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Il Vangelo della domenica

Riflessione sul Vangelo domenicale

Paolo Emanuele · 10 anni fa

Nei testi biblici di questa XV Domenica del Tempo ordinario, l’Onnipotente appare rivestito di tenerezza e di attenzione, prodigo verso l’umanità dei doni della salvezza. Egli accompagna con pazienza il popolo che si è scelto; parla e agisce con la sua parola creatrice, dona senza misura e senza pentimento, interviene nelle quotidiane vicende umane anche quando questa non corrisponde al suo amore gratuito e generoso. La Parola di Dio partecipa dell'Onnipotenza creatrice del Signore. Sugli elementi naturali, sull'intero universo essa agisce "creando la realtà". Per la creatura razionale, angelo e uomo, essa opera sempre, se però l'uomo vuole, se l'accoglie per la fede nel suo cuore, se presta l'ascolto della mente e dello spirito. L’uomo, perciò, ha la tremenda possibilità di rendere vana l’iniziativa divina e di rifiutare il suo amore. Il “sì” dell’uomo, adesione libera alla sua proposta di vita, è indispensabile perché il progetto di salvezza si compia in lui. La volontà di Dio, difatti, non può creare il cuore nuovo se l'uomo non lo vuole e non chiede al Signore santità, giustizia, conversione, amore e carità. E tuttavia la parola del Signore è sempre "creatrice", perché pone l'uomo dinanzi alla sua responsabilità di vita e di morte, essa dona vita e morte, ma è l'uomo che sceglie l'una o l'altra. Per la fede sceglie la vita, per l'incredulità desidera e invoca su di se la morte, a fatti e con parole. Lui è responsabile di se stesso, dopo che Dio ha parlato, dell’inferno e del paradiso. è altresì importante ribadire che l'incredulità dell'uomo, la sua non fede, come la sua fede non hanno effetto solo sul singolo, ma sull'intero genere umano. In Adamo, ad esempio, anche la Creazione fu sottoposta alla caducità; in Cristo Gesù essa è stata riscattata, ma la sua completa redenzione non è ancora avvenuta. Essa – come viene ribadito nella seconda lettura di questa domenica - attende di essere liberata dalla schiavitù della corruzione nell'ultimo giorno; nel tempo essa vuole essere aiutata a liberarsi attraverso l’atto di giustizia e di santificazione di ogni credente, per mezzo dell'estinzione in noi del peccato e di ogni atto di iniquità e di imperfezione. In un mondo in cui ripetutamente si parla di ecologia, ma quasi da nessuna parte si accenna alla responsabilità del peccato dell'uomo, anzi in esso neanche ci si crede, è dimostrato come questo discorso è solo disperazione e timore, ma non volontà di vera liberazione, perché non si vuole sciogliere l'uomo dal suo peccato, il solo che genera la ribellione e la caducità della creazione ai danni dell'uomo. Che la Parola “creatrice” di Dio pone l'uomo dinanzi alla sua responsabilità di vita e di morte, ce lo dice Gesù attraverso la parabola del seminatore: tale parabola fà meglio comprendere il peso della responsabilità che incombe su ogni uomo nel far maturare il seme della Parola. Il seme di cui si parla è la Parola di Dio; è Cristo, il Verbo del Dio vivente. Si tratta di un seme, in sé fecondo ed efficace, sgorgato dalla fonte inesauribile dell’Amore trinitario. Tuttavia, il farlo fruttificare dipende dall’accoglienza che ad esso ognuno riserva. Spesso l’uomo è distratto da troppi interessi; gli giungono da ogni parte innumerevoli richiami e gli è difficile distinguere, tra tante voci, quella dell’unica Verità che rende liberi. Occorre diventare terreno disponibile senza spine né sassi, ma dissodato e sarchiato con cura. Per essere terra buona nella quale “il seme dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta” (Mt 12,23), non dipende da Dio, ma dall’uomo. A ciascuno, dunque, è richiesta da vivere la responsabilità di essere “terra buona” e di accogliere Cristo, affinché il Vangelo porti frutti di vita nuova già in questo mondo, oltre che per la vita eterna. Il cristiano deve guardarsi dall’essere superficiale o incostante, non deve lasciarsi sopraffare dalle preoccupazioni del mondo e dall’inganno delle ricchezze. Corrispondendo alle sollecitazioni della grazia, egli ha il compito di rendersi “terra buona”, capace non soltanto di accogliere la Parola, ma anche di farla fruttificare con abbondanza di santità. I Santi, infatti, non solo sono i veri predicatori del Vangelo; essi mostrano Dio nella loro vita e rendono la Sua Parola credibile. La santità della Parola è testimoniata dalla santità che la Parola ha prodotto nel loro cuore, la santità virtuale e germinativa della Parola ha prodotto il frutto della santità nella loro esistenza terrena. La santità prodotta mostra la santità virtuale e quindi la bontà del seme in se stesso, il quale, se accolto, certamente produrrà frutti di verità, di giustizia nell'amore e nella grande carità. Quanto grande è allora la responsabilità del credente! Urge che la Chiesa ritorni al vero annunzio, a quella parola integra, così come essa è uscita dalla bocca dell'Altissimo e di Cristo Gesù, così come essa ci viene ricordata dallo Spirito Santo di Dio. Volere la salvezza dell'uomo e del creato deve significare volontà di ritornare alla purezza ed integrità della Rivelazione, con quella fedeltà che fece di Cristo il crocifisso per la verità, il martire della carità e dell'amore in favore dell'uomo. Seminare la Parola di Dio è l'unica e vera via per aiutare esistenzialmente l'uomo a ritrovare se stesso. Senza Parola vera si è solo falsi profeti ed il mondo oggi ne è pieno, dentro e fuori la stessa Chiesa, perché dentro è fuori senza Parola e senza Verità Rivelata.