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Cultura e Società

Quando un Vescovo piange

Paolo Emanuele · 10 anni fa

«Per la prima volta in 1.500 anni non abbiamo potuto festeggiare i nostri santi» e il Vescovo piange. Sta facendo il giro del web l’intervista del vescovo siro-ortodosso di Mosul (Iraq), Mar Nicodemus Dawod Sharaf, in cui racconta la veemenza della persecuzione anticristiana in atto in Medioriente. Si resta scioccati dalla violenza efferata che le truppe dell’ISIS scatenano contro le comunità cristiani. Ma continua Mar Sharata, «SIAMO FELICI DI UNA COSA. Ci chiediamo: perché? Cosa abbiamo fatto di male? Perché tutto questo sta accadendo a noi?

Di una cosa sola siamo felici: nonostante tutto quello che ci sta accadendo e tutto quello che ci accadrà ancora in futuro, noi non abbiamo abbandonato il cristianesimo, non stiamo abbandonando Cristo e la nostra fede. E siamo orgogliosi di essere figli di martiri, siamo orgogliosi di sapere che tutto quello che ci sta accadendo, ci sta accadendo perché siamo cristiani. Per noi questo è un onore. Pensano che queste persecuzioni ci faranno abbandonare la nostra fede, ma non sanno che ci rendono ancora più attaccati ad essa». Come scriveva Anton Cechov «Si fa fatica, leggendo, a trattenersi dal gridare “è vero!” o “è assurdo!” ».Che cosa sapremo gridare noi? Parole come queste vanno solo riportate, rilette e riascoltate da noi cristiani d’occidente. Siamo talmente tranquilli da non sentire nessun fremito di fronte a un genocidio in odio alla nostra fede. Perché di genocidio si tratta, consumato velocemente, mentre ci industriamo in battaglie civilmente epiche, ma che rischiano di essere combattute contro dei mulini a vento. I cristiani d’oriente sono la prova di una Chiesa viva e il loro martirio ricorda ai cristiani d’abitudine che il cristianesimo è una cosa seria. Una cosa talmente seria che o è vera oppure è assurda e ridicola! Forse per questo un grande pensatore dell’Ottocento, credente autentico, il filosofo danese Soeren Kierkegaard, scriveva che se Cristo venisse oggi tra noi, sceglierebbe il martirio del ridicolo. Perché un cristiano in cui vita e Vangelo sono una cosa sola, è così inattuale da sembrare ridicolo. Ma quando queste vite ridicole non ci sono, allora la Chiesa è veramente una ridicola istituzione, il suo culto un piacevole teatro, i suoi insegnamenti una bella conversazione da salotto. è assurdo, tutto ciò, ma ringraziamo Dio perché ci sono ancora cristiani vivi in Oriente, disposti anche a morire per non abbandonare Cristo. E ringraziamo Dio perché non fa mancare i martiri alla sua Chiesa. Tramite loro, rinasce la Chiesa in questo mondo. Sempre Kierkegaard si chiedeva: che cosa potrebbero dirsi Dio e un uomo e una donna che sono morti per lui? Questo grande pensatore immaginava così l’incontro tra il martire e il suo Dio: «Quando il testimone della verità arriverà alla sua morte, dirà a Dio: Grazie a te, infinito amore, anche per tutte le sofferenze e le croci che mi hai dato. Ma Dio gli risponderà: No! Grazie a te, amico mio, per l’uso meraviglioso che io ho potuto fare di te».

Don Roberto Tomaino