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Cultura e Società

Nasce la Dichiarazione dei diritti in Internet. Perché l’utente è innanzitutto “persona”

Paolo Emanuele · 9 anni fa

Nasce la Dichiarazione dei diritti in Internet. Perché l’utente è innanzitutto “persona” “Sono garantiti in Internet i diritti fondamentali di ogni persona riconosciuti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dalle costituzioni nazionali e dalle dichiarazioni internazionali in materia. L’accesso ad Internet è diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale. Ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità..” Basta leggere i primi due articoli della Dichiarazione, per capire che il lavoro realizzato nell’ultimo anno dalla Commissione per i diritti e i doveri relativi ad Internet voluta dalla presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini, può rappresentare davvero il primo passo di una svolta: l’accesso alla Rete viene considerato un “diritto fondamentale” della persona, un mezzo ormai indispensabile per attingere tutta una serie di risorse che migliorano la vita del cittadino, come l’accesso all’informazione online e la possibilità di stabilire delle relazioni che senza il web sarebbero impossibili.

Quello che oggi diamo per scontato, e che la Dichiarazione dei diritti in Internet presentata lo scorso 28 luglio alla Camera dei Deputati ha messo finalmente nero su bianco, non è stato sempre così. A noi sembra scontato accedere alla Rete per gestire le nostre relazioni professionali, così come, soprattutto tra i più giovani, è naturale connettersi per sapere cosa è avvenuto nel mondo o per avere informazioni su un determinato argomento o su un fatto avvenuto dall’altra parte del mondo. Ma non è sempre stato così. Per tanto tempo, Internet è stato percepito come “un di più”, un servizio certamente innovativo e comodo, che si affiancava alle modalità tradizionali di erogazione dei servizi e di accesso alle informazioni.

In tempi diversi e con modalità diverse, il web è entrato prepotentemente nelle vite di milioni di persone in tutto il mondo determinando quella rivoluzione “umana” ben sintetizzata nella premessa della Dichiarazione: “Internet ha contribuito in maniera decisiva a ridefinire lo spazio pubblico e privato, a strutturare i rapporti tra le persone e tra queste e le Istituzioni. Ha cancellato confini e ha costruito modalità nuove di produzione e utilizzazione della conoscenza. Ha ampliato le possibilità di intervento diretto delle persone nella sfera pubblica. Ha modificato l’organizzazione del lavoro. Ha consentito lo sviluppo di una società più aperta e libera. Internet deve essere considerata come una risorsa globale e che risponde al criterio della universalità.”

Perché, dunque, l’esigenza di scrivere una Dichiarazione dei diritti in Internet? Perché non basta trasporre quelli che sono i diritti del mondo “reale” - dal diritto alla riservatezza alla tutela della proprietà privata - al mondo virtuale della Rete? No, non basta. Non basta perché ci troviamo di fronte a una rivoluzione copernicana ed è arrivato il momento di elaborare un quadro di principi, valori e regole che mettano in chiaro un concetto essenziale: Internet rimane uno strumento, importantissimo e con grandi potenzialità, ma sempre uno strumento nelle mani dell’uomo. Uomo che deve essere il fine ultimo di ogni innovazione ed evoluzione tecnologica.

La Dichiarazione, dunque, prende le mosse da questa constatazione, dalla consapevolezza che l’uomo è sempre il fine e mai il mezzo; che il progresso è tale solo se l’uomo ne è l’artefice e se è per tutti gli uomini, nessuno escluso. Per questo il documento, a cui ha lavorato per un anno una commissione composta da 23 membri permanenti - di cui 10 deputati e 13 esperti – presieduta dal professore Stefano Rodotà, non parte “in difensiva”, considerando Internet come una minaccia da cui dover tutelare l’individuo, ma con un’affermazione positiva chiara: Internet è un diritto della persona perché è “condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale”. Da ciò consegue che le istituzioni devono “assicurare la creazione, l'uso e la diffusione della conoscenza in rete intesa come bene accessibile e fruibile da parte di ogni soggetto.” Segue poi, nei 14 articoli della Dichiarazione, l’individuazione di tutta una serie di diritti e principi che mirano a tutelare i diritti fondamentali della “persona – utente” della Rete, a cominciare dal diritto alla riservatezza, alla sicurezza in rete, al diritto all’oblio. Per concludere con l’affermazione, contenuta all’art.14, che rappresenta uno “spartiacque” rispetto all’era in cui Internet era considerato una sorta di “giungla”, dove tutto è permesso, tutto è libertà: “Internet richiede regole conformi alla sua dimensione universale e sovranazionale, volte alla piena attuazione dei principi e diritti prima indicati - leggiamo all’art.14 - per garantire il suo carattere aperto e democratico, impedire ogni forma di discriminazione e evitare che la sua disciplina dipenda dal potere esercitato da soggetti dotati di maggiore forza economica”

Tutta la riflessione sui diritti e i doveri delle persone, sulle potenzialità e le minacce della Rete, culmina in una importante affermazione: Internet, per svolgere la sua funzione al servizio del progresso dell’umanità, deve essere regolamentato a tutti i livelli. E come nella comunità umana vale il principio ereditato dal diritto romano per cui “ubi homo, ibi societas. Ubi societas, ibi ius”, così in quella di Internet - dove l’utente resta sempre “persona” e le connessioni sono sempre essenzialmente relazioni umane - le regole sono fondamentali per garantire che tutto ciò che avviene sia a servizio dell’uomo, a tutela e promozione dei suoi diritti, per il suo bene integrale.

E nello spirito della Dichiarazione, ritroviamo quella spinta data da Benedetto XVI che per la prima volta nel 2009 parlo di Internet come “dono di Dio per l’umanità”, mettendo in evidenza quella sorta di ambivalenza per cui se da un lato “il desiderio di comunicazione e l’istinto di connessione” sono espressione della modernità nella loro inarrestabile evoluzione tecnologica, dall’altro esprimono nient’altro che “quella fondamentale e costante propensione degli esseri umani ad andare oltre se stessi per entrare in rapporto con gli altri”.

Chiamiamolo, dunque, utente, cybernauta e parliamo di connessioni e algoritmi. Al centro di tutto – altrimenti non si parlerebbe di diritti doveri – c’è sempre l’“uomo”, con la sua dignità inalienabile, i suoi diritti, i suoi doveri verso se stesso e verso gli altri. Perché l’utente è innanzitutto “persona”