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Cultura e Società

L'ISIS in Libia

Paolo Emanuele · 10 anni fa

La prima base dell’ISIS in Libia è a Derna (una piccola città portuale nell’set del Paese tradizionalmente centro del jihadismo libico), che ancora oggi viene considerato il centro delle attività del gruppo. L’ISIS opera anche in altre zone della Libia – ha degli uomini a Bengasi e Tripoli, per esempio – e controlla Derna, Sirte e An Nawfaliyah. La sua presenza sul territorio libico è però ancora piuttosto limitata: non si hanno informazioni certe sul numero di miliziani che formano l’ISIS in Libia, ma secondo alcune stime si parla di qualche centinaia di uomini (forse poche migliaia). Oggi l’ISIS viene visto come una minaccia non solo dal governo libico internazionalmente riconosciuto, ma anche dalla principale coalizione di forze islamiste – “Alba della Libia”, formata da moderati ed estremisti – che controlla l’ovest del paese. L’ISIS e “Alba della Libia” potrebbero presto cominciare a combattersi apertamente su più fronti per la predominanza del fronte islamico in Libia.

L’ISIS in Libia non si è rafforzato usando lo stesso modello adottato in Siria: non ha combattuto i miliziani di al Qaida. Ci si è alleato, almeno in parte. Il 3 febbraio del 2015 alcuni uomini armati che hanno detto di rappresentare l’ISIS hanno attaccato un pozzo petrolifero franco-libico vicino alla città di Mabruk, uccidendo nove guardie. Il loro leader, un libico proveniente da Derna, faceva in realtà parte di un ramo di al Qaida nel Maghreb Islamico (AQIM), un gruppo affiliato di al Qaida che negli ultimi anni si è fatto conoscere nella regione per la cattura di alcuni ostaggi occidentali. Il punto è che è difficile dire con certezza da chi sia formato l’ISIS in Libia: ci sono i combattenti reclutati nelle moschee libiche e addestrati in Siria, ma ci sono anche gruppi estremisti libici – come Ansar al Sharia, accusato dagli Stati Uniti di avere organizzato l’assalto al consolato americano a Bengasi nel settembre del 2012 dove rimase ucciso l’ambasciatore Christopher Stevens – e i cosiddetti “foreign fighters”, cioè miliziani provenienti soprattutto dagli altri paesi del Maghreb dove le politiche anti-terrorismo sono più rigide.

Ciò che mette in allerta oltre che le attività terroristiche compiute dall’ISIS è il documento di propaganda (finalizzato a convincere più miliziani a unirsi all’ISIS in Libia) intitolato “Libia: una porta strategica d’accesso per lo Stato Islamico”, scritto in arabo e messo in circolazione tra i sostenitori dell’ISIS. Nel documento si dice per esempio che sviluppare la provincia libica dell’ISIS potrebbe portare ad alleggerire la pressione internazionale sul Califfato in Siria e in Iraq, e si parla dell’enorme quantità di armi facilmente recuperabile in territorio libico (la Libia è piena di armi dalla caduta di Gheddafi). Il documento si sofferma anche sull’importanza della posizione della Libia nella regione del Maghreb: la Libia confina con la Tunisia, Algeria, Niger, Ciad, Egitto e Sudan, tutti paesi che hanno regole sull’anti-terrorismo molto più rigide di quelle in vigore in territorio libico. L’ISIS sembra vedere questo scenario come una possibilità di attirare combattenti stranieri dall’esterno.

Il punto che è stato più ripreso dalla stampa italiana è però quello riguardante la posizione strategica che ha la Libia nei confronti dell’Europa meridionale: la Libia, dice il documento, «ha una costa che si estende per moltissimi chilometri e che guarda agli stati crociati del sud, che possono essere raggiunti facilmente anche con una barca rudimentale». Nel documento si cita apertamente la possibilità di compiere degli attacchi nei paesi europei. Finora, comunque, non c’è alcuna prova che l’ISIS sia in grado di mettere in pratica azioni di questo genere.

A complicare la situazione è ora l’intervento militare dell’Egitto (Il Qatar ha richiamato il suo ambasciatore in Egitto "per consultazioni", dopo tensioni in merito alla scelta del Cairo di bombardare obiettivi jihadisti in Libia), che dopo la diffusione del video dell’ISIS della decapitazione dei 21 cristiani copti egiziani su una spiaggia della Libia, il governo egiziano ha bombardato le postazioni dell’ISIS a Derna. Gli attacchi aerei sono stati compiuti assieme all’aviazione libica: nei giorni scorsi si è parlato di decine di miliziani dell’ISIS uccisi, ma sono numeri non verificati e probabilmente approssimativi. è difficile dire fin da ora che tipo di conseguenze avranno gli attacchi aerei libici ed egiziani contro l’ISIS. L’Egitto sta chiedendo che in Libia intervenga una coalizione di forze che includa anche alcuni paesi occidentali. Ad opporsi a un eventuale intervento armato c’è il governo di Tripoli quello controllato dagli islamisti con poco credito internazionale e il Qatar, avversario del presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. Come ha scritto il New York Times: «Gli attacchi di martedì (17 febbraio 2015) hanno aumentato la possibilità di una guerra aerea tra le fazioni rivali della Libia e hanno diminuito le speranze di un accordo appoggiato dalle Nazioni Unite che metta fine alla guerra».

La polveriera libica' è al centro dell'attenzione dei grandi del mondo e l'Italia che e' pronta ad assumere un ruolo guida nella cornice dell'iniziativa Onu: il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha dedicato una riunione fiume alla Libia. La soluzione dell’ONU al momento adottata è politica non all’intervento militare.