese, anche se eravamo così diversi nella lingua e nelle tradizioni regionali. Il mio primo giorno di scuola fu una presentazione degli amici ai quali mi sarei legata per sempre. Provenivano da diverse regioni d’Italia che in breve mi sarebbero diventate familiari. Come immigranti vivevamo in mondo ristretto ma imparammo ad aiutarci e a sostenerci l’un l’altro. La mia amicizia più intima e duratura è stata con le ragazze di Vallelonga e imparai ad amare le fette di soppressata fatta in casa così come il loro dialetto meraviglioso e diverso. Gli odori e i sapori mantenevano vivi i nostri ricordi. Noi crescevamo essendo a conoscenza di ciò che avevamo portato con noi: i tesori delle fotografie, biancheria e piccoli oggetti familiari di valore storico ed emotivo. Crescevamo rispettando ed accettando le tradizioni che le nostre madri ci avevano tramandato con tanto orgoglio. Noi stavamo crescendo in Canada ed il modo di vivere canadese era parte del nostro sviluppo ma allo stesso tempo le ben consolidate radici della terra natìa erano forti ed in crescita. Le esperienze che abbiamo condiviso hanno reso la nostra comunità sempre più vicina come la forza, il coraggio e la dedizione delle nostre madri e dei nostri padri. La loro abilità ad abbracciare una nuova cultura diversa, un nuovo modo di vivere per il miglioramento del nostro futuro non ha intaccato la voglia di mantenere quell’identità che avevano portato dalla madre patria aiutandoci a diventare adulti responsabili e sensibili, buoni cittadini per il nostro paese adottivo e figli riconoscenti ai nostri genitori. Noi abbiamo dato al Canada la nostra energia, il nostro talento, il nostro coraggio ed il duro lavoro. Abbiamo contribuito a costruire questo paese in quella nazione forte e democratica che è, ma al Canada abbiamo dato molto di più. Ci sono frammenti di colline calabresi, sole siciliano e cieli mediterranei, per tutto il paese. Essi sono vivi in ogni volto e ogni voce che ebbe origine nelle molte regioni d’Italia. Noi abbiamo influenzato il Canada con la nostra storia, la nostra cultura, le nostre tradizioni ed in particolare con le nostre passioni. Una passione fermamente radicata nelle regioni dei nostri ricordi e dei nostri cuori, lungo tutto il cammino dalla Sicilia al Friuli. Amen