La celebrazione della liturgia della Domenica delle Palme ci descrive la passione e la morte di Cristo secondo il Vangelo di san Marco e ci fa ascoltare le parole del profeta Isaia, che dalla profondità dei secoli preannunzia il Messia come uomo dei dolori: “Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strapparono la barba, non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi” (Is 50,6). Difatti, fu proprio così, come aveva previsto il profeta. E fu anche così, come aveva proclamato il salmista – anche lui dalla profondità dei secoli -: “Hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa... si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte” (Sal 22[21],17-19). Fu così. E ancora di più. Le parole con cui il profeta (Davide) inizia il suo salmo si sono trovate sulle labbra di Cristo durante l’agonia sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (“Eli, Eli, lemà sabactàni?”) (Mt 27,46; Sal 22[21],2).
Anche le parole sconvolgenti dell’apostolo Paolo nella lettera ai Filippesi sono una sintesi dell’intero mistero pasquale. San Paolo ci porta al limite stesso di ciò che nella storia della creazione incominciò ad esistere tra Dio e l’uomo, e che ha trovato il suo culmine e la sua pienezza in Gesù Cristo. In definitiva – nella croce e risurrezione.
Cristo Gesù “pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio: ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato...” (Fil 2 6-9).
Cristo Gesù è di natura divina, a differenza di ogni altro uomo che è di natura umana. Egli è il Figlio Unigenito del Padre. Questa essenzialità eterna Egli la nascose sotto la carne mortale, come oggi Egli continua a nascondere il suo Corpo sotto le specie del pane e del vino. Il suo è mistero di nascondimento che può essere visto solo alla luce della fede, la sola che squarcia il mistero e lo rende visibile, perché lo si accolga e lo si viva. Fu appeso al palo non perché fosse in dissidio con gli uomini per motivi umani, o per trasgressione delle loro leggi, ma perché proclamò loro la legge del Signore, manifestò la sua santissima volontà, invitò alla conversione e alla fede al vangelo. Fu consegnato alla morte perché disse all'uomo la verità sul suo essere. Mentre noi ci sviluppiamo nella malignità, e nell'errore periamo; Cristo, la verità incarnata, venne per svelare all'uomo le sue tenebre e furono queste che lo appesero al palo, lo crocifissero, ma tutto quanto Egli fece, lo fece per amore, per la nostra salvezza, per rendere gloria al Padre, per insegnarci come si obbedisce a Dio. Ama gli uomini chi veramente ama il Signore e Cristo Gesù ci amò fino alla fine, perché fino alla fine si fece obbediente al Padre suo celeste
Più grande è la consegna, più grande sarà il dono. Cristo Gesù si annienta di fronte alla creatura, Dio Padre lo esalta al di sopra di ogni creatura. Tanta profonda è stata l'umiliazione, tanta sublime è stata l'esaltazione e la salvezza. Per suo merito le porte del cielo si aprono e discende su di noi la grazia e la santificazione dello Spirito di Dio. Cristo Gesù si sprofonda nell'obbedienza, si abbassa nella fedeltà, si consuma nell'umiltà, offre in sacrificio la sua vita per l'affermazione della gloria del Padre, per il dono all'uomo della sua morte e della sua vita. La sua kenosi deve essere il modello, l'esempio, la virtù per ogni suo fedele discepolo, poiché solo percorrendo la sua via sarà possibile compiere il cammino della glorificazione di Dio attraverso la nostra vita. Ma questo implica il passaggio dalla religiosità esteriore all'adorazione in spirito e verità; e comporta la consegna della nostra vita per il compimento della volontà di Dio.
Cristo è colui che non cessa “di svelare pienamente l’uomo all’uomo e di fargli nota la sua altissima vocazione, rivelando il mistero del Padre e del suo amore”. Così dice il Concilio Vaticano II nella costituzione pastorale Gaudium et Spes (n. 22).
Potrebbe svelarlo “pienamente” se non fosse passato anche attraverso questa sofferenza, e questo spogliamento senza limiti?
Sconfinato è il terreno dell’esperienza dell’uomo. Indicibile pure è la scala delle sue sofferenze. Colui che ha “parole di vita eterna”, non ha esitato a fissare questa parola in tutte le dimensioni della temporaneità umana...
“Per questo Dio l’ha esaltato”. Per questo, “Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (cf. Fil 2,9.11). E in questo modo rende testimonianza alla “sua altissima vocazione” (cf. Gaudium et Spes, 22): nessuno svantaggio nessuna sofferenza o spogliamento, possono separarci dall’amore di Dio (cf. Rm 8,35): da quell’amore che è in Gesù Cristo.
Il Vangelo della domenica
Riflessione sul Vangelo della Domenica delle Palme
Paolo Emanuele · 10 anni fa