“San Francesco Caracciolo, amico e benefattore dei poveri, vi insegni anche a gustare la vita come un cibo delizioso, preparato per voi dalle mani amorose del Padre”, con queste parole, il Vescovo Luigi A. Cantafora, il 13 ottobre, nella Cattedrale di Lamezia Terme, presiedendo la Celebrazione in onore di San Francesco Caracciolo, ha concluso l’omelia, di fronte ai tanti cuochi presenti. Di seguito il testo completo
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Carissimi amici cuochi, con grande piacere vi accolgo nella nostra Chiesa Cattedrale. Saluto ciascuno di voi e le vostre famiglie, il Sig. Felice Vono, Presidente Onorario Provinciale, il Cavalier Francesco Munga, Presidente Onorario Regionale, don Enzo Iezzi, assistente spirituale, e ringraziamo il Signore di cuore perché oggi ci dona di incontrarci e ci fa sedere alla sua mensa. Considerando la vostra singolare e affascinante professione, vorrei offrirvi una riflessione altrettanto particolare. Se ci pensate bene, tutta la Bibbia è un approfondito percorso sul cibo: si va dalle prime pagine della Scrittura in cui Dio mette a disposizione i frutti del giardino, e dàai progenitori un preciso comando sul mangiare o meno i frutti, fino alla preparazione di una cena in cui Gesù offre la sua stessa vita come pane da mangiare e vino da bere. In tutto questo percorso biblico noi troviamo anche il deserto, il luogo in cui non c’è cibo ma in cui Dio da la manna al suo popolo, come cibo da consumare giorno per giorno, senza accumularlo per il domani. Il popolo è chiamato a fidarsi della provvidenza di Dio che non farà mancare il nutrimento ai suoi figli. è interessante notare che il rapporto del cibo con la vita è strettamente legato al rapporto del padre – madre con i figli. Il preparare il cibo, il cucinare, l’allestire una mensa è un atto estremamente materno e paterno. Ecco perché la cura è importante. Anche il re in Israele è considerato tale perché è colui che procura il cibo al suo popolo, non lo lascia morire di fame. Il re Davide è un esempio in questo senso. Ci sono poi modi diversi di mangiare: quando diventiamo voraci, quando cominciamo a divorare la vita, quando abbiamo paura di arrivare ultimi la sera a mensa e di non trovare niente, è allora che torniamo a diventare schiavi delle nostre pre-occupazioni. Non a caso proprio la nostra società vede le contraddizioni più forti riguardo al cibo e varie patologie connesse. La vita si accoglie, si gusta, ci si nutre con calma, non ci si ingozza della vita. Il rapporto con il cibo è dunque legato al rapporto con la vita. La vita si accoglie come cibo da gustare non come l’ultimo boccone da afferrare! Questa immagine del mangiare è dunque l’immagine del nostro rapporto con la vita, il mangiare dice il modo in cui viviamo, il modo in cui affrontiamo la vita: vado a caccia della preda di cui nutrirmi? So gustare il cibo che la vita mi offre? Ho paura di rimanere senza cibo? Aggredisco l’ultimo boccone? Oppure lo rifiuto? Voi come cuochi avete una grande responsabilità: nutrire la vita con gusto, con bellezza, con armonia di profumi, gusti, sapori, colori. Nel vostro lavoro voi nutrite la vita, vi occupate dell’altro come di un figlio.C’è invece un modo di gestire la vita che è il fast food, mangiare veloce, accaparrare, afferrare, accumulare, pretendere di fare da sé. Un pensiero anche sul Vangelo di oggi.C’è un rimprovero di Gesù agli scribi e ai farisei che pretendono un segno, un miracolo di fronte alla crudeltà della realtà. Anche noi siamo tentanti, quando la realtà ci appare in tutta la sua drammaticità, a pretendere un segno da Dio. Ma tutti sappiamo che la realtà non cambia con i miracoli, cambia con la testimonianza della vita. E sentiamo anche per noi le parole di Gesù: “Non ci sarà dato altro segno se non quello di Giona”, ovvero il segno del Cristo che scende nelle profondità della morte e risorge, aprendo per noi il cielo e la vita vera. La sua vita risorta è il nostro cibo, il nostro vero nutrimento. Chiediamo al Signore occhi nuovi per vedere i segni della sua presenza; occhi di fede perché il pane e il vino diventino per noi il più grande segno dell’amore suo per noi. Egli che è pane spezzato per la vita del mondo – come pregate voi cuochi ricorrendo a San Francesco Caracciolo – vi aiuti a saper promuovere, attraverso la mensa che preparate, rapporti più umani e fraterni per contribuire alla diffusione nel mondo della pace e dell’amore di Dio. San Francesco Caracciolo, amico e benefattore dei poveri, vi insegni anche a gustare la vita come un cibo delizioso, preparato per voi dalle mani amorose del Padre. Amen
La parola del Vescovo
Messa in onore di San Francesco Caracciolo, con l’Associazione provinciale per i cuochi
Cesare Natale Cesareo · 10 anni fa