Cosa farai dopo gli esami? Chiede il presidente di commissione. La storia!- risponde il maturando! Un presidente di commissione si vede ricevere questa risposta da Filippo, un ragazzo che ha appena terminato l’orale all’esame di stato. La risposta è tanto impertinente, quanto bella; eppure ogni educatore sarebbe fiero di ricevere questo tipo di risposta. Perché è di un giovane desiderare far storia, lasciare orme sulle strade e tracce nel tempo. E nel cammino dell’educazione che genera, il momento decisivo è proprio quando un giovane assume la sua giovinezza con tutto il carico e la fatica che questo comporta. Scriveva Peguy: Chiedete a un padre se il miglior momento non è quando i suoi figli cominciano ad amarlo come uomini. Chiedetelo a un padre i cui figli sitano crescendo. Si educa e si fa crescere, quando si aiuta a diventare uomini e donne liberi che non agiscono secondo una logica di sottomissione, ma di gratuità; capaci di trattare con i propri “padri” da conoscitori, da uomo a uomo, liberamente, gratuitamente. La frase di Filippo fa riflettere in giorni, forse, tristi, difficili, capaci di far scattare indignazione e frustrazione, ma non sempre impegno.
Se la giovinezza chiede di essere assunta con tutta la sua serietà, è anche vero che, oggigiorno, è più facile dare le dimissioni dalla vita. Il filosofo Mounier scriveva nel lontano 1929: C’è una certa rassegnazione che ti rende la vita spenta e inerte di fronte agli avvenimenti. Bisogna non colmare l'anima di rimpianti, ma conservarla giovane, fresca, aperta alla vita e all'avvenire. Il nostro grande privilegio di creature umane, la nostra luce interiore è che noi stessi possiamo decidere di non invecchiare. è vero noi possiamo decidere di invecchiare! Possiamo essere vecchi dallo spirito giovane oppure giovani dallo spirito vecchio. Spetta a ognuno deciderlo, nella misura in cui sappiamo vivere quel compito che la vita ci riserva giorno per giorno, come amava ripetere Viktor Frankl. In Diocesi, la settimana appena trascorsa è iniziata con l’esperienza estiva dei seminaristi e si è conclusa con due cinquantesimi di ordinazione sacerdotale. I primi si trovano all’inizio del cammino, i secondi ne hanno già percorso una lunga fetta. Con questi estremi, sembrerebbero adatte le parole di Schopenhauer: Vista dai giovani la vita è un avvenire infinitamente lungo; vista dai vecchi è un passato molto breve. Ma questo tono non si addice al senso della vita per un cristiano. La vita lunga o breve non è un peso da portare, ma un compito da assumersi e vivere in qualunque età ci si trovi. I giovani seminaristi stanno sognando di fare la storia, don Natale e Padre Paolino, con cinquant’anni di messa, una bella storia l’hanno fatta con una vita spesa per il Signore e la Chiesa. In un’epoca di padri assenti, la miglior risposta che si può dare o ricevere, è sempre la propria vita. Per questo ci auguriamo di cuore che nella Chiesa, non manchino mai anziani e giovani che abbiano qualcosa da donarsi reciprocamente. Aveva ragione il vecchio Cicerone quando scriveva: Come mi piace il giovane che ha in sé qualcosa di vecchio, così mi piace il vecchio che ha in sé qualcosa di giovane.
Don Roberto Tomaino