Fece rinascere il Mezzogiorno con scelte politiche mirate e di lungo periodo.
Possiamo serenamente ricordare De Gasperi, a sessant’anni dalla sua morte, con quanto ha scritto Pietro Craveri nella biografia dello statista italiano. <>. La profondità di questo coerente pensiero ci impone, da subito, a chiederci come mai oggi la politica non sia immaginata dai cittadini in modo così alto e pulito, anzi arranca quasi in ogni azione finalizzata al benessere sociale, non riesce a cogliere e unire una scelta-progetto che diventi strategia, visione per un divenire soluzione dei problemi. Siamo dentro un periodo drammatico, per le famiglie, i lavoratori, i giovani che sembra non siano più parte di un cammino sociale e civico condiviso, quasi abbandonati a se stessi. Tutto questo pone la figura di De Gasperi e di tanti altri politici del suo tempo dentro una icona di studio e di approfondimento, per poter riparare e superare qualche decennio di politica di basso profilo e senza ideali. Lo sentiamo ancor più vicino e fondamentale in tutta la sua condizione umana, se pensiamo che Luigi Einaudi, una delle figure politiche istituzionalmente più rappresentative del nostro Paese, fissò la personalità di De Gasperi come se volesse scolpire il suo insegnamento sul marmo del suo tempo e nella storia del secolo scorso: <>. Forse questa valutazione nasce da quanto lo stesso statista diceva di se stesso << …impegnarsi a fondo. Mai impegnarsi a metà: quando si ha una convinzione e si è chiamati ad una certa responsabilità, allora non ci sono limiti, tutta la persona, tutte le fatiche, tutto lo spirito deve essere dedicato a quel lavoro>>. Il suo accostamento alla politica, ai ruoli di partito, istituzionali e di governo in particolare, sicuramente fu sempre accompagnato dall’imperativo del dovere. Quel dovere che ti fa sentire le scelte verso la gente, come se fossero scelte da fare per se stessi, per la crescita dei propri cari, per i giovani che avvertono più di tutti se un impegno è fatto per suscitare e creare futuro, oppure per crearsi carriere o tirare a campare. Anche oggi abbiamo giovani dalla mente brillante che però portano negli occhi una diga, che impedisce loro di potersi mettere in gioco, al servizio della propria regione o del Paese, perché il vecchio rimane vecchio in tutto e non apre spazi, non ha il dono dell’incontro con la curiosità, della ricerca, della propensione alla sfida per far risalire dal basso una nuova pianta. Oggi, la parte più penalizzata del Paese e, tra qualche anno, anche d’Europa è il Mezzogiorno. E’un sud, abbandonato, senza una politica, senza una data, senza una convergenza tra corregionali meridionali. Ci viene detto in tutti i modi dall’Istat, dalla Svimez, dagli Istituti di analisi europei, perché non riusciamo ad uscire dalla crisi. Eppure continuiamo a farci del male , continuiamo ad essere dei perdenti, poiché non vogliamo far emergere, come veniva ispirato dal mitico calciatore del Torino Valentino Mazzola, il “quarto d’ora granata “, da cui far ripartire l’orgoglio e la forza per risalire. Per vincere una sfida che dura da oltre settant’anni. E’proprio così, a noi serve il “quarto d’ora del Mezzogiorno “. Come dire, andiamo subito insieme verso la direzione dello sviluppo, chiamiamo e coinvolgiamo i nostri giovani ad una progettualità-responsabile e autopropulsiva, alla creatività, alla nascita di occasioni di lavoro; prepariamo la nostra bonifica sociale e civica, con al primo posto la legalità. De Gasperi, è stato importante e lo è ancora perché “La sua fu concretezza riformatrice: la riforma agraria, la Cassa per il Mezzogiorno, il piano siderurgico, il forte rilancio dell’Iri, il sostegno alla politica petrolifera di Mattei, il poderoso programma infrastrutturale, il piano Vanoni, i piani sociali di Fanfani …Seppe realizzare, insieme alla ricostruzione delle basi morali e democratiche, quella delle basi materiali del paese”. Per alcune di queste riforme, finalizzate prevalentemente al Sud, egli è meridionalista tra i meridionalisti, come Saraceno, Rossi Doria, come don Sturzo o come Giustino Fortunato e, ancora, Guido Dorso, Carlo De Cardona. Perché le cose non le ha solo pensate, le ha realizzate. Oggi mancano le grandi cose pensate, programmate e realizzate. Ascoltate anche cosa ha detto del Sud , in questi giorni, Dario Scannapieco, che oggi ci osserva dal centro d’Europa, quale vicepresidente della BEI, nonché presidente del FEI (Fondo Europeo degli investimenti): << Qual è il progetto per il Sud? Serve una nuova progettualità. Ad oggi l’utilizzo dei fondi strutturali 2007-2013 non è stato ancora completato. L’Italia rischia di trovarsi costretta a riconsegnare i fondi all’UE. Uno scenario che, soprattutto in tempi di crisi, è assolutamente da evitare…C’è bisogno di persone più competenti>>. E questo è un dato. D’altra parte, non è possibile non avere una strategia di coesione-inclusione per tutte le regioni del Mezzogiorno, come è evidente stia avvenendo con gli interventi di questi giorni. L’urgenza vera , allora, sarebbe quella di ripristinare una forma di Comitato permanente per il Mezzogiorno, fatto da studiosi, da specialisti all’altezza del compito storico, per sanare l’intero corpo del Mezzogiorno, nel suo insieme, non singoli componenti. Altrimenti ci sarà sempre un sud del sud, che non è lamento e che rimane un peso per l’Italia e per l’Europa. Guardare oggi a De Gasperi, al suo pensiero, che operò nel periodo più difficile dell’Italia repubblicana, facendola uscire dalla povertà e guidarla all’intrapresa sociale ed economica, ci darebbe motivo per ritornare all’Italia migliore. Quell’Italia che portò proprio De Gasperi a dire : “ …è responsabilità di un Paese che si sente parte integrante dell’umanità e che sa che domani nulla potrà essere rinnovato nel mondo senza la collaborazione di un popolo come l’italiano e sa di poter contribuire a questo nuovo mondo con tutta la sua forza e con tutte le tradizioni della sua irradiante civiltà”.
Pino Campisi