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Chiesa

Assoluzione dei peccati durante il Giubileo? Tutti tranne uno

Gigliotti Saveria Maria · 9 anni fa

L’assoluzione dei peccati riservati alla Sede Apostolica potrà essere data dai missionari della Misericordia. Monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e coordinatore del Giubileo, lo ha scritto in una lettera indirizzata agli stessi Missionari della Misericordia come riportato da un lancio di Zenit.

I PECCATI

I peccati riservati alla Santa Sede, che ha conferito la facoltà di assoluzione è stata estesa ai Missionari sono i seguenti:

1) Profanazione delle specie eucaristiche mediante esportazione o detenzione per uso sacrilego (canone 1367);

2) Violenza fisica contro il Romano Pontefice (canone 1370, par. 1);

3) Assoluzione del complice nel peccato contro il Sesto Comandamento del Decalogo (canone 977 e 1378, par. 1);

4) Violazione diretta del sigilli sacramentale da parte del confessore (canone 1388, paragrafo 1).

La Santa Sede, al contrario non ha concesso la facoltà di assolvere i vescovi scomunicati perché ordinati senza mandato pontificio o per aver ordinato altri vescovi (canone 1382).

L’ipotesi, “meramente teorica”, secondo cui l’eventuale facoltà concessa in questo caso potesse riguardare oltre ai vescovi cinesi, citati da Zenit, anche i vescovi della fraternità San Pio X (lefebvriani) è stata smentita ad Aleteia dalla Segreteria della Pontificia Commissione Ecclesia Dei.

LA REMISSIONE DELLA SCOMUNICA

In tal senso, l’Ecclesia Dei precisa che ai vescovi della Fraternità San Pio X è stata rimessa la scomunica da Papa Benedetto XVI nel 2009. Si tratta di un decreto a firma dell’allora Prefetto della Congregazione per i Vescovi, il cardinale Giovanni Battista Re, che si concludeva così: «In base alle facoltà espressamente concessemi dal Santo Padre Benedetto XVI, in virtù del presente Decreto, rimetto ai Vescovi Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta la censura di scomunica latae sententiae dichiarata da questa Congregazione il primo luglio 1988, mentre dichiaro privo di effetti giuridici, a partire dall’odierna data, il Decreto a quel tempo emanato».

COSA VIENE MENO

Nella dichiarazione sulla retta applicazione del canone 1382 del Codice di Diritto Canonico, il punto 4 evidenzia quegli effetti giuridici (ora venuti meno con la remissione della scomunica): «Per quanto riguarda, invece, la punizione del delitto, la pena di scomunica prevista dal can. 1382 CIC è sottoposta alle comuni condizioni richieste dalla legge canonica perché si incorra in una sanzione latae sententiae effettivamente e con certezza».

Nel Codice, «oltre alle comuni sanzioni penali ferendae sententiae inflitte dall’Autorità legittima per mezzo di una sentenza o di un decreto a conclusione delle corrispondenti procedure penali, nell’ordinamento canonico vi sono anche le cosiddette pene latae sententiae, che non dipendono da un giudice esterno che le imponga, ma solo dal compimento del delitto, fatto salvo quanto è prescritto dal can. 1324 § 3. Quest’ultimo esime dalla specifica pena latae sententiae se si verificano circostanze che, a norma del § 1 dello stesso canone, pur non escludendo la pena in quanto tale, la mitigano. Il canone 1324 § 3, infatti, specifica che il reo non incorre nella pena latae sententiae se esiste una delle circostanze elencate nel can. 1324 § 1».

L’ECCEZIONE DEI CONFESSORI

In alcune dichiarazioni ad Aleteia il professore Romeo Astorri, docente di Diritto Canonico all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha spiegato: «Partiamo da alcuni dati. Nella Chiesa la facoltà di assolvere non è propria di tutti i sacerdoti. Il Codice prevede che per alcuni peccati essa sia riservata al vescovo e per altri, come abbiamo visto, sia riservata alla Santa Sede. Ai Missionari della Misericordia è stata riservata la facoltà di assolvere anche i peccati riservati alla Santa Sede, con l’esclusione della consacrazione dei vescovi scomunicati perché ordinati senza mandato pontificio o per aver ordinato altri vescovi. Questa possibilità data ai Missionari termina con la chiusura dell’anno giubilare»

L’INTERPRETAZIONE DELLA NORMA

Nella fattispecie, prosegue il canonista, «va precisato che la consacrazione fatta da un vescovo, senza l’autorizzazione della Santa Sede, è valida ma non legittima. Non c’è nessun dubbio nel caso dei vescovi lefebvriani, circa la validità dell’ordinazione. E il decreto della Congregazione per i Vescovi toglie la scomunica, che il Codice prevede per i vescovi (1382) la cui consacrazione è stata illegittima».

L’assoluzione dei peccati riservati alla Sede Apostolica potrà essere data dai missionari della Misericordia. Monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e coordinatore del Giubileo, lo ha scritto in una lettera indirizzata agli stessi Missionari della Misericordia come riportato da un lancio di Zenit.

I PECCATI

I peccati riservati alla Santa Sede, che ha conferito la facoltà di assoluzione è stata estesa ai Missionari sono i seguenti:

1) Profanazione delle specie eucaristiche mediante esportazione o detenzione per uso sacrilego (canone 1367);

2) Violenza fisica contro il Romano Pontefice (canone 1370, par. 1);

3) Assoluzione del complice nel peccato contro il Sesto Comandamento del Decalogo (canone 977 e 1378, par. 1);

4) Violazione diretta del sigilli sacramentale da parte del confessore (canone 1388, paragrafo 1).

La Santa Sede, al contrario non ha concesso la facoltà di assolvere i vescovi scomunicati perché ordinati senza mandato pontificio o per aver ordinato altri vescovi (canone 1382).

L’ipotesi, “meramente teorica”, secondo cui l’eventuale facoltà concessa in questo caso potesse riguardare oltre ai vescovi cinesi, citati da Zenit, anche i vescovi della fraternità San Pio X (lefebvriani) è stata smentita ad Aleteia dalla Segreteria della Pontificia Commissione Ecclesia Dei.

LA REMISSIONE DELLA SCOMUNICA

In tal senso, l’Ecclesia Dei precisa che ai vescovi della Fraternità San Pio X è stata rimessa la scomunica da Papa Benedetto XVI nel 2009. Si tratta di un decreto a firma dell’allora Prefetto della Congregazione per i Vescovi, il cardinale Giovanni Battista Re, che si concludeva così: «In base alle facoltà espressamente concessemi dal Santo Padre Benedetto XVI, in virtù del presente Decreto, rimetto ai Vescovi Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta la censura di scomunica latae sententiae dichiarata da questa Congregazione il primo luglio 1988, mentre dichiaro privo di effetti giuridici, a partire dall’odierna data, il Decreto a quel tempo emanato».

COSA VIENE MENO

Nella dichiarazione sulla retta applicazione del canone 1382 del Codice di Diritto Canonico, il punto 4 evidenzia quegli effetti giuridici (ora venuti meno con la remissione della scomunica): «Per quanto riguarda, invece, la punizione del delitto, la pena di scomunica prevista dal can. 1382 CIC è sottoposta alle comuni condizioni richieste dalla legge canonica perché si incorra in una sanzione latae sententiae effettivamente e con certezza».

Nel Codice, «oltre alle comuni sanzioni penali ferendae sententiae inflitte dall’Autorità legittima per mezzo di una sentenza o di un decreto a conclusione delle corrispondenti procedure penali, nell’ordinamento canonico vi sono anche le cosiddette pene latae sententiae, che non dipendono da un giudice esterno che le imponga, ma solo dal compimento del delitto, fatto salvo quanto è prescritto dal can. 1324 § 3. Quest’ultimo esime dalla specifica pena latae sententiae se si verificano circostanze che, a norma del § 1 dello stesso canone, pur non escludendo la pena in quanto tale, la mitigano. Il canone 1324 § 3, infatti, specifica che il reo non incorre nella pena latae sententiae se esiste una delle circostanze elencate nel can. 1324 § 1».

L’ECCEZIONE DEI CONFESSORI

In alcune dichiarazioni ad Aleteia il professore Romeo Astorri, docente di Diritto Canonico all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha spiegato: «Partiamo da alcuni dati. Nella Chiesa la facoltà di assolvere non è propria di tutti i sacerdoti. Il Codice prevede che per alcuni peccati essa sia riservata al vescovo e per altri, come abbiamo visto, sia riservata alla Santa Sede. Ai Missionari della Misericordia è stata riservata la facoltà di assolvere anche i peccati riservati alla Santa Sede, con l’esclusione della consacrazione dei vescovi scomunicati perché ordinati senza mandato pontificio o per aver ordinato altri vescovi. Questa possibilità data ai Missionari termina con la chiusura dell’anno giubilare»

L’INTERPRETAZIONE DELLA NORMA

Nella fattispecie, prosegue il canonista, «va precisato che la consacrazione fatta da un vescovo, senza l’autorizzazione della Santa Sede, è valida ma non legittima. Non c’è nessun dubbio nel caso dei vescovi lefebvriani, circa la validità dell’ordinazione. E il decreto della Congregazione per i Vescovi toglie la scomunica, che il Codice prevede per i vescovi (1382) la cui consacrazione è stata illegittima».

L’assoluzione dei peccati riservati alla Sede Apostolica potrà essere data dai missionari della Misericordia. Monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e coordinatore del Giubileo, lo ha scritto in una lettera indirizzata agli stessi Missionari della Misericordia come riportato da un lancio di Zenit.

I PECCATI

I peccati riservati alla Santa Sede, che ha conferito la facoltà di assoluzione è stata estesa ai Missionari sono i seguenti:

1) Profanazione delle specie eucaristiche mediante esportazione o detenzione per uso sacrilego (canone 1367);

2) Violenza fisica contro il Romano Pontefice (canone 1370, par. 1);

3) Assoluzione del complice nel peccato contro il Sesto Comandamento del Decalogo (canone 977 e 1378, par. 1);

4) Violazione diretta del sigilli sacramentale da parte del confessore (canone 1388, paragrafo 1).

La Santa Sede, al contrario non ha concesso la facoltà di assolvere i vescovi scomunicati perché ordinati senza mandato pontificio o per aver ordinato altri vescovi (canone 1382).

L’ipotesi, “meramente teorica”, secondo cui l’eventuale facoltà concessa in questo caso potesse riguardare oltre ai vescovi cinesi, citati da Zenit, anche i vescovi della fraternità San Pio X (lefebvriani) è stata smentita ad Aleteia dalla Segreteria della Pontificia Commissione Ecclesia Dei.

LA REMISSIONE DELLA SCOMUNICA

In tal senso, l’Ecclesia Dei precisa che ai vescovi della Fraternità San Pio X è stata rimessa la scomunica da Papa Benedetto XVI nel 2009. Si tratta di un decreto a firma dell’allora Prefetto della Congregazione per i Vescovi, il cardinale Giovanni Battista Re, che si concludeva così: «In base alle facoltà espressamente concessemi dal Santo Padre Benedetto XVI, in virtù del presente Decreto, rimetto ai Vescovi Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta la censura di scomunica latae sententiae dichiarata da questa Congregazione il primo luglio 1988, mentre dichiaro privo di effetti giuridici, a partire dall’odierna data, il Decreto a quel tempo emanato».

COSA VIENE MENO

Nella dichiarazione sulla retta applicazione del canone 1382 del Codice di Diritto Canonico, il punto 4 evidenzia quegli effetti giuridici (ora venuti meno con la remissione della scomunica): «Per quanto riguarda, invece, la punizione del delitto, la pena di scomunica prevista dal can. 1382 CIC è sottoposta alle comuni condizioni richieste dalla legge canonica perché si incorra in una sanzione latae sententiae effettivamente e con certezza».

Nel Codice, «oltre alle comuni sanzioni penali ferendae sententiae inflitte dall’Autorità legittima per mezzo di una sentenza o di un decreto a conclusione delle corrispondenti procedure penali, nell’ordinamento canonico vi sono anche le cosiddette pene latae sententiae, che non dipendono da un giudice esterno che le imponga, ma solo dal compimento del delitto, fatto salvo quanto è prescritto dal can. 1324 § 3. Quest’ultimo esime dalla specifica pena latae sententiae se si verificano circostanze che, a norma del § 1 dello stesso canone, pur non escludendo la pena in quanto tale, la mitigano. Il canone 1324 § 3, infatti, specifica che il reo non incorre nella pena latae sententiae se esiste una delle circostanze elencate nel can. 1324 § 1».

L’ECCEZIONE DEI CONFESSORI

In alcune dichiarazioni ad Aleteia il professore Romeo Astorri, docente di Diritto Canonico all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha spiegato: «Partiamo da alcuni dati. Nella Chiesa la facoltà di assolvere non è propria di tutti i sacerdoti. Il Codice prevede che per alcuni peccati essa sia riservata al vescovo e per altri, come abbiamo visto, sia riservata alla Santa Sede. Ai Missionari della Misericordia è stata riservata la facoltà di assolvere anche i peccati riservati alla Santa Sede, con l’esclusione della consacrazione dei vescovi scomunicati perché ordinati senza mandato pontificio o per aver ordinato altri vescovi. Questa possibilità data ai Missionari termina con la chiusura dell’anno giubilare»

L’INTERPRETAZIONE DELLA NORMA

Nella fattispecie, prosegue il canonista, «va precisato che la consacrazione fatta da un vescovo, senza l’autorizzazione della Santa Sede, è valida ma non legittima. Non c’è nessun dubbio nel caso dei vescovi lefebvriani, circa la validità dell’ordinazione. E il decreto della Congregazione per i Vescovi toglie la scomunica, che il Codice prevede per i vescovi (1382) la cui consacrazione è stata illegittima». (Aleteia)