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Cultura e Società

Contro l'IS occorre riscoprire il cristianesimo senza ridurlo a ideologia

Paolo Emanuele · 10 anni fa

Contro l'IS occorre riscoprire il cristianesimo senza ridurlo a ideologia

Lo “stato islamico” (IS) espande il suo dominio e i territori sotto il suo diretto controllo contemporaneamente agli attentati, mortali, che si registrano in Europa, minacciandone esplicitamente uno che colpisca Roma e l’Italia. Con la conquista di parte della Libia può davvero dirsi che l’Is sia alle porte dell’Europa.

L’imam radicale britannico, Anjem Choudary ai microfoni del Tg1 ha detto: «Chi offende il Profeta è condannato a morte» e «anche l’Italia è nel mirino», ha spiegato il leader religioso. Così «le nuove vignette di Charlie Hebdo sono un atto di guerra dell’Occidente», ha aggiunto sottolineando che «se il vostro Paese continua a provocare il mondo islamico andando a portare aiuti al suo nemico o insultando il Profeta, ci saranno conseguenze anche da voi. Un giorno conquisteremo Roma. Vivrete tutti sotto la legge islamica. Lo so al 100%».

Ma come si è giunti a questa situazione? Le analisi acute, doviziose, spesso capziose di analisti, geo-politologi, scienziati della politica, militari, esperti di intelligence, economisti, politici, si sprecano sui media, lasciando, tuttavia, un senso di insoddisfazione che deriva da una visione d’insieme e si concentra invece sui dettagli.

Intanto in Europa, si acuiscono i sentimenti anti-semiti che si aggiungono agli ormai consolidati sentimenti anti-cristiani e anti-cattolici in particolare.

Insomma, l’Europa sembra prossima al crollo per la convergenza di due fattori: la mancanza di strutturazione identitaria culturale che ne sostenga dall’interno le istituzioni e l’operato e, dall’esterno, la pressione del jihad islamico che si può dire oramai davvero alle porte del Vecchio Continente.

Per quanto riguarda il primo elemento sembra potersi individuare la causa del medesimo nella dimenticanza da parte dell’Europa delle proprie radici cristiane, la cui riscoperta non servirebbe per rivangare il più cieco tradizionalismo conservatore, ma, semmai, a fronteggiare quella inarrestabile secolarizzazione, o meglio, installazione dello spirito del laicismo nel cuore di molte popolazioni europee che maggiormente rende gli europei distanti, incompresi ed incomprensibili al resto delle altre culture e civiltà, come nota in proposito Joseph Ratzinger: «Per le culture del mondo la profanità assoluta che si è andata formando in Occidente è qualcosa di profondamente estraneo» (Joseph Ratzinger, Europa. I suoi fondamenti oggi e domani, Cinisello Balsamo, 2004, pag. 28-29).

L’Europa dovrebbe riscoprire la propria identità spirituale per potersi confrontare in pace o scontrare in guerra con altre civiltà, senza però ridurre il cristianesimo ad ideologia, ad un concetto teorico da contrapporre culturalmente e militarmente all’islamismo.

Il rischio, in questo caso, sarebbe quello di ripercorrere la nascita di qualcosa di simile al “Mein Kampf” di Hitler, il manifesto della dottrina nazional-socialista ove furono esposti i principi cardine di un’ideologia fondata sulla necessità di garantire agli europei (la razza ariana in quel caso) l’espansione verso i territori orientali ed il dominio sui popoli inferiori tra cui, in primis, quello ebraico, considerato la causa di tutti i mali e, come tale, da eliminare.

Certo, si dovrebbe iniziare a riconoscere che se è vero che non tutti i musulmani sono jihadisti, è pur vero che tutti i jihadisti sono musulmani, osservazione di per sé lapalissiana, ma che si deve intendere nel senso per cui occorre chiamare le cose con il loro nome, per cui oltre il multiculturalismo occorre riconoscere che non si assiste ad un semplice exploit del terrorismo, bensì ad una vera e propria guerra di conquista religiosa, appunto ad un jihad contro l’Occidente in genere e l’Europa in particolare, che l’islam conduce oramai apertamente su scala globale.

Sul punto, nota giustamente Bat Ye’or che «l’Europa oggi si trova nel vicolo cieco creato dal divieto ufficioso di esaminare il jihad secondo criteri occidentali per non offendere le numerose comunità di immigrati musulmani, tradendo non solo i fondamenti e i principi del pensiero critico, base della sua cultura, ma, attraverso la cancellazione del passato, proibisce a se stessa di comprendere i fenomeni attuali» (Bat Ye’or, Verso il califfato universale. Come l’Europa è diventata complice dell’espansionismo musulmano, Torino, 2008, pag. 12).

L’Europa rischia di implodere per il vuoto identitario che la logora dall’interno e sotto il peso degli assalti islamici.

Parafrasando Bernanos il quale riteneva che non si dovesse abolire il mondo delle macchine, ma rispiritualizzarlo, così, per evitare che venga abolita, la cultura europea necessita di essere rispiritualizzata, cioè di ritornare alle origini, alla riscoperta della fede cristiana.

Del resto, mentre l’entità statale, dinnanzi a simili eventi, sembra evaporare, dissolversi (sich auflost) per utilizzare una locuzione tanto cara a Friedrich Engels, solo la Chiesa, come dimostra il caso del vescovo di Tripoli padre Giovanni Martinelli che rifacendosi a San Francesco ha deciso – mentre tutti fuggono – di rimanere tra i saraceni anche a rischio del martirio, con il suo bagaglio culturale e più ancora spirituale può costituire l’unico antibiotico contro questa tendenza implosiva dell’Europa, rappresentando così l’unico punto fermo per la ricostruzione della smarrita identità europea.

In fondo, la storia insegna proprio che l’Europa si è costituita grazie all’opera della Chiesa e del Cristianesimo, come ricorda Maurice Lombard, uno storico di certo non filo-ecclesiastico: «La civiltà romana sarebbe stata cancellata più radicalmente se la Chiesa non si fosse imposta come custode della tradizione e della lingua latina».

Lo sbigottimento degli europei dinnanzi alla violenza, l’inerzia degli Stati europei dinnanzi al rischio corso dai propri cittadini, l’impotente indecisione che sembra attanagliare le istituzioni europee, sono causati, all’un tempo, dalla mancanza di consapevolezza circa il passato dell’Europa, specialmente nel suo rapporto di lotta continua per la propria libertà contro gli assalti islamici che nei secoli si sono virulentemente succeduti; in conclusione, insomma, sembrano riecheggiare le parole di Marc Bloch per il quale, appunto, «l’incomprensione del presente nasce inevitabilmente dall’ignoranza del passato».