Annunciare il Vangelo a 360°. L’omelia del Vescovo per Sant’Antonio Sabato 13 giugno, nella Chiesa di S. Maria degli Angeli, il Vescovo ha presieduto il Solenne Pontificale per la Festa di Sant’Antonio. A concelebrare con il Vescovo il Padre Provinciale dei Cappuccini, P.Giovanbattista D’Urso e il Padre Guardiano del Convent, P. Bruno Macrì. Presenti le autorità civili e militari della città. Durante la celebrazione il Vescovo ha tenuto la seguente omelia. «Dio, in Sant’Antonio di Padova hai dato al tuo popolo un insigne predicatore e un patrono dei poveri e dei sofferenti». Così abbiamo pregato con l’Orazione di Colletta. Ogni anno un popolo intero sale qui a venerare il Santo di Padova che Pio XII, ha proclamato dottore evangelico. Da sempre guardiamo a lui come una sublime sintesi di verità e carità.
La comune devozione al santo si ripete in questa Chiesa, retta dalla comunità dei Cappuccini, dalla lunga storia situata nel cuore di Nicastro, attenta a condividere i bisogni spirituali e materiali dell’uomo: dalla confessione fino all’accoglienza dei poveri. A loro va il nostro primo, grato e affettuoso saluto, in particolare al Padre Provinciale P. Giovanbattista, al Parroco Padre Bruno e agli altri padri e frati che contribuiscono con il loro ministero a rendere vivo e presente il carisma francescano. Li ringraziamo per l’affetto e la comunione che ci lega nel Signore. In questi giorni che hanno preparato la solennità di Sant’Antonio viene da chiedere: “Perché a te tutto il mondo viene dietro, e ogni persona pare che desideri di vederti? Perché a te?”. Questa domanda, formulata da frate Masseo (Fioretti, 10) e indirizzata a Francesco d'Assisi, può essere rivolta anche al santo di Padova. Siamo costretti a rispondere in maniera corale, a una sola voce, ognuno di noi è qui oggi, perché sa che sant’Antonio gli è stato vicino. Ogni cristiano si sente come autorizzato a chiedere miracoli di ogni bene … e forse anche di ogni genere. Ma i santi non riposano nemmeno in cielo! Come affermava David Maria Turoldo, i santi sono “creature in stato di amore per sempre”. Eppure come fa Sant’Antonio ad accontentarsi di una candela, di un ex voto, ad accettare di essere trattato da “ufficio oggetti-smarriti” oppure da combinatore di matrimoni quando un Papa lo ha riconosciuto come “arca del Testamento” per la sua profonda conoscenza della Scrittura; mentre perfino san Francesco d’Assisi lo ha chiamato “mio vescovo”?
In Sant’Antonio due anime vanno tenute sempre unite, il suo essere un insigne predicatore e il suo essere un amante dei poveri. Egli ha come vissuto e incarnato un passaggio “dalla Parola alla folla”. Egli è rimasto fedele alla Parola di Dio e al suo destinatario, l’uomo concreto. Antonio non si è mai discostato dalla Parola, anche se esigente e non si è mai allontanato dall’uomo anche se sfigurato dai peccati. Non è per questo motivo un esempio validissimo per noi che cerchiamo di annunciare il Vangelo? Quante volte, o carissimi, chi annuncia il Vangelo ha paura della Parola che pronuncia e cerca di attenuarla e ridurne la radicalità, facendo indebiti sconti a quanto richiesto dal Signore? O ancora, quante volte chi annuncia, invece, ha paura dell’uomo provato e sfigurato e se ne allontana, offendendo la carne di Cristo?Ecco cosa significa per noi, ritrovarci in questo giorno, in questo santuario: ricevere un invito, un richiamo, un appello comune alla conversione: come Chiesa. Vangelo e poveri, ecco le due voci di Dio! Non possiamo parlare di Vangelo se siamo sordi ai poveri, così come non possiamo servire fino in fondo i poveri, se restiamo sordi al Vangelo. Antonio ci insegna che è necessario evangelizzare in modo opportuno e inopportuno: a 360°.Come insegna il Santo Padre Francesco: “L’annuncio del Vangelo è la prima e costante preoccupazione della Chiesa, è il suo impegno essenziale, la sua sfida maggiore, e la fonte del suo rinnovamento. Infatti, dalla missione evangelizzatrice, dalla sua intensità ed efficacia deriva anche il vero rinnovamento della Chiesa, delle sue strutture e della sua attività pastorale. Senza l’inquietudine e l’ansia della evangelizzazione non è possibile sviluppare una pastorale credibile ed efficace, che unisca annuncio e promozione umana” (6 giugno 2015, Discorso OPM).Annunciare il Vangelo è annunciare la proposta di una vita nuova, di una vita capace di rinnovare l’intera esistenza. Cosa proponeva Antonio, cosa proponiamo noi? Cristo, vangelo dell’umano, vangelo per l’uomo. «Chi è pieno di Spirito Santo parla in diverse lingue. Le diverse lingue sono le varie testimonianze su Cristo: così parliamo agli altri di umiltà, di povertà, di pazienza e obbedienza, quando le mostriamo presenti in noi stessi. La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere» (Antonio di Padova, Sermones, I, 226).Chiediamoci quale eloquenza oggi è più efficace? Il carisma delle lingue può esprimersi unicamente nella verità e nella carità, come Sant’Antonio ci insegna, ma può essere anche un sottile e perfido strumento del maligno. Se usiamo la nostra lingua per confondere gli altri, se la usiamo per confondere, denigrare e svilire l’altro, non siamo testimoni di Cristo. Insegna Papa Francesco: “Noi tutti siamo peccatori: tutti. Abbiamo peccati. Ma la calunnia è un’altra cosa. E’un peccato, sicuro, ma è un’altra cosa. La calunnia vuole distruggere l’opera di Dio; la calunnia nasce da una cosa molto cattiva: nasce dall’odio. E chi fa l’odio è Satana. La calunnia distrugge l’opera di Dio nelle persone, nelle anime. La calunnia utilizza la menzogna per andare avanti” (Papa Francesco, Omelia 13 giugno 2013). Forse non riusciamo proprio ad andare avanti, come comunità cristiana e anche civile, proprio perché la menzogna e la calunnia ancora troppo regnano in mezzo a noi. Per costruire e servire il bene non ci servono insulti e sospetti, o denigrazioni e calunnie ma la stima vicendevole, il rispetto, la lealtà, l’unità. Ritorniamo alle nostre case in questo giorno di festa. L’esempio di Sant’Antonio sia da sprone a tutta la Chiesa diocesana. Diventi appassionata testimone di un Vangelo annunciato e vissuto interamente e intensamente, a 360°. Venerare il nostro Santo significa far nascere in noi e in tutta la città un rinnovato desiderio e impegno a operare il bene affinché a prevalere non siano le calunnie e le menzogne, ma la comune stima che il Battesimo esige. Si spalanchi per noi e per la città un tempo di vera corresponsabilità tra cittadini e istituzioni perché si affermi la “cosa pubblica” e sia rispettato il diritto nella giustizia. A tal proposito come non ringraziare le forze dell’Ordine che ogni anno sono presenti in questo sacro Tempio. A loro il nostro stimato e referente saluto con una preghiera e benedizione particolare. Ci rivolgiamo al Signore con le parole di sant’Antonio al quale chiediamo di continuare a pregare Dio per noi. Sostenuti dalla sua intercessione ci rivolgiamo a Dio vivo e vero: “O Dio di bontà, aiutaci a compiere il bene, così da poter offrire dinanzi a te, il nostro agire. La nostra offerta salga fino a te e la tua grazia discenda su di noi, perché possiamo infine giungere alla tua gloria. Tu che sei benedetto nei secoli”. Amen (Sermones II/175)