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Cultura e Società

Primarie lametine: siamo un popolo adatto per le primarie?

Antonio Cataudo · 9 anni fa

Primarie lametine: siamo un popolo adatto per le primarie?

Erano partite con 10 candidati che, tra ritiri e mal di pancia vari, si sono ritrovati in 4. Erano state fissate il 22 marzo, poi spostate alla Domenica delle Palme e addirittura si era arrivati alla soluzione “salomonica” di dividerle in due, con una prima competizione all’interno del Partito Democratico e una successiva tra il vincitore delle primarie interne e il resto della coalizione. Alla fine, la fiction delle primarie lametine ha avuto il suo epilogo domenica scorsa con un risultato che ha sconvolto il quadro politico e vanificato gli equilibrismi e le strategie avevano portato al rinvio sine die della data delle competizione: il vincitore delle primarie del centrosinistra è Tommaso Sonni, leader del movimento civico “Città Reattiva”, che ha vinto al primo turno con 1534 preferenze pari al 42% dei consensi. Tutte vane, dunque, le operazioni del Partito Democratico lametino che addirittura era arrivato al commissariamento per giungere a una candidatura di sintesi, in grado da vincere la competizione interna. Il candidato del Partito Democratico, Enzo Richichi, si è fermato a 1.321 preferenze (36,2%). Niente da fare per Andrea Falvo che ha avuto 556 preferenze (15,2%) e Tonino Leone con 241 voti (6,6%).

E se le prime parole del vincitore sono state all’insegna della ricerca del dialogo e dell’unità, il quadro che si delinea nel centrosinistra lametino è tutt’altro che chiaro e, a un mese e mezzo dalle elezioni e a meno di 15 giorni dalla presentazione delle liste, è il caso di dire che “ancora tutto può succedere”. La vittoria di un esponente della società civile, seppur appoggiato da alcuni esponenti del Pd, ha segnato la dèbacle della classe dirigente del Partito Democratico lametino e in particolare dell’area vicina alla senatrice Doris Lo Moro. Enzo Richichi, assessore al bilancio nella giunta Lo Moro ed ex presidente della Multiservizi, era “un uomo della Lo Moro”, una candidatura che da molti era stata vista come un’imposizione forzata da parte della parlamentare democratica lametina da sempre in prima linea nel sostenere la linea della discontinuità con la giunta Speranza. Ma sarà stata “vera unità” del Partito Democratico? In questa caso non basta un manzoniano “ai posteri l’ardua sentenza” perché la dichiarazione della stessa senatrice all’indomani del voto non lascia dubbi: “Richichi era il candidato del Pd. I numeri dicono che molti dei suoi sostenitori ufficiali hanno votato per altri candidati. Ha perso e io ho perso con lui.”

Una sconfitta, quella del Pd lametino, figlia delle lotte intestine, delle antipatie personali, delle polemiche e degli scontri che avevano fatto balzare la vicenda delle primarie lametine agli onori della cronaca regionale e nazionale come l’emblema di un Partito dai mille volti e dalle mille contraddizioni. Dopo la vittoria di Tommaso Sonni, basterà il richiamo all’unità lanciato dallo stesso vincitore per battere il centrodestra, a dipanare il bandolo della matassa, a mettere pace tra le tante anime del Pd e soprattutto a far sì che tutto il Partito garantisca un appoggio pieno al candidato unico del centrosinistra? Su questo, fino ad ora non possiamo rispondere. La sconfitta nella terza città della Calabria per il partito di Renzi potrebbe aprire due strade: la resa dei conti e l’autocritica. La prima rientra nei giochi della politica, o meglio della vecchia politica, che porteranno alle elezioni del 31 maggio un Partito lacerato che non appoggerà un candidato non tesserato e la cui vittoria è figlia, senza nulla togliere ai meriti di Tommaso Sonni e del suo movimento, delle debolezze e delle contraddizioni interne. La seconda, l’autocritica, richiederebbe un’analisi approfondita delle ragioni della sconfitta fino a sfociare, come molti auspicano, in un rinnovo radicale della classe dirigente del Pd lametino. Ma questo difficilmente si potrà fare a campagna elettorale in corso.

E se tra le “grane” del vincitore democratico c’è il Pd e le sue conflittualità interne, altra questione da risolvere nel più breve tempo possibile riguarda i rapporti con Sel e Rosario Piccioni. Chiamatosi fuori sin dall’inizio da primarie che aveva definito una “pantomima”, l’esponente della giunta Speranza aveva chiesto di rientrare in corsa dopo la convergenza del Pd su Richichi e la razionalizzazione del numero di candidati. Porte chiuse da parte del commissario del Pd lametino Pino Soriero che, secondo rumors, ora porrebbe il veto anche su un eventuale rientro di Piccioni e di Sel in coalizione.

Se pensavamo che una volta fatte le primarie la fiction fosse finita, la cronaca politica di queste ore ci dice che colpi di scena e soluzioni originali ci accompagneranno fino al 31 maggio. Certo gli sconvolgimenti pre e post primarie non sono una novità e non sono un’esclusiva della nostra città: basta vedere le invasioni di “occhi a mandorla” a Napoli, le truppe cammellate del centrodestra in vari comuni calabresi, fino all’ultimo caso della Liguria. E visto che il meccanismo delle primarie è un’“importazione” americana, la domanda da porci è questa: il problema sono le primarie o il livello di maturità democratica e di protagonismo civico del popolo italiano?

La fiction delle primarie lametine, al dì la degli aspetti peculiari della politica locale, ci rimanda a una dato nazionale, a un problema di “compatibilità” tra un meccanismo elettorale proprio di altre democrazie e i limiti del tessuto politico, sociale e culturale italiano. E, in ultima istanza, ci rimanda a una domanda: siamo un popolo adatto alle primarie?

ma degli armeni di Aleppo è stato ampiamente discusso durante la visita di Karekin II° a Roma. Rendiamo Grazie a Dio per questo Padre che pensa a tutti i figli… vicini e lontani. Don Francesco Farina