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Il Vangelo della domenica

Riflessione sul vangelo dell'Ascensione di Nostro Signore

Redazione · 9 anni fa

Anno dopo anno, la Chiesa nella sua liturgia festeggia l’Ascensione del Signore il quarantesimo giorno dopo la Pasqua. La solennità dell’ascensione ci invita, innanzitutto, a meditare sulla portata del mistero che celebriamo. Cosa significa che Gesù è asceso al cielo? Non sono le categorie spaziali che ci permettono di capire adeguatamente questo evento, che solo alla fede dischiude il suo senso e la sua fecondità. “Sedette alla destra di Dio”: ecco il significato primo dell’Ascensione. E anche se l’espressione è immaginosa, poiché Dio non ha né destra né sinistra, essa racchiude un importate messaggio cristologico: Gesù risorto è entrato pienamente, anche con la sua umanità, a far parte della gloria divina e, anzi, a prendere parte all’attività salvifica di Dio stesso.

Nella seconda lettura di questa solennità proprio questo viene ribadito: “Lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione” (Ef 1,20-21). Il cristiano ormai non ha altro capo all’infuori di Gesù Cristo. “Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi” (Ef 1,22). Cristo non è solo il nostro capo, ma anche il “Pantocrator”, Colui che esercita la sua signoria su tutte le cose. Egli è il Signore, il Redentore, il Mediatore unico tra Dio e l'uomo; attraverso di Lui discendono sulla terra tutti i beni celesti e divini che servono per la rigenerazione del credente, e per la santificazione del mondo. Tutto proviene da Dio per mezzo di Cristo Gesù e tutto viene operato in noi dallo Spirito del Signore; questa unità di operazione divina deve trasformarsi in unità di operazione umana. Ogni discepolo del Signore e tutti insieme compiono l'unica opera di Dio, anche se attraverso doni e ministerialità differenti e diverse e la compiono per mezzo del dono che Gesù Signore ha riversato nel nostro cuore. Un solo Dio, una sola opera, una sola mediazione, una sola finalità: la gloria di Dio nella santità dell'uomo. Questo avviene se insieme si conduce l'uomo alle origini della speranza, preparando il suo ritorno nel regno glorioso di Dio, per mezzo di una vita santa e santificatrice delle realtà del mondo.

Ma c’è anche un altro aspetto essenziale, proprio della solennità dell’Ascensione, che viene espresso sia nella prima lettura sia nel Vangelo. “Mi sarete testimoni... fino agli estremi confini della terra” (At 1,8); “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15). C’è un dovere di testimonianza, che promana direttamente dalla nostra fede. Non si può celebrare l’esaltazione di Gesù Signore e poi condurre una vita disimpegnata, ignorando la sua suprema consegna. L’Ascensione ci ricorda che la sottrazione di Gesù all’esperienza sensibile dei suoi discepoli ha anche lo scopo di lasciare il campo a questi, i quali ormai continuano nella storia la sua missione e proseguono lo zelo pastorale e la dedizione missionaria di Lui, anche se ciò avviene insieme a molte debolezze. Non per nulla, secondo il racconto degli Atti degli Apostoli, segue a breve distanza la Pentecoste con il dono dello Spirito Santo, che dà il via alla storia missionaria della Chiesa. L'evangelizzazione del mondo si compie per mezzo di Gesù e del suo discepolo, insieme, per sempre, fino alla consumazione dei secoli. Alla luce del mistero dell'incarnazione, ogni salvezza è opera teandrica, di Dio e dell'uomo, del Verbo e della sua carne, di Cristo e dei suoi discepoli. Ma il discepolo per compiere l'opera del Regno deve appartenere a Cristo come la sua stessa umanità, deve cioè compiere quel cammino di obbedienza, lo stesso del suo Maestro; è strumento di redenzione se avviene in lui la consegna della sua vita al Signore; solo allora Gesù cammina con lui, va, si spinge nella città degli uomini, compie i segni della sua misericordia. Con l'ascensione, dunque, Gesù non opera più in modo visibile sulla nostra terra. I suoi discepoli dovranno essere la sua visibilità. Loro devono predicare, tutto il resto lo faranno la fede e Cristo Gesù. La fede in Cristo, nella sua Parola, nel suo Vangelo, renderà operatore di segni e prodigi chiunque avrà aderito alla Parola della salvezza; Cristo Gesù confermerà la verità del Vangelo che i discepoli predicano, accompagnando la loro parola con prodigi, segni e miracoli. è verità: il regno di Dio si costruisce sulla terra attraverso la triplice opera: degli apostoli, di Cristo, dei credenti. Gli apostoli devono andare, annunziare, testimoniare Cristo e la sua verità, divenendo verità nella verità di Cristo, carità nella sua carità, vita nella sua vita, novità nella sua novità. Cristo Gesù accompagnerà la loro predicazione con i prodigi del suo amore. I credenti testimonieranno al mondo la loro fede perché Gesù li costituirà operatori di cose grandi, spiritualmente e materialmente. Cristo è con gli apostoli, se gli apostoli sono nella Sua Parola; è con ogni credente in Lui, se questi è nel Suo Vangelo, se fa della Parola la via e lo statuto del suo nuovo essere. Il legame con la Parola è la via della presenza di Cristo negli apostoli e in ogni credente in Lui.