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Favola

Zia Lucia, il mango e l’uccello re

Paolo Emanuele · 9 anni fa

Zia Lucia, il mango e l’uccello re

«Ciao, ragazzi!». Tutte le volte che arrivava zia Lucia era una festa per Joaci, Abilio e Titico. Per essere precisi, lei non era una “vera” zia, come loro non erano suoi nipoti. Ma amavano chiamarla così, per affetto. Erano, quei tre, amici per la pelle che abitavano per motivi di studio lo stesso “mocambo” (capanna molto comune in Brasile). Mentre lei, quella anziana signora sorridente, era l’amica italiana che li veniva ogni tanto a trovare.

«Zia, vuoi assaggiare un mango?» propose Abilio, porgendole un cestello pieno di quei succosi e profumati frutti.

«Ah, il mango! – esclamò lei con quel suo tono incantato che la faceva assomigliare proprio a una bambina –. Ecco un frutto che dà gloria a Dio. Volentieri ne mangerò, ma prima...».

«Prima la storia!» esclamarono i tre in coro, scoppiando in una fresca risata.

E insieme uscirono da quella modesta abitazione, avviandosi all’aperto, sotto il riverbero di un magnifico tramonto.

Fuori un enorme albero – un mango appunto – stendeva i suoi rami fin sulla capanna, facendole ombra. Un’altalena pendeva da quel gigante vegetale. E proprio lì andò a sedersi zia Lucia, mentre i tre si accoccolavano davanti a lei per ascoltarla.

Non erano più ragazzini, diamine, erano studenti alle scuole superiori! Ma ritornavano tali alla presenza di lei, sapendo che valeva sempre la pena ascoltare le sue storie tanto belle e piene di significato.

«Stavolta – esordì zia Lucia – vi racconto una storia del vostro Brasile amazzonico. Parla dell’uccello re...». E impresse un leggero dondolio all’altalena, mentre frrr... frrr.... la gonna le strusciava sull’erba.

«Come, non lo conoscete? Ah già, ci sono in questo paese così tante varietà di uccelli meravigliosi che perfino i naturalisti fanno fatica a enumerarli; senza contare che ogni tanto succede di scoprire qualche nuova “spacie”...».

A questo punto, interrotta da una grande risata del suo giovane pubblico, zia Lucia si coprì la bocca con la mano proprio come una bambina colta in fallo: «Cos’è, ho detto qualcosa di sbagliato? Ah, birbanti, lo sapete che la lingua brasiliana non è il mio forte!» E anche lei scoppiò a ridere.

«Torniamo all’uccello re... – riprese –. Nonostante questo nome, è un uccellino dall’aspetto davvero insignificante. Di speciale ha solo questo: piccolo com’è, è capace di emettere una nota acutissima, che si sente a chilometri e chilometri di distanza. Un’unica potente nota in cui esprime tutto sé stesso con la sua gioia di vivere...».

La zia continuava a dondolare, il ramo cigolava e di tanto in tanto flop, flop, flop un mango maturo cadeva e si spiaccicava per terra. Ma nessuno ci badava, immedesimato in quella fantastica storia.

«...Cosa succede nella foresta quando risuona questo canto? Alcuni volatili delle specie più varie, come affascinati, si posano accanto al piccolo cantore e lì rimangono per qualche tempo. L’albero che li ospita si copre allora di cento colori e risuona dei canti più bizzarri.

«Solo l’umile uccellino non appare in mezzo agli altri, tutto occupato ad emettere quella nota. Dopo qualche tempo però, all’improvviso, se ne vola via (nessuno potrebbe dire dove) e quell’armonia di colori e suoni s’interrompe...».

Nel frattempo calava la sera. Unici suoni ad accompagnare il racconto, il cigolio dell’altalena, il frrr... della gonna di zia Lucia e il flop di qualche mango caduto. Ora, nell’ombra, di lei si vedeva soltanto il bianco degli occhi e dei denti mentre sorrideva.

«Cessato l’incanto, gli uccelli volano via ognuno per suo conto, riprendendo le loro abitudini. Solo alcuni (pochi, a dire il vero) non sanno staccarsi dal loro piccolo re e lo seguono per udire ancora quell’unica nota potente, acutissima, che esprime la vita. La festa riprenderà così in altri luoghi...».

A Joaci, Abilio e Titico pareva d’essere trasportati in quelle foreste amazzoniche dove l’uccello re compariva e scompariva misteriosamente con la sua corte canora. Sembrava addirittura di udire loro quella nota acutissima e quasi provavano nostalgia per quel qualcosa di inesprimibile che la presenza dell’uccellino portava con sé.

Ad anni di distanza, e sparsi ormai per il vasto mondo, i tre amici si sarebbero ricordati di questa storia, ciascuno a portare il suo originale contributo di gioia e unità nel proprio angolo di vita. Proprio come nella favola dell’uccello re.