Signore Gesù Cristo «SIGNORE GESU’CRISTO». Antonios Aziz Mina, vescovo copto cattolico di Guizeh (Egitto), ha detto all’Agenzia Fides: «Il video che ritrae la loro esecuzione è stato costruito come un’agghiacciante messinscena cinematografica, con l’intento di spargere terrore. Eppure, in quel prodotto diabolico della finzione e dell’orrore sanguinario, si vede che alcuni dei martiri, nel momento della loro barbara esecuzione, ripetono “Signore Gesù Cristo”. Il nome di Gesù è stata l’ultima parola affiorata sulle loro labbra. Come nella passione dei primi martiri, si sono affidati a Colui che poco dopo li avrebbe accolti.
E così hanno celebrato la loro vittoria, la vittoria che nessun carnefice potrà loro togliere. Quel nome sussurrato nell’ultimo istante è stato come il sigillo del loro martirio». Un nome a cui è legata la promessa della vita è sulle labbra di chi viene ucciso a causa di quel nome: Gesù Cristo. Si stenta a crederci, ma il Cristianesimo continua a essere un caso serio, una questione di vita e di morte. La Quaresima che come cristiani celebriamo è conosciuto come tempo di lotta, penitenza e conversione. La Liturgia romana ha sempre associato la celebrazione di questo tempo forte in preparazione alla Pasqua alla figura dei martiri. Fin dal IV e V secolo il Papa insieme ai fedeli si recava in ognuna delle Basiliche e delle Chiese romane che custodivano i corpi dei martiri. In queste liturgie definite “stazionali” il pavimento che portava all’altare era tutto ricoperto di foglie di alloro. L’alloro, distintivo della gloria degli eroi, degli imperatori e degli dei romani veniva così calpestato dai passi scalzi e penitenti dei cristiani in ricordo dei martiri vittoriosi. Sembrano liturgie antiche in ricordo di fatti passati, quasi epici. Eppure, non c’è giorno di vita per la Chiesa, senza un martire. Il martirio per un cristiano non è una tragedia, è un’audacia volgare come ne parlò Marco Aurelio, disprezzando i cristiani testardi nel restare fedeli. Il martirio è il fatto che rende il cristianesimo una questione seria. Del resto come affermava Marti Luter King: “Se un uomo non ha scoperto qualcosa per cui è disposto a morire, non è neppure degno di vivere”. Il martirio dei 21 copti è un’altra pagina della storia della Chiesa. Pochi sanno che la Chiesa copta, fin dal II Secolo è cresciuta attorno ai monaci (Pacomio e Scenute) e a una scia interminabile di martiri. Una folla che nessuno sa contare di persone deboli, inermi e indifesi ma ancorati alla forza del nome di Gesù. Un dato può essere curioso da evidenziare. Sono stati diffusi i nomi dei martiri copti della Libia: Milad, Youssif, Kirillos, Tawadros, Giorgios, Bishoi e tanti altri. Si tratta di nomi legati a santi martiri della Chiesa copta delle origini. Martiri di ieri, martiri di oggi. Cristiani di ieri e cristiani di oggi, con il nome di Gesù sulle labbra. Questi poveri uomini sono morti come bambini; con quella fiducia e quel coraggio necessari per dire una preghiera prima di dormire. “Nulla è bello come un bambino che s’addormenti nel dire la preghiera, dice Dio” scriveva Peguy. I santi martiri si sono addormentati come un bambino nel dire una preghiera. A svegliarli e a servirli per l’eternità è il loro Dio.