E se le statue parlassero più del sangue? Gli scempi continuano a susseguirsi in Iraq. I miliziani dell’Isis si accaniscono contro i resti di una civiltà millenaria e radono al suolo con dei bulldozer l'antico sito archeologico assiro di Nimrudm, nei pressi di Mosul. “E un crimine di guerra”, afferma l'Unesco, che fa “appello a tutti i responsabili politici e religiosi della regione a sollevarsi contro questa barbarie”. Siamo contenti che l’UNESCO abbia definito lo scempio contro la civiltà assira come un crimine di guerra. Ma, in realtà siamo inorriditi di fronte ai crimini commessi contro delle persone, colpevoli di essere cristiani. E in questo caso nessuno esclama “crimine di guerra” o ancora peggio “crimine contro l’umanità”. Certo è di poche ore fa, la notizia che l’Isis abbia rilasciato 23 cristiani in Iraq. Ma a quale scopo?
Il fratello di uno dei 21 copti uccisi in Libia, in un’intervista ha avuto il coraggio di dichiarare: “L’ISIS ci ha dato più di quanto ci aspettavamo quando non ha eliminato la parte in cui dichiarano la loro fede e invocano Gesù Cristo. L’ISIS ha reso la nostra fede più forte. Ringrazio l’ISIS perché non ha eliminato l’audio quando hanno gridato dichiarando la propria fede!”. Quella dichiarazione di fede non è stata cancellata, in quanto doveva essere chiaro a tutti quale fosse il vero motivo della condanna e dell’esecuzione: la fede in Cristo. Quella dichiarazione di fede è il vero motivo per cui noi ora, li conosciamo e li veneriamo come martiri. In Italia, l’associazione degli atei lamenta che non c’è abbastanza spazio per professare il proprio agnosticismo e ateismo. Il cattolicesimo è ancora troppo “religione di stato”. Viene da chiedersi, ma la fede è un prodotto culturale come le tradizioni, le lingue, le identità nazionali? Molti studiosi dell’età secolarizzata, come Habermas, hanno sottolineato come la fede non possa essere considerata un residuo sub-culturale di un’età passata e da dimenticare – chiamasi Medioevo o Fascismo o altro ancora- quanto piuttosto una riserva personale di senso per le persone, capace di dare motivazioni e giudizi in merito all’esperienza concreta del proprio vissuto, oltre che di giustificare persino un’appartenenza sociale più vasta. Proprio questa considerazione, permette di chiedere ai cristiani se la propria fede personale è un residuo culturale o un’esperienza personale, definibile nei termini di un vero e libero guadagno. In tal caso a un cristiano parlano di più le statue o il sangue dei martiri? Se la fede è un residuo sub-culturale la nostra attenzione sarà catalizzata dalle statue. Se la fede è compresa come un guadagno personale per la vita, il sangue dei martiri “avrà – davvero- la voce più eloquente di quella di Abele”. Siamo a Quaresima inoltrata e le strade cominciano ad essere agorà sacra dove le immagini del Cristo e della Vergine, vengono portate in processione, accompagnate da canti e dalla sincera fede dei credenti. In questa Quaresima e nella prossima Settimana Santa, l’auspicio è che le uccisioni dei cristiani trovino lo stesso sdegno dei fatti di Mosul, scempio alla civiltà e alla cultura di un popolo. Così come le nostre processioni, non siano la sopravvivenza di una cultura dimenticata, ma la testimonianza di fede il cui audio nessuno al mondo possa spegnere.
Don Roberto Tomaino