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Il Vangelo della domenica

Riflessione sul Vangelo della II Domenica di Avvento

Gigliotti Saveria Maria · 9 anni fa

Nella seconda Domenica di Avvento, la Liturgia della Parola è piena del contenuto storico dell’Avvento. Attraverso questo contenuto si svela un’altra chiamata liturgica, non già legata con il lontano passato, ma con il nostro contemporaneo Avvento, quale noi viviamo nella Chiesa del Verbo Incarnato che quest’anno è caratterizzato dal Giubileo straordinario della misericordia.

Questo Avvento è penetrato non soltanto dalla preparazione di ciò che deve compiersi, ma anche dalla piena consapevolezza di ciò che si è già compiuto. Questo Avvento liturgico è l’attesa del Compiuto, la quale tuttavia deve continuamente rinnovarsi nella memoria e nel cuore perché non trascorra nel passato, ma continuamente costituisca la nostra temporalità e il nostro avvenire.

L’Avvento è dunque preparazione ad un grande e gioioso cambiamento. Questo cambiamento muterà radicalmente la situazione dell’uomo nel mondo, e compirà “quest’opera buona” che il Signore “ha iniziato nell’uomo”. Di “quest’opera buona” parla l’Apostolo Paolo nella sua lettera ai Filippesi: “Sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest’opera buona la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù” (Fil 1,6). Quest’opera è l’opera della salvezza e della santificazione, l’opera della grazia e dell’amore, che il Signore “ha iniziato” e continuamente “inizia” in ogni uomo ed in ogni generazione fino all’ultima Venuta di Gesù Cristo, quando quell’opera verrà portata “a compimento”. è necessario perciò che l’Avvento venga compreso come “l’opera di Dio”, che si compie in ognuno uomo che accoglie il Vangelo della Vita, e venga portata a compimento. Quest’“opera” si compie mediante “la cooperazione alla diffusione del Vangelo” (Fil 1,5), come dice san Paolo, cioè mediante l’apostolato. Tuttavia, l’apostolato ha la sua interiore radice nella conoscenza dell’amore di Cristo. E perciò san Paolo prega per i Filippesi: “Che la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio (Fil 1,9-10). Difatti, la vita cristiana è perenne crescita, è un costante avanzare verso la perfezione; è pertanto desiderio e volontà di arricchimento in ogni dono spirituale. Un popolo esperto nella conoscenza dei divini voleri può con l'aiuto della grazia metterli in pratica. Non solo bisogna pregare per la crescita della comunità nella conoscenza ed in ogni genere di discernimento, è anche giusto e doveroso che alla comunità si dia la conoscenza e che essa venga formata nel discernimento del giusto, del santo, del meglio, per poter essere sempre integra e irreprensibile dinanzi al Signore. La confusione non giova alla fede e neanche l'ignoranza; la confusione non libera l'uomo dal peccato e l'ignoranza non fa i santi. Dell'ignoranza si servono i divulgatori di dottrine contrarie alla fede per far vacillare il popolo del Signore. Senza crescita nella conoscenza anche i sacramenti rischiano di essere esposti a nullità. In questo brano della lettera ai Filippesi, viene anche spiegato come si realizza il mutuo scambio dei beni materiali e spirituali per il bene delle anime: Paolo ha dato ai Filippesi il seme della Parola; questi hanno dato a lui molteplici aiuti di ordine materiale, per le necessità delle sue comunità. Per questo motivo di giustizia egli deve offrire loro la sua preghiera, deve elevare quotidianamente a Dio la sua invocazione perché aiuti i fedeli di Filippi a crescere, a migliorarsi, a perfezionarsi, affinché possano andare incontro al Signore con cuore purificato, con coscienza monda da ogni falsità, con l'animo avvolto della luce che si sprigiona dal Volto di Gesù che loro attendono nella fede e che contemplano nello spirito. In tal senso, si comprende che la misura dell’Avvento in ogni credente si specifica come progresso interiore, progresso spirituale dell’uomo affinché si possa “essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio” (Fil 1,10-11). L’Avvento è perciò tempo di “progresso spirituale”, un “progredire” anche in senso di “uscire” da se stessi, dai propri pensieri, dalla propria storia di peccato e di indeterminatezza, di indecisione, di pigrizia, per andare oltre, dove è Cristo, nel mondo, per la sua santificazione. Ma andare oltre è prima di tutto abbandono dei propri condizionamenti, delle incapacità di conoscere e di amare secondo verità, oltre anche quel passato che diviene ripetizione, abitudine, forma mentis, standardizzazione di cose e di avvenimenti, emotività senza contenuti di fede e formule senza significato.

Avvento: tempo che prepara il futuro dell'uomo, partendo dalla promessa di Dio, ma anche dalla partecipazione reale ed affettiva, del cuore, della mente, dell'intelligenza e della razionalità; tempo di “uscire” incontro al Signore che viene per giudicare il mondo, per immetterci su quella strada della presenza creatrice di Dio; tempo di speranza per il bene dell'umanità, ma anche di lasciare il peccato per accogliere tutto il dono di grazia che il Signore ci ha riversato nel suo immenso amore di Padre.