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Il Vangelo della domenica

XXIX Domenica TO B

Paolo Emanuele · 9 anni fa

“Il Figlio dell’uomo è venuto per servire (cf. Mc 10,45)”, con queste parole - che il brano evangelico della ventinovesima domenica del tempo ordinario ci fa ascoltare - Gesù risponde alla richiesta dei figli di Zebedeo: gli apostoli Giacomo e Giovanni. Nel racconto dell’evangelista Marco sono loro stessi a domandare di poter sedere, nella gloria, uno alla destra e uno alla sinistra del loro Maestro, mentre secondo il racconto di san Matteo la domanda viene avanzata dalla loro madre (cf. Mt 20,20). Giacomo e Giovanni seguono Gesù ma con i pensieri vecchi, pensieri della terra, di grandezza e di gloria mondana, perché il loro concetto di salvezza è ancora mondano, terreno, sullo stampo di quanto era avvenuto con Davide e con altri re di Israele. Chiedono a Gesù un posto di primo piano nel regno che Lui si stava accingendo a ricostruire sulla terra. Loro vogliono essere la prima e la seconda dignità nella scala delle grandezze tra i dignitari del suo regno. Gesù non può esaudire questa loro richiesta. I posti nel regno non li assegna Lui, bensì il Padre suo che è nei cieli. “Voi non sapete ciò che domandate” (Mc 10,38), è la risposta di Cristo. Chiedono infatti di poter partecipare immediatamente alla gloria del Regno di Dio, mentre la strada che ad essa conduce passa necessariamente attraverso il calice della passione; quel calice che Gesù dovrà bere fino in fondo. Loro però, se lo vorranno, potranno seguire Gesù sulla via del martirio e della sofferenza, della croce e dell’ignominia. Questo sì che è a loro concesso, perché questa via è per tutti e tutti sono chiamati a percorrerla. Gesù è il Messia di Dio che, come Isaia ribadisce nel brano della prima lettura, è il reietto dagli uomini, disprezzato, schernito, umiliato, percosso, insultato, deriso! è uomo sul cui dorso dovranno passare gli aratori e la cui barba verrà strappata, le membra saranno appese alla croce; sarà rinnegato, tradito, abbandonato, lasciato solo anche dai suoi amici. La sapienza di questo mondo dinanzi a tale Messia si scandalizza e con ogni mezzo cerca di travisarne i contenuti, offrendo spiegazioni, interpretazioni, scenografie, letture abissalmente distanti dalla verità divina. La mente umana tende ad abolire la stoltezza della croce, o liberandola dalla storia, o rendendola solo uno strumento di culto, di pietà, di commiserazione, di pianto e di lacrime per la sorte di questo Giusto. La croce deve invece rimanere la via messianica, di salvezza. Questo è ciò che Gesù vuole insegnare: Egli è venuto non per dare il primo posto, ma l'ultimo; non per innalzare sulla terra, ma per abbassare; non per dare gloria, ma umiliazione; non per dare posti di comando ai suoi seguaci, ma di sola obbedienza. è venuto per abbassare l'uomo dinanzi ai suoi fratelli e fare di ogni suo seguace un servo che dona la vita per la salvezza dei suoi fratelli secondo la carne e secondo la fede. Gesù è venuto per insegnare come si serve: facendosi l'ultimo dei fratelli, il servo di tutti, donando la vita in riscatto per i molti. Questo sì che Giacomo e Giovanni dovranno farlo. Gesù si segue perché si vuole imparare da Lui come si serve il mondo intero, fino al dono totale della vita, in espiazione, per la redenzione dei molti, versandola per il loro riscatto. Cambia totalmente il concetto di liberazione: essa non sta nell’essere serviti, ma nel servire, nel ritornare cioè ad essere schiavi; essa non consiste nello stare in alto, bensì nel porsi in basso, all’ultimo posto, al posto degli schiavi, dei servi, di coloro che esistono per non essere di se stessi, ma degli altri, secondo la volontà di Dio. La lettera agli Ebrei invita a tenere ferma la nostra professione di fede. Nella sofferenza, nella persecuzione, nel martirio. Cos'è la professione della nostra fede se non il fondare la nostra esistenza sulla verità che l'unico e il solo salvatore del mondo è Cristo Gesù? Questa verità è oggi scalzata dal mondo dei credenti. Essa non è più ritenuta la verità della salvezza. Dalla non fede è nata nel cuore dell'uomo la confusione, dalla confusione il sincretismo religioso, dal sincretismo l'abolizione di Cristo, dall'abolizione di Cristo, la non essenzialità della Chiesa, dalla non essenzialità della Chiesa, l'allontanamento dalla sua essenza e dalla sua missione. La Chiesa da mistero di fede è stata trasformata in elargitrice di forme religiose, in dispensatrice di beni terreni, in liberatrice dell'uomo da ogni obbligo di obbedienza e di osservanza della parola santa di Dio. Dalla fede siamo passati al sacro e al religioso e nel sacro e nel religioso Cristo Gesù non è più essenziale, anch'Egli è stato ridotto a forma del sacro, la sua grazia e la sua verità non essendo più la fonte soprannaturale per la nostra vita, che è già salva senza grazia e senza verità.