Le letture della liturgia della 27a domenica del tempo ordinario ci parlano del come Dio, nel suo eterno disegno, ha collegato il dovere fondamentale della famiglia, - che è il dono della vita offerto dai genitori, uomo e donna, ai loro figli, ad ogni essere umano nuovo - con la vocazione all’amore, alla partecipazione a quell’amore che proviene da Dio, perché Egli stesso è amore. Sì. “Dio è amore” (1Gv 4,8).
Quando infatti, come leggiamo nel libro della Genesi, Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza (cf. Gen 1,2), chiamandolo all’esistenza per amore, lo chiamò, contemporaneamente, all’amore. Dato che Dio è amore e l’uomo viene creato “a immagine di Dio”, allora bisogna concludere che la vocazione all’amore è stata iscritta, per così dire, organicamente in quest’immagine, cioè nell’umanità dell’uomo, che Dio creò maschio e femmina.
La santità del matrimonio è voluta da Dio. Essa è indissolubilità e non commettere adulterio. è essere sempre osso dalle proprie ossa e carne dalla propria carne. Per sempre. Nella buona e nella cattiva sorte, nel dolore e nella malattia. Non è più possibile allontanarsi, dividersi, scindersi, divorziare l'uno dall'altra.
è volontà di Dio che costa il sacrificio dell'esistenza. Cristo ha santificato le nozze con il sacramento del matrimonio, grazia efficace particolarissima di unione e di santificazione che, se ravvivata ogni giorno con la preghiera, nell'ascolto della Parola, nei sacramenti della penitenza e della cena del Signore, certamente darà frutti abbondanti di crescita nell'amore coniugale.
Ma per la durezza del proprio cuore l'uomo si separa dalla sua donna e la donna dal suo uomo. E si espongono ed espongono all'adulterio. Peccato grave l'adulterio. La santità della famiglia è bene troppo prezioso ed il peccato troppo grave dinanzi agli occhi del Signore Gesù. E noi affermiamo la santità del matrimonio, oggi, quando dilagano separazioni, legami momentanei, abolizione della stessa idea di matrimonio stabile e duraturo a favore di una vita a due secondo i capricci del proprio cuore.
La chiesa annunzia l'indissolubilità del matrimonio, ieri come oggi, soprattutto oggi, in cui pensare alla fedeltà dell'uno per l'altra è ritenuto dalla mentalità atea e senza Dio dei nostri giorni frutto di un medioevo oscuro e patrimonio di una mentalità retrograda e fatiscente.
La famiglia, dalla quale dipende l’avvenire dell’umanità, rappresenta una delle preoccupazioni costanti della Chiesa. All’interno della famiglia ruotano, infatti, gli snodi centrali della realtà umana: l’amore che la fonda; il rispetto e servizio alla vita in tutti i suoi momenti; il perseguire il bene in ordine alla verità, alla libertà e alla dignità della persona, premessa e garanzia anche della giustizia sociale.
Da più parti, si guarda alla famiglia con preoccupazione crescente, anche Papa Francesco manifesta tale sentimento e, nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, lo rende manifesto: “L’individualismo postmoderno e globalizzato favorisce uno stile di vita che indebolisce lo sviluppo e la stabilità dei legami tra le persone, e che snatura i vincoli familiari” (EG 67). In una tale e complessa situazione culturale, la famiglia viene messa in profonda crisi, come anche tutte le comunità e i legami sociali, però, nel caso della famiglia, la fragilità dei legami diventa particolarmente grave perché si tratta della cellula fondamentale della società, del luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri e dove i genitori trasmettono la fede ai figli (Cfr. EG 66).
In questa preoccupante situazione, è necessario che la famiglia prenda sempre più consapevolezza della propria identità e della propria missione. Ed è questo l’obiettivo che la Chiesa s‘impone, come uno degli impegni prioritari. Ne è segno eloquente il III Sinodo dei vescovi, incentrato sul tema “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, che dopo l’assise straordinaria, celebrata l’ottobre scorso, celebra quella ordinaria. Il vero amore umano - oggi più che mai insidiato da diverse forme di sottocultura - nella misura in cui si va indebolendo, si oscura anche l’identità stessa dell’essere umano. San Giovanni Paolo II, all’inizio del suo Pontificato, nella sua prima enciclica, Redemptor hominis, sostiene con convinzione che l’uomo non può vivere senza amore: “Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente” (cfr. n. 10). Ora, è risaputo, che il luogo primario in cui l’uomo può conoscere l’amore, imparare ad amare e a sentirsi amato, non soltanto da altre persone, ma anche, e innanzitutto, da Dio è proprio la famiglia, voluta – da Dio stesso - quale prima comunità di vita e amore. Per questo, ai genitori cristiani spetta il delicato compito di formare e custodire un focolare in cui germogli e maturi la profonda identità umana e cristiana dei propri figli, soprattutto, perché cristiani, l’essere figli di Dio. Ma l’amore di genitori potrà parlare di Dio ai figli soltanto se prima il loro amore di sposi è vissuto nella santità e nell’apertura alla fecondità dell’unione matrimoniale.
L’amore esistente tra gli sposi cristiani è una realtà santa e nobile, se viene sempre vivificata dall’azione dello Spirito Santo. Quando i coniugi sono nella grazia, lo Spirito Santo, li aiuterà a donarsi reciprocamente con quella generosità smisurata con cui “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei” (Ef 5,25). La famiglia, dunque, si conserva e si rafforza solo grazie all’amore vero! In una società tanto spesso caratterizzata da segni di morte e di mancanza di amore, come la violenza, l’aborto, l’eutanasia, l’emarginazione degli invalidi e delle persone povere e inutili, solo l’amore rende la famiglia capace a mantenere viva la fiamma della vita, il rispetto del mistero di ogni nuova vita.
Il Vangelo della domenica
Riflessione sulla liturgia della 27° Domenica del tempo ordinario
Paolo Emanuele · 9 anni fa