In 25a domenica del tempo ordinario ci viene rivolta questa forte esortazione: "Cercate il Signore, mentre si fa trovate, invocatelo, mentre è vicino” (Is 55,6). Queste parole della prima lettura sono anche un invito pressante a elevare i vostri pensieri al Padre, dal quale vengono tutti i doni buoni. Il profeta Isaia parla a un popolo che sperimenta la sofferenza dell’esilio e anela alla rinascita, specialmente a un rinnovamento dello spirito attraverso la rinascita della sua cultura e delle sue tradizioni. Cerca di consolarlo e rafforzarlo nel suo compito ricordandogli che il Signore non e lontano (cf. Is 55,6-9). Ma dove trovarlo? Come possiamo vivere in presenza di Dio? Il profeta indica tre fasi per svelare la presenza di Dio nella nostra esperienza personale e collettiva. Prima dice: “invocatelo”. Sì, nella preghiera noi troveremo il Signore. Invocandolo con fiducia scoprirete che è vicino. Ma la preghiera deve venire da un cuore puro. Di conseguenza, il profeta chiama alla conversione: “ritorni al Signore che avrà misericordia di lui... al nostro Dio, che largamente perdona” (Is 55,7). Infine, siamo chiamati a trasformare la nostra vita imparando a camminare nelle vie del Signore: “Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie; i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is 55,9). Il profeta Isaia manifesta ad Israele – e anche a noi - la differenza, la distanza, l'opposizione che regna tra le due vie, quella di Dio e quella dell'uomo, tra le due non c'è punto di contatto, non c'è alcuna possibilità di incontro; la via di Dio è di pace e di benedizione per Israele; quella dell'uomo è di morte e di desolazione. Israele ora che sa dove conduce la sua via: nel baratro di un esilio senza speranza, può anche sperimentare dove porta quella di Dio: ad una sicura liberazione, ad un ritorno nella terra dei padri, ad un ristabilimento della sua dignità. Questa via si percorre attraverso una radicale conversione, in un abbandono totale dei pensieri dell'uomo per accogliere come fonte di vita solo i comandamenti del Signore, che fino ad oggi Israele non aveva voluto seguire e per questo era stato cancellato come popolo e come nazione. Per avere e possedere la vita, dunque, bisogna passare attraverso la via della conversione, proseguire e perseverare fino alla fine facendo la volontà di Dio, obbedendo ai suoi decreti. La storia è testimone fedele della verità della rivelazione di Dio; essa attesta anche la nostra stoltezza che ci spinge a cercare la vita dove ci sono solo sentieri di morte e di perdita della speranza. L’alleanza tra Dio e il suo popolo, comunque, viene costantemente rinnovata quando esso invoca il suo misericordioso perdono e osserva i suoi comandamenti. Dio è il nostro Dio e noi siamo sempre più il suo popolo. Ma l'uomo pensa sempre male di Dio, pensa male circa la sua natura, se lo dipinge come meglio a lui sembra; pensa male anche in ordine alla sua azione di giustizia. Lo si vuole solo misericordia infinita, che dia la retribuzione a nostro gusto e piacimento. La Parabola degli operai chiamati a lavorare nella vigna del Signore, ci insegna la sovrana libertà di Dio e la sua infinita misericordia in favore degli uomini. Non solo Egli è libero di chiamare operai per la sua vigna in ogni ora della giornata della vita dell'uomo, in più la ricompensa stessa non dipende dal lavoro svolto, bensì dalla magnanimità e liberalità di Dio, che retribuisce secondo criteri dettati solo dal suo infinito amore in favore di quanti con generosità hanno risposto e sono andati al lavoro. La parabola mette anche in luce l’infinita generosità di Dio, che si preoccupa di provvedere alle necessità di tutti. è la compassione del padrone per i poveri – in questo caso, i disoccupati – che lo spinge a corrispondere a tutti i lavoratori una paga calcolata non tanto in base alle leggi del mercato, quanto a seconda delle reali necessità di ognuno. La vita nel regno di Dio è fondata su un autentico senso di solidarietà, di condivisione e di comunità. Il suo è un regno di giustizia, di pace e di amore. è nostro compito costruire una società nella quale questi valori evangelici vengano applicati ad ogni situazione e rapporto concreto. Dobbiamo cambiare; il Vangelo costantemente mette la nostra razionalità in ginocchio. L'uomo non può dettare leggi a Dio, non può consigliarlo come e quando agire, cosa e come fare o dire. Noi siamo fatti male, perché male ci facciamo ogni giorno. Ragioniamo, ma non crediamo; pretendiamo, ma non amiamo; esigiamo, ma non doniamo; costringiamo e obblighiamo, ma non serviamo. Il Signore non può essere con noi, se noi vogliamo rimanere nel nostro male, dobbiamo per questo lasciarci rifare da Lui, totalmente. Comprenderemo allora il suo agire e la sua immensa ed infinita misericordia in favore di noi, sue creature.
Il Vangelo della domenica
Riflessione sul Vangelo della XXV Domenica del Tempo Ordinario
Paolo Emanuele · 10 anni fa