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Il Vangelo della domenica

Riflessione sulla Liturgia della IV domenica del Tempo Ordinario

Paolo Emanuele · 10 anni fa

La liturgia della parola della quarta domenica del tempo ordinario fa riferimento – nella prima lettura – alle parole pronunciate da Mosè, nel nome di Dio, ai figli di Israele: “Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò” (Dt 18,18). E così è stato! Dio ha parlato al suo popolo “molte volte per mezzo dei profeti, infine ha parlato per mezzo del Figlio” (cf. Eb 1,1).

Era Dio che metteva nella bocca dei profeti le parole che essi pronunziavano in suo nome. Dicevano ciò che Egli comandava loro. Infine è venuto il Cristo. Dio ha parlato per mezzo del Figlio. Sin da quando Egli iniziò ad insegnare in Galilea, coloro che l’ascoltavano hanno subito capito: “Parla come uno che ha l’autorità, non come gli scribi”. E si chiedevano l’uno l’altro: “Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità” (Mc 1,27). Si compì allora ciò che leggiamo in questa liturgia nel canto del Vangelo: “Il popolo che stava nelle tenebre vide una grande luce” (cf. Is 9,1).

Cristo è il profeta di Dio. Egli è il Dio profeta. Egli è Dio. Egli è profeta perché la Parola che Egli annunzia non è sua Parola. è Parola del Padre. Egli è la Parola del Padre. Egli è Parola annunziata ed annunziante. Egli annunzia se stesso come Parola di Dio. Lui è la Parola della vita eterna per ogni uomo, perché Lui solo è la Parola della Vita eterna, della Risurrezione, dell'Immortalità. Ogni uomo dovrà rendere conto al Signore del non ascolto delle Parole di Cristo. Il Figlio dell'uomo non è venuto per condannare il mondo, ma per salvarlo, esso si salva solo attraverso l'ascolto, ma si condanna anche per non aver ascoltato la Parola del Figlio di Dio. A Lui, venuto per portare sulla terra, nella sua carne, la voce del Padre, l'uomo deve ascolto e obbedienza, perché Lui non è come uno degli antichi profeti, la differenza è infinitamente grande, divinamente diversa. Egli è il Dio che rivela il Padre, nella sua Persona, nella sua Parola, nella sua opera. Personalmente Dio, Egli parla, ma in suo nome, per sua autorità, non come gli scribi e i dottori della legge, i quali accomodavano il comandamento eterno, e lo eludevano. Il popolo si accorge della diversità e della verità della Parola proclamata. Parola e profeta, Dio e uomo, annunziato ed annunziante, umano e divino, persona ed opera, storia ed eternità, umanità e divinità, nella sua Persona, sono mirabilmente congiunti. Senza questa specificità, facciamo di Cristo uno dei tanti profeti, un fondatore di religione come gli altri. L'unicità di Cristo è la sua Persona: Verbo eterno, divino, consustanziale a Dio, fattosi carne nel seno della Vergine Maria. Molte sono le eresie che fanno del Dio incarnato solo un uomo, mentre la singolarità di Cristo è la sua divinità, la sua appartenenza a Dio, la sua uguaglianza con Lui, l'essere Egli generato e non creato, della stessa sostanza del Padre, consustanziale, dell'unica natura divina. Fatto di Cristo un uomo, la sua dottrina è simile alle altre, può cadere e stare in piedi, però finisce la specificità cristiana e la sua singolarità; morta la Persona muore il linguaggio, la parola, la rivelazione, il suo invito alla conversione, la sua unicità di salvezza, di essere Lui il solo principio della vita di ogni uomo. Egli è diverso; non è come gli altri; la sua diversità è nella Persona, prima che nelle opere; è nella sua origine divina, più che nella sua missione. Egli viene da cielo e quindi può parlarci con autorità, da se stesso, perché Lui e Dio sono una cosa sola. Egli è il Dio vivente e santo, il Dio tre volte santo, a cui si deve ascolto per essere salvati. Ma la liturgia di questa domenica fa anche presente che sul terreno dei cuori umani cresce a volte, l’opposizione alla Parola, che porta in sè la potenza della verità divina. L’ha sperimentato Mosè sul cammino del pellegrinaggio verso la terra promessa. Nel salmo risuonano gli echi di quella resistenza, che il popolo poneva contro Dio e il suo profeta. Perciò il salmista esclama: "Ascoltate oggi la sua voce: Non indurite il cuore, come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri; mi misero alla prova, pur avendo visto le mie opere" (Sal 94). E Gesù di Nazaret, non ha forse sperimentato anche Lui la stessa cosa, in grado ancora superiore? Già dall’inizio, a Cafarnao, lo spirito maligno voleva costringerlo al silenzio. E gli uomini? Sì! “Si stupivano del suo insegnamento”, ma anche si opponevano ad esso. Infine credettero di ridurlo al silenzio con la morte in croce; dì assestare un colpo mortale alla verità che Egli annunziava, e che era Lui stesso. Ma al terzo giorno si dimostrò che la morte non ha il potere su di Lui. Nè su di Lui, nè sulla verità che è da Dio.

“Ascoltassimo oggi la sua voce”. Qui la potenza della verità, che è il Cristo, si è manifestata per il tramite dell’insegnamento apostolico di Pietro di Betsaida e di Paolo di Tarso. Per mezzo della loro vita e della loro morte, a testimonianza di questa verità. E sulle loro orme, per mezzo di tanti altri, di generazione in generazione.