L’omelia del Vescovo al Pontificale della sera
Sono questi i santi apostoli che nella vita terrena hanno fecondato con il loro sangue la Chiesa: hanno bevuto il calice del Signore, e sono diventati gli amici di Dio».
L’antifona d’ingresso ci introduce in questa solennità dei nostri patroni facendoci intravvedere alcune caratteristiche sia di Pietro che di Paolo. Diversissimi per temperamento come diversa fu la missione affidata ad entrambi. La Chiesa celebra insieme questi due apostoli. Perché?
Paolo fu l’apostolo delle genti. Affrontò per quel tempo, diversi viaggi, pieni di pericoli, pur di annunciare il vangelo e raggiungere il maggior numero possibile di persone.
Paolo è veramente il primo missionario ad gentes, a tutti i popoli, l’uomo delle periferie, che si è «fatto tutto a tutti pur di guadagnare a qualsiasi costo qualcuno» (1 Cor 9,22).
Tutto egli ha fatto per il Vangelo. Quindi non è l’uomo degli accomodamenti e tantomeno degli annacquamenti, ma dei grandi ideali vissuti. L’esperienza di Paolo è molto forte, intensa, radicale.
Pietro ha una storia diversa. Un modesto pescatore di Galilea viene chiamato dal Signore Gesù a guidare il nuovo popolo di Dio: la Chiesa. Nei Vangeli troviamo la descrizione di un uomo pieno di timori, dubbi, esitazioni.
Ma dopo la resurrezione di Gesù egli assume pienamente la sua responsabilità. Per amore del Signore e grazie anche al suo temperamento mite e forte, Pietro è in grado di conoscere le debolezze del gregge e quindi può guidarlo con autorevolezza.
Negli Atti degli apostoli noi troviamo questo cambiamento evidente: l’amore per il Signore ha reso quest’uomo, da pavido a intraprendente, da timoroso ad audace.
Pietro e Paolo: due santità a confronto nelle quali possiamo rispecchiarci. Tuttavia è interessante che la liturgia odierna metta in rilievo non i grandi discorsi o le imprese dell’uno o dell’altro, quanto la loro fragilità.
Noi celebriamo la santità di questi araldi del Vangelo, delle colonne della Chiesa, e la liturgia ci fa meditare non sulla loro bravura quanto sulla loro debolezza. è un segno eloquente che ciò che conta agli occhi di Dio è la nostra consegna, la capacità di affidarci, di riconoscere che Lui è il Signore!
Infatti nella prima lettura abbiamo ascoltato la liberazione prodigiosa di Pietro dal carcere in un tempo difficile di persecuzione. è il Signore che libera l’uomo da ogni prigionia!
Nella seconda lettura ci è stato presentato il testo che potremmo definire il testamento di Paolo, il momento in cui egli sente che è giunta l’ora di lasciare le vele.
E cosa dice il grande apostolo? Egli non fa un elenco delle imprese compiute o delle persone convertite. Dice semplicemente: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede».
Tra tutte le cose fatte e vissute egli mette davanti solo “la fede” in Colui che lo può sempre salvare!
Carissimi, proprio nella nostra adesione di fede all’Unico, al Signore, si gioca tutto.
A noi sembra che il modo di procedere della liturgia sia veramente sapiente. Proviamo a rileggere questi testi alla luce del nostro oggi.
La festa dei nostri patroni Pietro e Paolo è l’occasione in cui tutta la città si raduna.
Viviamo un momento ecclesiale ma anche civico: la cittadinanza è riunita, non solo il popolo, ma anche le sue istituzioni. Salutiamo il nuovo sindaco e la giunta comunale che si appresta a iniziare un compito impegnativo per il bene comune. Così salutiamo anche le autorità militari e le varie Istituzioni presenti in questa celebrazione. Al Sindaco, nel giorno della festa del suo onomastico, gli auguri più affettuosi e stimati.
Che significato ha per voi questa festa, ci possiamo chiedere? La diversità dei due apostoli, Pietro e Paolo ci può illuminare.
Essi infatti, nonostante alcuni momenti di incomprensione e perfino di attrito, hanno saputo vivere una comunione, un’intesa senza compromettere il fondamento della loro medesima fede, della stessa speranza, di totale carità; non si sono persi dietro parole vane né a tornaconti di parte, ma hanno saputo scegliere il bene per tutti, per di più per gli altri.
Non hanno vissuto nella dissimulazione, nella falsità, ma hanno cercato la verità, la reciproca lealtà, anche se il prezzo è stato alto: un potere disumano, loro stesso nemico e avversario di tutti, si è preso la loro vita!
La loro testimonianza ci mette in guardia che ciò che conta non è l’apparenza, ma la sostanza delle scelte umane e civili; non è un ostacolo neanche l’avere opinioni differenti tra di noi, poiché l’obiettivo è più alto, più grande: è portare a compimento l’annuncio del vangelo.
Così per noi. Diversi sono i ruoli di un’amministrazione comunale e della Chiesa. Ma ci può essere qualcosa in comune? L’amore per l’uomo, ogni uomo, per l’affamato e l’assetato, l’afflitto, il povero, lo straniero e l’ammalato: queste sono le periferie esistenziali di oggi da raggiungere perché tutti nella Chiesa si sentano figli amati e, dal Comune, cittadini rispettati, non esclusi.
Credo che questo per una nuova amministrazione sia anche il tempo dell’ascolto, ascolto umile e rispettoso. Ascolto che sa guardare e andare avanti per il meglio.
Carissimi, la nostra città protetta dai Santi Pietro e Paolo ci chiede umiltà. La popolazione ci chiede responsabilità e competenza per vedere le attese e le speranze, e per governare le difficoltà ma anche le opportunità di futuro.
Vogliamo andare avanti nel bene. Andiamo avanti a piccoli passi, ma andiamo avanti.
I nostri patroni ci confermano che questa strada è percorribile. Lo vogliamo?
Auguri dunque a tutti e benediciamo il Signore sempre, in ogni tempo. Sulla nostra bocca sempre la sua lode!
La parola del Vescovo
L’omelia del Vescovo al Pontificale della sera
Gigliotti Saveria Maria · 9 anni fa