Domenica 19 ottobre la beatificazione del Pontefice, giorno in cui termineranno le due settimane del Sinodo dei vescovi, organismo consultivo voluto proprio da Paolo VI subito dopo il Concilio Vaticano II. La decisione di beatificare Paolo VI, un nuovo atto del pontificato di Papa Francesco, in linea con tutto quanto detto e fatto dal 13 marzo 2013 ad oggi, in un pontificato tutto orientato su poveri e misericordia, viene come a riscattare Giovanni Battista Montini da quella zona d’ombra che egli stesso si impose, con le forti scelte, non sempre condivise, specie sulla contraccezione (1967-68), come anche sul sacerdozio femminile (1975-76). Ed è significativo che ciò avvenga in un pontificato tutto teso ad orientare il cattolicesimo dalla verità delle gerarchie alla “gerarchia delle verità” (come dice un documento del Concilio Vaticano II, Unitatis redintegratio), la volontà di Papa Francesco di beatificare il suo predecessore, non è tanto per riabilitare Montini, non ne ha certamente bisogno, ma per rendere giustizia ad un pontificato-ponte, in un tempo di cambiamento non certo facile, tra epoca conciliare e inizio del lungo post-Concilio. Paolo VI, considerato “troppo conservatore per i progressisti, troppo progressista per i conservatori”, a torto, sicuramente è stato il Papa più dimenticato nella recente storia della Chiesa, egli ha fatto del Concilio Vaticano II, un riferimento primo del suo pontificato, è stato il Papa della modernità, del rinnovamento, non è soltanto il Papa dell’enciclica Humanae Vitae (1968) che chiude le porte alla contraccezione, della Chiesa del dialogo col mondo (Ecclesiam Suam, 1964), di un cattolicesimo sociale e progressista in modo radicale (Populorum progressio, 1967), del legittimo pluralismo politico dei cattolici (Octogesima adveniens, 1971), egli è soprattutto il Papa che ha ereditato da Giovanni XXIII, la “Croce del Concilio” che, tra innumerevoli difficoltà, nella sofferenza, ma anche con sapiente speranza, ha traghettato la Chiesa portato a termine quel Concilio Vaticano II (1962-65), del quale celebreremo il prossimo anno il 50° della chiusura. Montini è l’ultimo Papa a farsi incoronare con la tiara che poi abbandona per metterla in vendita e offrire il ricavato ai poveri; è il primo Pontefice a prendere l’aereo per tornare in Terra Santa, nel gennaio 1964, per abbracciare il Patriarca di Costantinopoli Atenagora annullando le scomuniche reciproche; è il primo vescovo di Roma a parlare all’Onu in nome della Chiesa “esperta in umanità”; a visitare i moribondi in India assistiti da madre Teresa di Calcutta. Paolo VI è anche il Pontefice del Giubileo del 1975, tre anni prima della morte, quando alcuni calcinacci della Porta Santa della Basilica Vaticana gli cadono addosso in mondovisione. Un presagio, secondo alcuni osservatori, per quel Pontefice italiano che ai fedeli, qualche anno prima, aveva detto: “Posso domandarvi la grazia che voi non vi rifiutate di amare il Papa? Amate il Papa, al quale senza suo merito o ricerca è affidata la singolare missione di rappresentare il Signore davanti alla Chiesa universale e che non ha altra aspirazione se non quella di salvare, di farvi felici, perché la sua autorità è un servizio: il servizio del servo dei servi di Dio”. Un Papa non compreso che nel suo testamento scardinò l’ultimo tabù del potere monarchico dei Pontefici: “La tomba amerei che fosse nella vera terra, con umile segno, che indichi il luogo e inviti a cristiana pietà. Niente monumento per me”. E da quella tomba nelle grotte vaticane, il giorno della beatificazione, il corpo di Paolo VI, cosi come avvenuto per San Giovanni XXIII e San Giovanni Paolo II, sarà tolto e portato nella Basilica di San Pietro. Noi amiamo ricordare Paolo VI anche per il bene che ha voluto all'Azione Cattolica, per il Magistero che le ha rivolto, di alto valore storico e dottrinale, per la fiducie e la particola attenzione dimostrata, per le numerose indicazioni sul ruolo dei laici nella comunità cristiana. Ogni incontro con l'Ac è stato per Paolo VI come un in incontro di famiglia, di amici, di fratelli riuniti. Grazie a Papa Francesco, per la beatificazione del grande Montini, riproponendolo oggi, alla Chiesa, soprattutto a quanti non lo hanno conosciuto, come modello, come testimone e servo fedele e coraggioso, in un duplice aspetto, quello teologico e quello politico, un Montini aperto al dialogo, alla mediazione, alla inculturazione, un Montini che vede nella politica una vocazione precisa dei cristiani, una visone sempre attuale, a cui sempre più ispirarsi, che gli stessi Papi suoi successori hanno richiamato e che Papa Francesco continua a proporci.
Paride Giardino
Chiesa
Paolo VI beato
Paolo Emanuele · 10 anni fa